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14 febbraio 2011

Creato il 14 febbraio 2011 da Soniaserravalli

QUINTO ANNIVERSARIO DEL MIO PRIMO ARRIVO IN EGITTO – MILLE ANNI FA…

La notizia di Mubarak in coma è arrivata a Rai news 24 in Italia 24 ore dopo che l’abbiamo “battuta” noi qui in Sinai…

:-)
(post di ieri).

Ancora proteste dei poliziotti al Cairo che si lamentano per esser stati forzati ad agire con la violenza contro il popolo nei giorni scorsi (fosse una novità…). Sono anime in pena in questo momento, un milione e mezzo di anime in pena in attesa di nuovo ordine, e di capire se il posto di lavoro è ancora garantito, in che condizioni, con quale uniforme, con quale faccia e con quali direttive. Nel frattempo, i soldati con il loro berrettino rosso pensano a rimetter in ordine il Paese a fianco della gente, dirigendo il traffico del Cairo senza mancare di rispetto alla moltitudine che li ha scelti.

Il mio sensei (maestro di aikido) è stato attaccato alle spalle da soldati al Cairo tre giorni fa – probabilmente cercavano di far rispettare il coprifuoco (che, tra parentesi, ora resta in vigore da mezzanotte alle sei). Con una mossa marziale è riuscito a disarmare chi lo attaccava afferrandogli la baionetta. Pare che abbia così salvato diverse persone – mi raccontava la moglie europea oggi. Solo che con la lama dell’estremità si è ferito al calcagno fino all’osso. All’ospedale di Alessandria (la sua città) lo hanno accolto come un eroe per il suo gesto. Ora è con la sua famiglia d’origine, ma deve attendere qualche giorno per raggiungere moglie e figli qui a Dahab perché dice che hanno di nuovo chiuso il tunnel Ahmed Hamdi (che collega il Sinai al resto dell’Egitto) per motivi di sicurezza – informazione da verificare in questi giorni dal crogiuolo di voci di cui siamo circondati.

Altre fonti parlano di voler popolare di più il Sinai per renderlo più stabile e sicuro. Ma nessuna delle parti interessate ha la minima intenzione di rompere gli accordi di pace e gli equilibri presenti fino ad oggi.

Con Marc Innaro parla il fratello del fondatore dei Fratelli Musulmani (nonno di Tariq Ramadan, che ora pubblica un articolo interessante sugli stessi, sul New Statesman, tradotto nell’edizione di Internazionale del 10 febbraio), che spiega come se lo illustrasse a dei bambini le differenze abissali tra la storia dell’Iran (sciiti) e dell’Egitto (sunniti). Informiamoci. Leggiamo. Studiamo. La comprensibile mancanza di tempo nel farlo, dovuta alla vita frenetica nell’Italia di oggi, non ci giustifica nel prender posizioni affrettate, altrui, seguendo solo qualche voce colta di qua e di là tra un quotidiano e un titolo di TG. Piuttosto, taciamo e stiamo a vedere.

Il museo del Cairo riaprirà in marzo, mutilato per i pezzi trafugati il 28 gennaio nello scompiglio generale di uno dei giorni più violenti. Sui voli turistici ci sono voci contrastanti a seconda delle nazionalità del tuo interlocutore: chi dice che hanno già riaperto, chi dice che essendo calato l’afflusso gradualmente iniziano a chiudere adesso… In questo caso, si spera per tutti che la macchina del turismo si rimetta in moto entro poco e si sogna che l’alta stagione di Pasqua sia una vera rinascita.

Non c’è dubbio che tutti qui ora siano animati di più amore e più passione che mai nello svolgere qualsiasi mansione, ma anche in qualsiasi gesto quotidiano, sia anche solo cederti il posto in una fila – questo è davvero un Paese nuovo! E personalmente, non vorrei mai perdermi quello che saprà elargire sull’ondata di aria fresca che lo ha investito. Anche per questo invito turisti e viaggiatori a venire ad assistere a questo nuovo spirito. Perché cavalcare l’onda che segue una liberazione credo capiti solo una volta nella vita.

L’egiziano è per sua natura benevolo, ospitale, arguto ed ironico – questo mi fa pensare che sfrutterà questa spinta nella maniera più vitale e sbalorditiva. La voglia di condividere questo è istintiva e contagiosa. Per questo vi rinnovo l’invito già lanciato da tanti italiani e stranieri residenti: venite qui con noi per qualche giorno a condividere un momento storico di una freschezza da noi dimenticata.

Oggi sospesa la legge di stato d’emergenza anche in Algeria in seguito alle proteste. In Iran oscuramento di internet per altre manifestazioni, con una vittima. Si è dimesso il governo palestinese. Manifestazioni nello Yemen. Il Medio Oriente ribolle in cerca dell’ossigeno degli uomini liberi.

Ci sono due blog che oggi dicono cose interessanti. Dal primo ho tratto questa affermazione, con cui concordo. “La rivoluzione del 25 gennaio cambia tutto, in Medio Oriente. Non solo la stabilità delle autocrazie arabe, non solo il processo di pace, ma le stesso domande irrisolte dentro la società israeliana sul suo ruolo in Medio Oriente e sulla sua accettazione o meno, tutta culturale e interna, di far parte di questa regione e delle sue dinamiche. E’ la domanda che, ormai da settimane, viene fatta da molti intellettuali israeliani alla propria società.” (http://invisiblearabs.com/?p=2817).

