Il Cacciatore di memoriedi Chiara GhioCreatura: Divoratore di memorie
Gabriel avanzava tra le brume delle grigie strade di Londra, il mantello scuro scivolava tra una pozzanghera e l’altra. I morsi della fame non gli davano tregua. Anche se lo scorrere del tempo aveva cancellato dinanzi ai suoi occhi intere civiltà, certe cose non cambiavano mai, avrebbe sempre trovato derelitti e indesiderabili a trascinarsi nei bassifondi delle città. Gli umani, con i loro desideri, l’egoismo, la brama insaziabile erano dei miserabili, eppure, anche se ormai ricordava appena quei giorni, una volta era stato umano anche lui. Individuò la sua prossima vittima: una giovane ragazza, bella nonostante gli stracci che indossava. I lunghi capelli biondi le ricoprivano il volto pallido e, quando si avvicinò, Gabriel notò le macchie violastre dei lividi. Merediana sentendo un rumore di passi avvicinarsi sollevò lo sguardo, l’aveva inseguita fin lì? Di solito, dopo averla picchiata per una lunga e interminabile ora, il vecchio la lasciava stare, troppo ubriaco per inseguirla. Il suo sguardo s’incrociò con quello del ragazzo. Aveva occhi di un verde brillante e capelli scuri come l’ala di un corvo. Non riusciva a distogliere lo sguardo, intrappolata come un topo dinanzi a un serpente a sonagli. La bellezza del cacciatore la ammaliò e lei non oppose resistenza. «Sei un messaggero di morte?»Gabriel gelò con la mano protesa a pochi centimetri dal volto di lei, mai nessuno lo aveva riconosciuto, finora.«Non esattamente, sono un divoratore di memorie.»Gli occhi della ragazza si spalancarono leggermente. Poi, come se avesse perso qualsiasi interesse, gli chiese: «Sei qui per me? Vuoi uccidermi?»«Quello che faccio è diverso. Sparirai come se non fossi mai esistita. Fuggire non ti servirà a nulla e ti prego di risparmiarmi le grida, sono così fastidiose…»«E le persone che mi conoscono?»«Svanirai dai loro ricordi.»Merediana annuì e lui vide qualcosa che non aveva mai visto prima: uno sguardo colmo di gratitudine.«Cancellami.» la sua voce era un sussurro a malapena udibile.Lui le sfiorò il volto e si preparò. Il consueto flusso di ricordi ed emozioni lo assalì con la potenza di un uragano. Immagini confuse e dolorose, felicità e tristezza lo sommersero. La sua coscienza scivolava via nel turbine dei momenti perduti e dei sogni infranti della ragazza. Stava per affogare quando riuscì a staccarsi e a erigere nuovamente quelle barriere che definivano il suo essere.«Perché?» si chiese. Eppure era convinto di aver visto e sentito tutto, come mai i sentimenri di questa ragazza lo colpivano così profondamente?Merediana era pallida e sconvolta: «Ho visto, tutte quelle persone… e lui, li porti sempre con te?»Gabriel tremò e svanì. L’eco della voce di Constantine nella testa “anche se li disprezzi sei rimasto miserevole come loro. Attaccato alle miserie della vita, proprio come quando eri umano!” I ricordi minacciarono di sopraffarlo. Un tempo era stato umano e aveva coltivato un’ambizione più grande di lui.Fu trasportato in un’epoca lontana in un tempo prospero, la seconda rivoluzione industriale aveva portato il benessere e l’Inghilterra era ancora una grande potenza. Grazie a suo padre Gabriel aveva creato una delle più prospere industrie elettriche del paese. Proprio in quel periodo un’inquietante serie di omicidi aveva gettato Londra nel terrore. Jack the ripper imperversava per le vie della città beffandosi dei tentativi di Scotland Yard di fermarlo. Suo padre aveva organizzato il suo matrimonio con una facoltosa dama dell’alta società e lui si sentiva già stringere il cappio al collo. Tutta la sua esistenza scorreva su binari ben costruiti dai quali sembrava impossibile deviare. Una notte cupa stava rientrando a casa quando un grido disperato l’aveva spinto a svoltare in un vicolo debolmente illuminato. Il cadavere di una donna giaceva riverso al suolo in una pozza di sangue. Una figura scura, con indosso un lungo cappotto e un cappello stava contemplando la macabra scena stringendo in pugno un coltello insanguinato. Gabriel si era lasciato sfuggire un singulto. L’assassino si era girato, il volto nascosto nell’ombra, ed era fuggito. Il suono delle sirene della polizia era riecheggiato nella notte, erano vicini. «Ora sei nei guai.»Gabriel sobbalzò. Un ragazzo della sua età era spuntato dal nulla proprio accanto a lui. I capelli rosso scuro ondeggiarono scossi dalla brezza e i suoi occhi verdi da gatto luccicarono nella semi-oscurità rimanendo impressi per sempre nella sua memoria. Lo sguardo dello sconosciuto lo catturò e Gabriel scoprì con orrore di non potersi muovere e un brivido gli corse giù per la schiena imponendogli di scappare mentre la parte razionale del suo cervello gli diceva che non aveva nulla da temere da quel ragazzo.