“15 minuti – Follia omicida a New York” di John Herzfeld

Creato il 13 agosto 2011 da Cinemaleo

2000: 15 Minutes  di John Herzfeld

uscita usa: 1 marzo 2001   uscita italia: 23 marzo 2001 

 

Sul piano strettamente spettacolare, il film funziona e coinvolge.

Perplessità desta il contenuto e infatti il lavoro di John Herzfeld non ha persuaso la critica:

“…la sua polemica contro i media si adombra di ipocrisia, se non di velato compiacimento” (MyMovies), “…a 15 Minuti non riesce nemmeno di mantenere la promessa del titolo, ossia offrire un quarto d’ora di cinema” (Revisioncinema), “Bisognerebbe, per decreto, imporre alle sceneggiature dei film americani di non ricorrere senza criterio alle banalità e agli stereotipi che spesso finiscono per costituire lo sfondo costante del cinema hollywoodiano. O quanto meno di limitarne l’impiego…: 15 minuti – Follia omicida a New York ce li ha tutti” (Mario Sesti), “…non molto originale” (Il Messaggero), “La regia non convince, gli stereotipi e la prevedibilità si sprecano, il finale sbanda e il regista confonde i generi senza fermarsi a riflettere” (Panorama), “…tutto è piatto, monocorde, anonimo” (Delcinema.it).

Hollywood non è nuova nel condannare lo strapotere e l’ingordigia dei mass-media, la loro affannosa ricerca -senza scrupoli e senza remore- dello scoop e del sensazionalismo (un esempio per tutti: L’asso nella manica, capolavoro del 1951 di Billy Wilder): il tema quindi non è nuovo ma è sempre il benvenuto (anche perché oggi è più attuale che mai), a condizione però che venga trattato con un minimo di onestà. E’ chiaro che in 15 Minuti la denuncia (…siamo disposti a tutto per conquistarci i nostri 15 minuti di celebrità) è solo un pretesto per confezionare un poliziesco veloce, movimentatissimo e dal crudo realismo (e che quindi può risultare gradito a una gran parte di spettatori).

Iperbolico e non sempre plausibile nelle situazioni che presenta. Gli stereotipi condannati dalla critica ci sono e sono abbondanti, il ricco cast non è all’altezza della sua fama, il finale (così congeniale a certa mentalità americana) è da rigettare senza riserve.

Nota positiva: l’ottima interpretazione di due attori a noi sconosciuti, il ceco Karel Roden e il siberiano Oleg Taktarov… veramente bravi.

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