KOLLU TAMEM?
Oggi visita di Hillary Clinton in Tahrir Square al Cairo.
A Dahab, la laguna che molti di noi considerano l’ultimo paradiso rimasto vergine di nostra conoscenza è risultata non essere, come si credeva, parco naturale protetto, ma parte delle proprietà del figlio di Mubarak. Da diversi giorni notiamo segni tracciati da pietre ammassate da parte dei beduini e temiamo l’inizio di una costruzione selvaggia. Spero che abbiamo interpretato male i segni e le notizie.
Kollu tamen? Va tutto bene? Non lo so se va tutto bene perché questa sera mi è arrivato nell’anima lo tsunami del Giappone, e dopo ancora tanti giorni di notiziari ed immagini l’emozione al solito travolge a scoppio ritardato. Mentre nel frattempo, dai Paesi attorno a noi si respirano violenza e morte – una morte che è parte della vita e che da un quadro globale, una volta usciti da tutta questa storia, sarà certamente solo uno dei colori del progresso umano, civile, spirituale e politico, ma che mentre ci sei dentro a volte ti toglie il fiato. Che certe volte si vorrebbe non provare emozioni.
Il blog è dedicato alla rivoluzione nel suo senso lato, di conseguenza mi sento libera di dissertare anche sulle rivoluzioni degli altri Paesi, e su quella della Natura nei confronti del genere umano, che molto probabilmente non se la merita.
Kollu tamem? Sul Bahrein, Il Sole 24 Ore riporta del fallimento dell’esercito saudita venuto a “portare la calma”. Che dolce eufemismo. “Ci sarebbe già un militare morto, circa 5mila sciiti hanno preso d’assalto l’ambasciata saudita, gli iraniani protestano, gli americani non sono contenti e il re del Bahrein ha proclamato tre mesi di stato d’emergenza.” Poi ancora dice: “La tv di stato spiega che il re «ha autorizzato il comandante delle forze di difesa nazionale a prendere tutte le misure necessarie per proteggere la sicurezza del paese e dei suoi cittadini». Il re in sostanza ha dato un ordine a se stesso, essendo lui il capo delle forze armate del Bahrein.” Davvero, mai in questo momento storico del mondo e in questo momento emotivo di me stessa ho toccato da vicino il filo folle di congiunzione tra la tragedia e l’ironia. Ci sono giorni in Medio Oriente, con le TV puntate sulla catastrofe in Giappone, in cui davvero non sai se sia più intelligente ed esaustivo riportare bollettini drammatici o scrivere un tipo di satira nuova, dal sapore apocalittico, sì, ma che sempre una risata strapperà – e non è poco.
Kollu tamem? “Gli Stati Uniti avevano due grandi alleati nel Medio Oriente arabo: Hosni Mubarak e re Abdullah saudita. Il primo è andato, il secondo si rifiuta di capire cosa gli stia accadendo attorno o forse ha solo il limite generazionale per capire. Quando al Cairo Mubarak stava già cadendo dal piedistallo, alla fine di una telefonata Abdullah aveva chiesto a Barack Obama di permettere al regime egiziano di difendersi con ogni mezzo: anche sparando ai manifestanti.” (Sempre Il Sole 24 Ore di oggi)
Kollu tamem? Marafsh, non lo so. I popoli del mondo lottano per migliorare le loro condizioni umane e sociali, si fanno uccidere per il sogno di un domani migliore per i loro simili e per i loro figli, combattono senz’armi per la libertà, e intanto il tuo vicino di casa fa ribaltare nell’oceano una petroliera o fa esplodere centrali nucleari con la pia ancestrale illusione che tutto sia reversibile. NON CI SONO bandiere di fronte alle questioni ambientali. NON CI SONO razze di fronte alle faccende umane. NON CI SONO nazionalità che tengano di fronte a un genocidio (e ormai da qualche settimana a parte Di Pietro quasi nessuno usa più questa parola, che invece è doverosa per il caso libico).
Kollu tamem? Questa formula con gli egiziani mi ha sempre regalato reazioni alterne negli anni: un’espressione gentile e giocosa, un contatto verbale premuroso che mi solleva l’umore di fronte all’interesse del prossimo, e che in altri momenti un po’ più devastanti mi ha fatta sentire inadeguata, perché non avrei risposto come al solito “tutto bene”, ma avrei più probabilmente cominciato a dissertare sui grandi sistemi dell’universo, e del mio essere qui.
Kollu tamem? Non lo so, andrebbe tutto bene immaginando un mondo nuovo, totalmente affrancato da questi medioevi umani e ambientali. Un mondo di democrazie avanzate, in cui i diritti si espandano fino alla soglia del dovere, dove il dovere sia il confine con il diritto del prossimo. In cui si comprenda intimamente che tutte le risorse naturali rientrano nell’eterno ciclo del dare e avere, e che nessuno ci ha mai messo a disposizione un paradiso in terra perché ne approfittassimo senza nemmeno un grazie, né il rispetto, né la coscienza di tutelarlo. Per raggiungere una realtà diversa, bisognerà, appunto, prima immaginarla. E allora immaginiamo come sarà il mondo per cui abbiamo lottato e il mondo che andiamo a salvare, con rivoluzioni, con petizioni, referendum e con scelte più lucide, senza più rimandare, e senza limiti alla bellezza e all’equilibrio con cui vogliamo immaginarcelo, perché nessuna realtà può nascere se alla sua base non c’è un pensiero, un sogno, una visione.