«Forse dovrei risparmiarti dei guai e divorarti ora.» sussurrò passandosi la lingua sulle labbra.«Chi sei? Stai lontano da me!» una nota stridula gli pervase la voce.«Mi chiamo Constantine, sono un divoratore di memorie. Pensavo di farmi uno spuntino con te ma forse potrei farti diventare uno di noi… Sono solo da tanto tempo. Ho visto come guardi tutti dall’alto in basso, io potrei farti diventare un essere superiore, un cacciatore in un mondo di prede. Pochi possono aspirare a tanto ma in te percepisco l’alito di magia necessario.»«Tu sei pazzo, vattene!»«Come vuoi ma, quando cambierai idea, chiamami.» Così dicendo era svanito. Un istante prima era lì davanti ai suoi occhi e dopo un battito di ciglia rimaneva solo la bruma. La polizia era sopraggiunta subito dopo. Normalmente non lo avrebbero arrestato solo per essere un testimone ma quella lunga lista di omicidi aveva gettato nel caos l’intera Londra che non aspettava altro che un colpevole da crocifiggere pubblicamente. La prigione puzzava di escrementi, macchie di sangue rappreso deturpavano i muri, le manette gli stringevano dolorosamente i polsi e il freddo gli mordeva la carne. I prigionieri erano ammassati l’uno contro l’altro e, quando era circolata la voce che lui era il famoso Jack the Ripper, gli altri galeotti avevano cominciato a maltrattarlo. Lividi, ossa rotte e le scarse razioni del carcere lo avevano trasformato nell’ombra di se stesso. Il suo avvocato aveva fallito miseramente nella sua difesa e la forca si faceva sempre più vicina. Amici e parenti l’avevano abbandonato, gli rimaneva solo la rabbia. Il giorno della sua esecuzione mentre lo portavano al patibolo guardando il cappio a lui destinato oscillare pigramente al vento le parole di Constantine riecheggiarono nella sua testa. Il cappio gli passò attorno alla testa, sentì il nodo scorsoio ruvido stringersi attorno alla pelle delicata del collo. «Constantine!» chiamò a bassa voce. Il boia lo ignorava scuotendo il capo, ne aveva visti tanti perdere la ragione poco prima della fine. Gabriel gridò un ultima volta.«Sono qui, non c’è bisogno di urlare così.» Gli occhi verdi luccicavano. Constantine allungò una mano bianca e affusolata verso di lui e lo toccò. Una sola parola, antica come la pietra, sconvolse la sua esistenza. Il suo corpo andò a fuoco, il cuore sembrava sul punto di esplodergli. Ogni sua cellula mutava impercettibilmente mentre la magia, fatta di polvere, fame e grida, lo divorava.La sua nuova esistenza era iniziata così tra urla e dolore. Si era avventato sulla guardia, le catene che lo imprigionavano spazzate via, a un suo tocco, il suo carceriere era svanito nel nulla. Quando si cibava, si nutriva delle memorie degli esseri umani, prosciugava i loro ricordi ed essi svanivano e tutti coloro che li avevano conosciuti, tutti coloro che sapevano dell’esistenza di quella persona… la dimenticavano. Come se non fosse mai esistita. Tutti i ricordi di coloro che aveva divorato gli scorrevano nella mente: belli, tristi, malavagi. Così che, col passare del tempo, Gabriel aveva preso con sé i pezzi delle vite delle sue prede, costruendo un’esistenza fatta di frammenti di vite carpite. Constantine era stato al suo fianco per anni, il loro modo di cacciare era diverso e anche le loro vite immortali. Gabriel aveva mantenuto molte delle piccole abitudini che aveva da umano, mentre Constantine le rifuggiva, forse erano entrambi due mostri ma erano molto diversi. La loro separazione lo aveva condannato a un’eternità in solitudine. Eppure, ora non riusciva a staccarsi dai ricordi di Merediana. Essi avevano risvegliato sentimenti che non provava da secoli. Sentimenti che non poteva permettersi di sentire. Constantine non gliel’aveva forse detto?«Un giorno incontrerai qualcuno che ti riconoscerà per quello che sei. Quella sarà la persona per cui morirai.»Lui gli aveva rivolto uno sguardo sprezzante e aveva riso. Ora non sorrideva più. La cercò, convinto che fosse fuggita, invece trovò Merediana ad attenderlo.«Sapevo che saresti tornato.»«Come?»«Noi ci somigliamo, ho avvertito la tua solitudine e la tua paura.»«Paura? E di cosa?»«Di quello che provi quando mi sei vicino. Io sento le stesse cose.» gli occhi azzurri di lei lo ammaliavano.«Sei pronta a venire via con me?»Lei sorrise, non c’era bisogno d’altro. Gabriel posò le labbra fredde su quelle di lei. Un calore improvviso lo pervase, il suo corpo scintillò e si fece leggero. Si sciolsero in una pioggia di luce perdendosi l’uno nell’altra nel mare del tempo. Un giorno sarebbero rinati, in un altro tempo e luogo ma, dovunque il vento li avesse portati, sarebbero stati assieme.
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