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12 cilindri Boxer Ferrari, il capolavoro di Forghieri

Da Carlo69 @F1Raceit
Tecnica ferrari 312 T3

Published on dicembre 8th, 2012 | by Alessandro Bucci

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L’azzardo di Mauro Forghieri regala alla Ferrari una striscia vincente che rimarrà nella storia.

Sono passati quarantadue anni da quella mattina in cui, sul vecchio circuito di Modena, il neozelandese Chris Amon ebbe l’onore di testare per primo al volante di una F1 quello che sarebbe diventato il motore più longevo nella storia del Cavallino Rampante.
Un propulsore che non avrebbe mai utilizzato agonisticamente, dal momento che disputò la stagione 1970 alla March. Nonostante le prestazioni del motore che lui stesso definì come ottimo, Amon non volle sentire ragioni e optò per una scelta che influenzò pesantemente la sua carriera.
L’avventura del neozelandese nella massima serie culminò infatti senza alcun successo, mentre il propulsore 12 cilindri boxer di tre litri permetterà alla Ferrari di raccogliere ben 37 vittorie, 4 titoli mondiali costruttori e 3 piloti, rispettivamente due con Lauda -probabilmente il miglior interprete di questo motore- ed uno con Scheckter.

Andiamo ad esaminare le peculiari caratteristiche del boxer: la più evidente riguardava i cilindri delle due bancate, contrapposti tra loro di 180°. Questo tipo di unità motore fu utilizzata per la prima volta in Formula 1 nel 1965, sulle vetture della serie 512. L’ Ingegner Forghieri nel 1969 lo riprese e lo utilizzò sperimentalmente nelle gare in salita, prima di introdurlo sulle monoposto della massima serie.
Il motore venne ampliato nella sua cilindrata e portato a 3.000 cc, nelle gare in salita veniva utilizzato invece una cilindrata di 1.500 cc.  Questa tipologia di propulsori venne scelta poiché, grazie alla disposizione dei cilindri contrapposti, era possibile abbassare sensibilmente il baricentro della vettura, arrivando ad ottenere la configurazione più bassa possibile, ponendosi con la propria massa appena sopra la superficie della strada.

12 cilindri Boxer Ferrari, il capolavoro di Forghieri

Il boxer di Forghieri fece il suo debutto in pista al Gran Premio d’Austria del 1970 e fu utilizzato per oltre un decennio prima di lasciar spazio al motore turbo nel 1980.
Aveva un peso di circa 145 Kg, un albero a manovelle disposto a 120° con quattro supporti di banco e un doppio albero a camme in testa per ogni bancata e quattro valvole per cilindro. Le sue dimensione erano veramente molto “slim”: 78,5 di alesaggio, una corsa di 51,5 per una cilindrata totale di 2.991 cc.
La potenza iniziale che espresse fu di 450 CV nel 1970, per poi incrementare ogni anno ed arrivare a quella massima nell’anno 1979/1980 di circa 530CV a 12.500 giri.
Il boxer venne impiegato per oltre un decennio, permettendo alla Ferrari di conquistare 37 vittorie su 158 partecipazioni, 4 titoli mondiali costruttori (1975, 1976, 1977 e 1979) e 3 titoli mondiali piloti (1975, 1977 e 1979).
Fu l’unico motore a contrastare fortemente il Cosworth a 8 cil a V di 90°, piu’ leggero, ma meno potente.

I 12 cilindri Ferrari giravano ad un regime più elevato dei Cosworth V8 (montati dagli avversari all’epoca), ma non riuscivano ad erogare una potenza nettamente superiore ad essi. C’era un problema, qualcosa che impediva ai boxer Ferrari di schiacciare totalmente la concorrenza e Forghieri le studiò tutte per arginare questo “blocco”.
Molto interessanti le testimonianze dell’Ingegnere riportate da Auto Sprint: “Il nostro vecchio V12 al banco arrivava a 11.500 giri. Poi, di colpo, il rendimento e la potenza calavano mentre i dati ci dicevano che non doveva succedere”.
Forghieri infine intuì che il problema riscontrato era quello che, nel gergo dei motoristi, viene chiamato “surging”: praticamente, l’olio di lubrificazione, invece di fuoriuscire dall’albero a gomiti, finiva per creare maggior attrito incollandosi al manovellismo. Questo ostacolava la rotazione delle parti in movimento. 

12 cilindri Boxer Ferrari, il capolavoro di Forghieri

Il modo in cui Forghieri arrivò alla sua geniale intuizione, trova la miglior descrizione possibile nelle sue stesse parole: “Decidemmo di indossare maschere ed impermeabili di plastica e buttarci sotto a un motore funzionante al banco semiaperto, per vedere che succedeva lì dentro! Giusto pochi secondi, per guardare e scappar via prima che potesse scoppiare funzionando in quel modo…[] Scoprimmo che l’olio invece di esser sparato via o di cader giù per gravità, restava attaccato all’albero motore. Capimmo che la colpa era di contropressioni negative che si generavano e facevano cadere il rendimento meccanico del motore. Avevamo scoperto qual era il nostro punto debole rispetto al Cosworth.”

La Ferrari dovette attendere diverso tempo prima di ritrovare un binomio che le avrebbe permesso di conquistare gloriosi successi: stiamo parlando ovviamente del V10, motori montati dal Cavallino Rampante dal 1996 al 2005: 5 titoli mondiali piloti con Michael Schumacher (2000, 2001, 2002, 2003, 2004) e 6 titoli costruttori (1999, 2000, 2001, 2002, 2003, 2004).

 


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