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13 Febbraio 1861, il Regno delle Due Sicilie cade e il Sud perde l’indipendenza

Creato il 13 febbraio 2015 da Vesuviolive

Indipendenza del Regno delle Due Sicilie

Il 13 Febbraio è una data importantissima per il Sud, seppur pressoché totalmente cancellata dalla memoria della gente, insieme alla coscienza della propria millenaria identità. Quel giorno dell’anno 1861 il Mezzogiorno perse la sua indipendenza, e da Stato sovrano, florido e culturalmente avanzato passò sotto la dominazione piemontese che realizzò una falsa unità, Unità d’Italia i cui risultati abbiamo davanti agli occhi: povertà sempre più diffusa al Sud, degrado sociale e culturale, ingiuste e continuate campagne denigratorie ai danni del Mezzogiorno, storia negata e cancellata.

Il 6 Settembre 1860, Francesco II lasciò Napoli e partì per Gaeta su consiglio di Liborio Romano, il capo della polizia: il giorno dopo la camorra, coinvolta dallo stesso Romano, scortò l’ingresso di Giuseppe Garibaldi a Napoli e il 21 ottobre sorvegliò sul plebiscito di annessione al Regno d’Italia, con violenze e minacce alla popolazione. L’assedio di Gaeta durò poco più di tre mesi, fu un martirio per i soldati rimasti fedeli alla loro patria e soprattutto per i civili, che furono sterminati dai bombardamenti senza sosta da parte dell’esercito piemontese. Se le tradizionali regole della cavalleria imponevano di non coinvolgere la popolazione nelle guerra, per esse adesso non vi era più posto come in tutta la campagna meridionale, dove furono compiuti eccidi e rasi al suolo interi paesi: pure Gaeta subì quella sorte, e le bombe cadevano indiscriminatamente sulla Piazzaforte, sulle caserme, sulle chiese, sulle abitazioni. Determinante per la vittoria di Vittorio Emanuele II fu l’aiuto dell’Inghilterra e della Francia.

Quando Francesco II decise di firmare la resa per fermare lo sterminio della sua gente, il generale Enrico Cialdini dispose l’intensificazione dei bombardamenti e, approfittando della cessazione delle risposte della fazione avversaria, uscì dalle linee e si avvicinò alla cittadina, per averla meglio sotto tiro. A chi gli chiedeva di fermarsi perché erano in corso le trattative per la resa rispose, dicendo il falso, che la sua abitudine era quella di non fermarsi fino a quando essa non fosse ufficiale: “Sotto le bombe si tratta meglio”, disse. E in tre giorni, infatti, dalla sera del 10 fino al 13, fece sparare ben 60mila bombe. In questo modo si verificò la drammatica esplosione della polveriera della Batteria Philipstad, la quale causò l’inutile morte di tanti giovanissimi allievi della Nunziatella e di molti civili, già massacrati dal lungo assedio.

Il 14 Febbraio Francesco II e la consorte, che si distinse per gli aiuti portati alla popolazione e ai soldati, partirono per l’esilio a Roma. Arrivato là i piemontesi, senza alcun rispetto per egli che aveva perso il regno il giorno prima, inscenarono dei festeggiamenti con lo scopo di infierire. Questo è comunicato che Francesco II mandò al suo popolo al momento di partire per Gaeta:

Popoli delle Due Sicilie

Si alza la voce del vostro Sovrano per consolarvi nelle vostre miserie. Quando veggo i sudditi miei, che tanto amo, in preda a tutti i mali della dominazione straniera, quando li vedo come popoli conquistati, calpestati dal piede di straniero padrone, il mio cuore Napoletano batte indignato nel mio petto contro il trionfo della violenza e dell’astuzia. Io sono Napolitano; nato tra voi, non ho respirato altra aria, i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua la mia lingua, le vostre ambizioni le mie ambizioni. Ho preferito lasciare Napoli, la mia propria casa, la mia diletta capitale per non esporla agli orrori di un bombardamento. Ho creduto di buona fede che il Re di Piemonte, che si diceva mio fratello, mio amico, non avrebbe rotto tutti i patti e violate tutte le leggi per invadere i miei Stati in piena pace, senza motivi né dichiarazioni di guerra. Le finanze un tempo così floride sono completamente rovinate: l’Amministrazione è un caos: la sicurezza individuale non esiste. Le prigioni sono piene di sospetti, in vece di libertà lo stato di assedio regna nelle province, la legge marziale, la fucilazione istantanea per tutti quelli fra i miei sudditi che non s’inchinino alla bandiera di Sardegna. E se la Provvidenza nei suoi alti disegni permetta che cada sotto i colpi del nemico straniero, mi ritirerò con la coscienza sana, farò i più fervidi voti per la prosperità della mia patria, per le felicità di questi Popoli che formano la più grande e più diletta parte della mia famiglia.


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