Collerico, intransigente, ma sempre onesto intellettualmente e soprattutto sprezzante della mediocrità e difensore dell’eccellenza artistica. Questo era Arturo Toscanini e questo non sono tanti, troppi “artisti” e non “artisti” italiani contemporanei. Toscanini, antifascista, la sera del 14 maggio 1931 si trovava al teatro Comunale di Bologna, dove doveva dirigere un concerto in memoria di Giuseppe Martucci, ma, nonostante le pressioni, si rifiutò di eseguire Giovinezza e la Marcia Reale davanti ai gerarchi fascisti Galeazzo Ciano e Leandro Arpinati, per questo fu aggredito e schiaffeggiato da una “camicia nera” nei pressi di un ingresso laterale del teatro. Da quel giorno il regime iniziò una vera persecuzione: Toscanini fu osteggiato sulla stampa, grazie a biechi giornalisti prezzolati, venne controllato dalla polizia, le sue telefonate, le sue missive intercettate e il passaporto gli fu ritirato. Il direttore d’orchestra parmense non si piegò, fin quando il fascismo e la monarchia sabauda fossero stati al potere rinunciò a dirigere orchestre in Italia. Toscanini ruppe anche con la Germania nazista sin dal 1933, respinse con sdegno un invito di Hitler, abbandonò il festival wagneriano di Bayreuth, e nel 1938, dopo l’Anschluss dell’Austria da parte della Germania, lasciò anche il festival di Salisburgo, nonostante gli inviti a restare. Sempre nel 1938 inaugurò il festival di Lucerna, molti italiani, soprattutto antifascisti, vollero rendere omaggio a Toscanini andando a seguire i suoi concerti, e di lì a poco, a causa anche delle ignobili leggi razziali fasciste, abbandonò l’Europa riparando negli Stati Uniti. Prima di lasciare il vecchio continente, dove stava rischiando la vita, Toscanini fece infuriare Mussolini definendo le leggi razziali “roba da medioevo” e proclamando: “maledetti siano l’asse Roma-Berlino e la pestilenziale atmosfera mussoliniana“. Albert Einstein, saputo del pericolo corso dal Maestro e del suo aiuto agli ebrei perseguitati da Berlino, scrisse a Toscanini: “… Sento la necessità di dirle quanto l’ammiri e la onori. Lei non è soltanto un impareggiabile interprete della letteratura musicale mondiale… Anche nella lotta contro i criminali fascisti lei ha mostrato di essere un uomo di grandissima dignità… Il fatto che esista un simile uomo nel mio tempo compensa molte delle delusioni che si è continuamente costretti a subire”. L’antifascismo e l’antinazismo di Toscanini diventarono sempre più operanti e diretti, dall’America la voce tuonante e la musica diretta dal genio parmense furono un riferimento per tutti gli amanti della libertà e gli avversari delle dittature. Nel 1946 il ritorno per votare a favore della Repubblica e per dirigere lo storico concerto di riapertura della Scala, il concerto della liberazione. Era la sera dell’11 maggio 1946.
Arturo Toscanini, schiaffeggiato a Bologna, contribuì a sconfiggere il nazifascismo con la sua rettitudine e la sua arte. Quanti oggi, in condizioni simili, saprebbero fare la stessa cosa? Credo non molti.
©Marco Vignolo Gargini