Nel secondo, che io tengo in altissima considerazione (http://www.ilcircolo.net/lia/), è stato pubblicato un post che vorrei riportare qui parzialmente, perché concordo con forma e contenuto in modo assoluto, senza poterne né volerne cambiare una sola virgola:

Il fatto è che in Egitto è successa una cosa enorme che non potrà mai più essere dimenticata. Letteralmente: enorme. Destinata a rimanere scolpita per sempre nella carne, nel centro del cuore e del cervello dell’intero mondo arabo e non solo. C’è un prima e un dopo, rispetto a una rottura simile, e non esiste analisi che possa prescinderne.

Non voglio essere enfatica, per quanto la tentazione sia forte. Credo solo che si debba guardare al futuro tenendo ben presente il risultato che, intanto, il popolo egiziano ha già portato a casa.

1) Gli egiziani hanno polverizzato in 18 giorni tutto l’impianto teorico di matrice americana e israeliana con cui, fino al 25 gennaio, abbiamo interpretato il Medio Oriente. Non c’è nulla, non un singolo tassello di quell’impianto, che abbia retto di fronte a ciò che è avvenuto: dal rapporto tra cristiani a musulmani all’integralismo religioso, dal ruolo delle donne allo stereotipo sull’irrazionalità delle masse arabe, dall’arretratezza culturale alle pulsioni violente, dall’incompatibilità con la democrazia all’odio verso Israele come presunta priorità popolare: niente. Non è rimasto in piedi niente, niente ha retto di fronte alla prova di realtà.

Il mondo, che oggi ha visto le famose “masse arabe” intente a ripulire il paese, a fare la raccolta differenziata in piazza Tahrir, a rimettere i sanpietrini esattamente nello stesso selciato da dove li avevano presi in prestito per difendersi durante la rivoluzione, può solo rimanere ammutolito e ripetere, come sento la gente ripetere da giorni, che magari noi fossimo civili e politicamente coinvolti, fiduciosi nel futuro come gli egiziani. Le categorie mentali che abbiamo usato fino ad oggi sono vecchie, stantie. Siamo lo stesso popolo che, nel 2003, invadeva l’Iraq e che oggi, dopo la rivoluzione egiziana, fa fatica anche solo a considerare una democrazia egiziana fatta da un popolo che vota sul serio, perché ci mancano le parole per figurarcelo. Molto semplicemente, abbiamo bisogno di nuove parole e di nuovi concetti per raccontarci cos’è il popolo arabo. E questo è un dato acquisito, non è destinato a cambiare. Se anche, domani, l’esercito impazzisse e facesse calare una cortina di ferro sull’Egitto, la verità di quanto è successo rimarrebbe documentata da mille immagini, da mille racconti in diretta, da mille telecamere puntate.

Quello che gli egiziani hanno fatto, rimane per sempre. Nessuno glielo può più portare via. A noi tocca farci i conti: siamo costretti a piegarci di fronte alla realtà.

2) L’ho scritto all’inizio della rivoluzione: il popolo egiziano – un popolo di ragazzi, dall’età media bassissima – aveva psicologicamente bisogno di tutto questo. Aveva bisogno di un capovolgimento mentale, di liberarsi da barriere psicologiche enorme, soffocanti, paralizzanti. Questa è stata una catarsi collettiva che ha coinvolto una generazione intera, e questa generazione rimarrà marchiata a fuoco, per sempre, dagli eventi di cui è stata protagonista. Recuperare la stima, il rispetto, la leadership culturale di tutto il mondo arabo. Sbalordire il pianeta. Ridiventare, da un giorno all’altro, Umm al Dunia, la madre del mondo. Scoprirsi esempio, modello per chiunque lotti per la dignità e la libertà. Ma chi glielo toglie più, ditemi? Chi li piega più? Chi glielo strappa più da dentro, l’immenso orgoglio di essere stati perfetti, eroi civili, scardinatori di tutti gli interessi del pianeta con la sola forza della consapevolezza di essere dalla parte del giusto? Oggi sono milioni di ventenni: se anche domani dovessero soccombere di fronte alla più spietata delle repressioni, dopodomani si ritroveranno comunque ad essere sopravvissuti ai loro persecutori: ai vecchi. Noi siamo di fronte a una generazione di ragazzi che ha preso su di sé la responsabilità di fare del proprio paese un luogo migliore. Che ha riscattato i propri padri e che lavora per i figli che verranno. Non c’è niente da fare: quando un’intera generazione che, per giunta, rappresenta la maggioranza di un paese, spalanca in modo così radicale la propria mente di fronte al futuro, non c’è forza che li possa fermare. Il tempo ucciderà noi e loro saranno ancora vivi, e adulti. L’Egitto non sarà mai più lo stesso. E l’Europa, se avesse un minimo di memoria storica, dovrebbe saperlo. Ci siamo passati, e anche molto meno eroicamente.

Ma, dicevo, non voglio essere enfatica. Voglio solo fare i conticini, come una ragioniera, di ciò che gli egiziani hanno portato finora a casa. Sto quantificando il capitale ottenuto. Non è colpa mia se è un capitale che richiede concetti forti per essere espresso.

La transizione sarà lunga, difficile, piena di insidie e di false partenze e di falsi arrivi. Tutte le transizioni lo sono. Io credo che non dovremo cercare di inseguire la cronaca, nei prossimi tempi. Certo, è importante sapere cosa farà Tantawi e cosa farà Moussa, cosa vogliano dire i militari nei loro comunicati e cosa succederà nei prossimi scioperi: è importante, ma è parte di uno scenario destinato a rimanere fluido, molto fluido, per i prossimi anni.” (Fulvia Maria De Feo)

14 febbraio 2011



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