Una scia di sangue percorre Torino tra il 28 febbraio e il 18 luglio del 1979.
Siamo nel periodo più cruento della lotta armata, il cuore degli anni di piombo, la sua appendice più crudele e dolorosa.
Il 28 febbraio due terroristi di Prima linea, nomi di battaglia Charlie e Carla, seguono un presidente circoscrizionale in piazza Stampalia; l’uomo è Michele Zaffino, ed è l’obiettivo di un’indagine di Prima linea atta a verificare la possibilità di colpire l’uomo politico.
Zaffino è pedinato da Carla, che lo segue in autobus fino a quando l’uomo, arrivato a destinazione, scende dal mezzo.
E’ il prossimo bersaglio scelto da Prima linea, ma non lo sa.
Per sua fortuna, i due terroristi compiono un grave errore; entrano in una tabaccheria e comprano due maschere di carnevale.
In quei giorni bui basta anche un minimo sospetto per scatenare la paura e la fobia dell’attentato; il proprietario della tabaccheria, insospettito dalla strana decisione dei due giovani di acquistare maschere di carnevale in piena quaresima, avvisa la polizia, e indica loro il punto in cui i due giovani si sono fermati.
Loro sono Charlie e Carla, ovvero Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni, due giovani terroristi , perchè Matteo è un operaio Fiat di 20 anni, mentre la Azzaroni è una maestra elementare di 29 anni.
Si fermano a prendere un caffè nel Bar dell’Angelo, proprio in piazza Stampalia; sono le 10,00 di mattina,e i due giovani attendono la loro vittima.
Ma ecco l’imprevisto; arriva un agente, che si avvicina al loro tavolo e chiede i documenti ai due giovani seduti.
E’ un attimo, si scatena l’inferno.
Sparano i due terroristi, spara l’agente.
Al termine del breve conflitto a fuoco, sul pavimento del bar ci sono due corpi, quelli di Charlie quello di Carla.
Nelle tasche dei due ci sono le foto di Zaffino, il loro bersaglio, responsabile, secondo l’organizzazione terroristica di prima linea, di aver invitato la popolazione del quartiere alla delazione, attraverso un questionario distribuito capillarmente, in cui si chiedeva alla stessa popolazione di segnalare individui sospetti.
Il questionario dice testualmente: “Avete da segnalare fatti concreti che possano aiutare gli organi della magistratura e le forze dell’ordine a individuare coloro che commettono attentati, delitti, estorsioni?”
Zaffino aveva fatto distribuire oltre 100.000 copie del questionario alla popolazione del quartiere Madonna di Campagna, ottenendo in cambio la restituzione di meno di 13.000 questionari compilati, e solo una trentina di risposte affermative al quesito più importante.
Questo, agli occhi dei terroristi, è un delitto punibile con la morte.
La morte di Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni scatena la rabbia dell’organizzazione, che decide di vendicarsi.
E lo fa 10 giorni dopo, esattamente il 9 marzo.
Un commando di terroristi, composto da Maurice Bignami, Fabrizio Giai, Silveria Russo, da suo marito Bruno Laronga e da Giancarlo Scotonia,prepara un agguato mortale ad una volante della polizia.
Due terroristi travestiti con in mano due vassoi di pasticcini, entrano in una bottiglieria di via Millio; nei vassoi ci sono due mitra, i due sequestrano la famiglia proprietaria della stessa.
Un terrorista, spacciandosi per il proprietario della bottiglieria chiama la polizia, dicendo testualmente “Ho preso una ragazzino di 17 anni che stava prendendomi l’autoradio, nel bar in via Francesco Millio, al 64/A”
L’agente di servizio alla centrale annota la chiamata e conferma che invierà una volante.
Nella bottiglieria, intanto, sale la tensione; tre terroristi sono pronti all’agguato,Maurice Bignami, Fabrizio Giai e Giancarlo Scotonia mentre fuori gli altri due,Silveria Russo e Bruno Laronga che hanno funzioni di copertura, attendono.
L’ordine è di sparare quando gli agenti sono entrati.
Intanto dalla scuola aereonautica Carlo Grassi esce dopo le lezioni un ragazzo Emanuele Iurilli; la scuola, nel quartiere Madonna di Campagna, è di fronte al Bar dell’angelo, il bar in cui hanno perso la vita Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni. Il giovane ha 18 anni, e non sa che sta andando incontro ad un tragico destino.
Emanuele Iurilli prende l’autobus e torna verso casa, nel quartiere San Paolo, mentre avvengono gli avvenimenti descritti.
Quando scende dall’autobus, il ragazzo si avvia verso casa, mentre una volante della polizia sta arrivando alla bottiglieria.
Lasciamo Emanuele e osserviamo la scena che si svolge all’interno della bottiglieria.
Davide, nome di battaglia di uno dei terroristi, appena vede sulla soglia l’agente di polizia,l’appuntato Gaetano D’Angiullo, venuto a prendere il fantomatico ladro d’autoradio, spara.
