
13 Assassini è un film normale. Sembra strano iniziare con una frase del genere, ma siccome si tratta di Miike è necessario dirlo da subito. Il film è lineare e con un'impostazione molto classica, non ci sono tutti gli eccessi ed il furore a cui ci ha abituati. Miike taglia il film in due parti: la prima è più riflessiva, di preparazione, lenta, calibrata e con una ricercato estetismo geometrico (anche se un paio di inserti alla Miike non mancano... eh cari miei, la classe non è acqua, c'è lui dietro la macchina da presa e ce lo vuole ricordare!); mentre nella seconda parte entra più nel vivo (sarebbe più giusto dire "nella morte") dell'azione. Il sangue inizia a scorrere, le lame volteggiano e le cataste dei morti aumentano. Io sinceramente mi aspettavo una specie di omaggio al cinema di samurai anni '70 (della roba coi geiser alla Itto Ogami, tanto per capirci!) e invece, come dicevo prima, Takashi resta sul classico e in questo caso siamo più dalle parti di Kurosawa... la cosa non mi dispiace per niente, era solo una mia personale e infondata aspettativa! Una storia epica, mitologico/biblica, sull'eterna lotta tra il bene e il male, tra il giusto e l'ingiusto e, soprattutto, sull'onore il dovere e la morte. Una pellicola strepitosa, alla quale difficilmente si resta indifferenti. I fan sfegatati però non si disperino, Miike inserisce le sue rivoluzioni nei sotto-testi, nei meandri della pellicola, quasi di nascosto... vedere per credere!