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19 luglio 1992: strage di via D’Amelio

Creato il 18 luglio 2013 da Yellowflate @yellowflate

23 maggio 2011, via Nortabartolo, Palermo, manifestazione per la Legalità foto eleonora redazione@mediterranews.org« Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore solo una volta. » Paolo Borsellino

Palermo e l’Italia qualche mese dopo l’attentatuni del 23 maggio 1992 viene scossa da un altro attentato, grande, grave e maestoso quando quello dove trovarono la morte Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Accade il 19 luglio 1992, una domenica come altre in una Palermo riarsa dalla calura estiva, accade in via Mariano D’Amelio, a perdere la vita questa volta sono il magistrato Paolo Borsellino e la scorta. In via D’Amelio viveva la madre del magistrato Borsellino e lì Cosa Nostra aveva posteggiato una Fiat 126 che conteneva 100 chili di tritolo. Secondo gli atti oramai diventati pezzi di una delle più tragiche pagine di storia della Repubblica, via D’Amelio era una strada pericolosa tanto è che la scorta di Borsellino più volte aveva chiesto al comune di Palermo di far rimuovere i veicoli che “impunemente” sostavano dinnanzi al palazzo dove abitava la madre del magistrato, ma dal comune non vi era mai stato minimo cenno di assenso.E’ Antonino Capponnetto a dichiarare subito dopo l’attentato:”Paolo aveva chiesto alla questura – già venti giorni prima dell’attentato – di disporre la rimozione dei veicoli nella zona antistante l’abitazione della madre. Ma la domanda era rimasta inevasa. Ancora oggi aspetto di sapere chi fosse il funzionario responsabile della sicurezza di Paolo, se si sia proceduto disciplinarmente nei suoi confronti e con quali conseguenze

In quella domenica tranquilla squarciata dall’immenso botto del tritolo, oltre a Paolo Borsellino muoiono gli agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, l’unico sopravvissuto è stato Antonio Vullo. Quella domenica del 19 luglio 1992, per Paolo Borsellino è una giornata come tante, infatti nonostante avesse la certezza di essere un “cadavere che cammina” (definizione data da Ninnì Cassarà intorno al 1985), dopo aver pranzato a Villagrazia di Carini con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, si reca insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove viveva sua madre, e lì trova la morte.

Secondo quanto è stato poi appurato, la bomba era stata radiocomandata da una distanza che però mai è stato possibile conoscere, solo da qualche anno si sospetta che il detonatore sia stato azionato dal Castello Utveggio, è anche noto che il giudice Borsellino, sapeva che a Palermo c’era dell’esplosivo “dedicato a lui” ma che niente è stato fatto per evitare questa ennesima strage di mafia. Tanti sono i “misteri” che aleggiano ancora sulla strage, forse molti di più rispetto a quella di Capaci. Fatto sta che la oramai nota agenda rossa dove Paolo Borsellino annotava i dati delle indagini e che portava sempre con sè.

“Un carabiniere avanza spedito nell’arena insanguinata di via D’Amelio. Il capitano Giovanni Arcangioli regge in mano la borsa in cuoio di Borsellino. Scavalca brandelli di carne e pozzanghere rosse. Scansa i mattoni caduti a terra come coriandoli. Lo sguardo è distaccato. E’ concentrato su quello che deve fare. Un fotografo riesce a immortalare quell’immagine. Anche le telecamera di due Telegiornali nazionali riprendono la scena. Ma in pochi istanti Arcangioli si allontana da via D’Amelio. Scompare dalla visuale di qualsiasi apparecchiatura fotografica e di video riprese. Inizia così il mistero della sparizione dell’agenda rossa del magistrato appena assassinato. …”(Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino).

Unico superstite della strage di via D’Amelio è Antonio Vullo, vivo per miracolo, 32 anni agente di scorta che così racconta in una intervista al Corriere della Sera:  “Stavo parcheggiando l’ automobile  un po’ meglio rispetto a come era sistemata, procedendo in retromarcia. La manovra mi ha salvato. Quando la bomba e’ esplosa, ho visto una gran fiammata, ma non ho sentito alcun boato. Dentro l’ abitacolo sono sobbalzato, poi ho visto fiamme e distruzione ovunque.

Appena sono uscito dall’ auto, mi sono subito reso conto di cio’ che era successo. Ho avuto la fortuna di uscire dalla “Croma” illeso”.”

Immediatamente dopo l’attentato giungono sul luogo Giuseppe Ayala e Antonino Caponnetto.

« Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore solo una volta. »Paolo Borsellino



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