Ma ha sparato troppo in anticipo, l’agente è ferito, ma non gravemente e riesce a portarsi all’esterno del bar.
Scoppia il finimondo, con gli agenti della volante che rispondono al fuoco e i tre terroristi all’interno che sparano all’impazzata.
Contemporaneamente, entra in azione il gruppo in copertura. Sono minuti d’inferno, con pallottole che sibilano all’impazzata da ogni parte.
Emanuele Iurilli, che abita sopra la bottiglieria, al numero 64, ode gli spari e tenta di nascondersi.
Troppo tardi, perchè un proiettle vagante lo centra in pieno petto, sotto gli occhi sgomenti della madre, affacciatasi dal balcone.
L’ambulanza che viene a prenderlo lo trasporta a tutta velocità verso l’ospedale delle Molinette, ma è una corsa inutile.
L’unica vittima della furibonda sparatoria, della volontà di vendetta di prima linea, non è un poliziotto o un “nemico di classe”; è un bravo ragazzo di 18 anni, che morirà senza alcuna colpa, se non quella di essere rientrato da scuola come tutti i giorni proprio nel momento sbagliato.
E il destino cinico vuole che venga colpito proprio mentre passa di la, proprio mentre tenta disperatamente di nascondersi dietro un auto.
Come racconterà Silveria Russo, componente del gruppo di fuoco di Prima linea, lei e suo marito gli urlano contro di mettersi al riparo, inutilmente.
Il gruppo di fuoco riesce a disimpegnarsi e a fuggire sulla pantera della polizia; quando arrivano in rinforzo le altre volanti, trovano solo una miriade di bossoli sparati in quegli interminabili minuti, mentre all’inerno della bottiglieria ci sono ancora gli spaventatissimi proprietari del locale e un volantino che riporta le foto di Charlie e Carla,uccisi il 28 febbraio, con la scritta “Ricordiamo i compagni Charlie e Carla morti combattendo per il comunismo. Prima linea”
L’ultimo atto di questa tragedia assurda si compie il 18 luglio, e ha per protagonista ancora il Bar dell’angelo.
Davide,ovvero Maurice Bignami, il componente di Prima linea che ha partecipato al conflitto a fuoco di via Millio, entra nel bar; questa volta ha il compito di uccidere il delatore che ha chiamato la polizia il giorno in cui vennero uccisi Charlie e Carla.
Carla, la Azzaroni, era la sua donna; alle motivazioni politche, quindi, si legano bieche motivazioni personali.
L’uomo si avvicina al bancone, dove c’è Carmine Civitate, il proprietario, e gli spara contro sette colpi di pistola.
Carmine si accascia sul bancone colpito a morte, mentre Davide si allontana indisturbato.
Per Prima linea si tratta di un’azione di ritorsione verso un delatore, un infame; ma il gruppo ha commesso un errore tragico, uccidendo un povero immigrato meridionale senza alcuna colpa.
Perchè Carmine Civitate non è ancora il proprietario del bar, e il 28 febbraio non c’era, nel Bar dell’angelo.
A chiamare la polizia, il giorno della morte di Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni non era stato di certo lui, ma il tabaccaio che aveva segnalato i due giovani che avevano comprato le maschere di carnevale.
Quando ci sarà il processo al gruppo di fuoco di Prima linea, in un silenzio sgomento, Bignami e gli altri terroristi apprenderanno dalla viva voce del tabaccaio la vera dinamica dei fatti.
Come ricorda il giudice Caselli, in aula scese il silenzio e il gelo più totale.
Ogni morte è una tragedia, sia che la vita spezzata appartenga ad un teroorista, sia che appartenga ad un uomo delle forze dell’ordine.
Ma ci sono tragedie che lasciano dolori incanllabili anche per l’insensatezza degli avvenimenti che le causarono.
Morire come Emanuele Iurilli mentre si torna da scuola, sotto gli occhi atterriti della propria madre è lontano da ogni comprensione, così come morire completamente innocenti, solo perchè si è sospettati di qualcosa che non si è commesso, come nel caso dello sventurato Civitate, lascia davvero l’amaro in bocca.
Se negli anni di piombo si moriva spesso solo per fatalità, il destino volle accanirsi su due persone qualsiasi, uno studente che aveva una vita davanti a se, che tornava a casa per l pranzo, atteso dai suoi come ogni giorno e un brav’uomo che si accingeva a rilevare un’attività commerciale, sognando per se e la sua famiglia un avvenire dignitoso.
Due morti particolarmente emblematiche di un periodo storico dramatico, scandito dalla lugubre conta degli attentati, uno stillicidio giornaliero che portava la gente ad incupirsi come quelle giornate plumbee, segnate dalla morte.
Giornate simili a quelle vissute in guerra, solo che, in questo caso, c’era una guerra unilaterale, proclamata in nome di ideali che paradossalmente porteranno davvero le persone ad essere uguali.
Unite tutte dalla disperazione e dalla morte.
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