Villaggio all'interno dell'area indigena Xavante, nel profondo isolamento del Mato Grosso brasiliano
Padre Angelo Pansa, 65 anni, Saveriano; un uomo che in Amazzonia è ammirato dai poveri delle favelas di Manaus, dai contadini senza terra, dagli indios che vivono lungo i fiumi Xingù e Tapajòs. Padre Angelo ha sempre preso le difese dei più deboli. Ad Altamira, nel febbraio dell’89, fu uno degli organizzatori del raduno degli indios dello Xingù, a cui diede il suo appoggio la rockstar Sting. Per quel raduno, che fece luce su un colossale progetto di distruzione della foresta, fu condannato a morte dalle squadre paramilitari. Il nome di Pansa, in cima alla lista degli indesiderabili, era affisso sulla porta delle bettole e dei locali malfamati.
Ha iniziato nel 1992, anno del summit di Rio de Janeiro sull’ambiente, portandosi dietro tutti gli uomini validi di tre villaggi indios Xavante, l’etnia più importante del Mato Grosso brasiliano. Ha cominciato con la cocciutaggine di un missionario bergamasco che ha speso 43 anni della sua vita nei luoghi più ostili del mondo: l’Africa equatoriale per 10 anni e poi l’Amazzonia per altri 33. Ed ha cominciato a piantare gli alberi della foresta pluviale: i pilastri del cielo, come li chiamano gli indios del Rio delle Amazzoni. ”Visto che tutti li tagliavano e li bruciavano, e che molti dicevano che era uno scandalo, ma facevano poco o nulla, ho iniziato io. Ho imparato, poi ho insegnato agli indios come fare e sono andato in giro a piantare alberi, migliaia di piantine, proteggendole dal sole torrido, dagli animali, da tutto” (racconta Padre Pansa).
E’ in contatto a Pordenone con la nostra associazione Bioforest Onlus, con la quale ha collaborato nell’operazione Xavante.
È riuscito a smuovere il mondo delle imprese per ricostruire il manto forestale amazzonico. Laggiù ha messo in piedi l’associazione Amazzonia foresta viva, collegata a Bioforest. Dal 1997 a oggi, in quattro anni, Pansa ha ottenuto dal Governo brasiliano il riconoscimento del suo lavoro, ha coinvolto etnie indie, come i Bororo e i Tapirapè, e ha portato dalla sua parte anche i coloni che, abbandonati a loro stessi, disboscavano e bruciavano. ”Negli ultimi due anni abbiamo messo a dimora 197 mila nuove pianticelle di 87 essenze differenti, riforestando 3 mila ettari di terre desertificate dal fuoco. Ci sono ormai sei vivai, in zone differenti. Siamo uno sputo nell’Amazzonia, ma abbiamo vinto la nostra battaglia. Non siamo più considerati dei pazzi. L’idea di ripiantare la foresta si sta allargando e coinvolge strutture pubbliche all’inizio scettiche o contrarie” (racconta Padre Pansa).
Per l’impegno dimostrato negli anni, lo scorso 4 ottobre 2010 Padre Paolo Pansa è stato onorato del 18° PREMIO INTERNAZIONALE PER IL DIALOGO FRA I POPOLI E LE LORO CULTURE “San Francesco e Chiara d’Assisi” a pari merito con Carlo Azelio Ciampi, Stefano Zamagni e Joaquin Navarro Valls. La cerimonia del conferimento del Premio si è svolta lunedì 4 ottobre 2010 nella giornata della Fraternità, del Dialogo fra culture diverse, nel Palazzo Ducale di Massa Carrara dopo la Messa in Cattedrale.
Tra le molte personalità che hanno accettato e ricevuto il Premio: Chiara Lubich (Italia), Abbé Pierre (Francia), Mons. Loris Francesco Capovilla (Italia), Nikkyo Niwano (Giappone), Tashi Dolma (Tibet), Thich Nath Han (Vietnam), Casa do Gajato (Portogallo), Bertina Lopez (Mozambico), Comunità di Sant’Egidio (Italia), Suor Sarah Ayoub Ghattas-la nuova madre Teresa (Egitto), Maria Teresa Santiso Porcile (Uruguay), Don Oreste Bensi (Italia), Antony Armstrong Jones (UK).
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