Comunemente il concetto di perversione viene associato con ciò che gli uomini fanno di stravagante nella loro sfera sessuale, in maniera piu’ ampia possiamo parlare di perversione quando neghiamo il nostro limite, la nostra finitezza – e di conseguenza ignoriamo la fragilita’ o se vogliamo la delicatezza del nostro mondo e della nostra affettività. Il ‘Back to Blood’ avviene quando si prende consapevolezza di una identità posticcia, definita e scelta a priori, non basata sul vero desiderio, ovvero sulla capacità, sempre più rara, di desiderare davvero qualche cosa. E’ l’esperienza del ‘radical chic’, espressione sempre coniata da Tom Wolfe e destinata a divenire planetaria, che riguarda lo sperimentare stati d’animo ed esperienze di vita ortogonali al proprio retaggio socio-culturale, forse solo per danneggiare la dipendenza da esso ma senza liberarsene mai completamente. Sul versante opposto l’allucinazione del ‘melting pot’, il crogiolo dove si fondevano le razze e gli strati sociali diversi, si stà raffreddando rapidamente dagli anni ’90, soprattutto perchè il modello jeffersoniano di società costruito sul lavoro, sulla disciplina, sul rispetto delle regole, o sulla scalata sociale, è stato giustiziato dalla storia degli ultimi anni. Un italiano a Londra o a New York potrebbe non avere più nessun motivo specifico per cercare di adeguarsi ad un modello che non serve più ad avere un successo, inteso in senso ‘assoluto’, in stile ’80.
A cosa servirà questo eventuale ‘back to blood’? Solamente a proteggersi dalla sofferenza tramite la regressione? Nulla di più lontano da questa visione deprimente. Forse la necessità è quella di capire nel sangue, e di cercare nelle radici la nostra vera essenza per capire cosa desideriamo davvero. Quando il contenuto del nostro desiderio è prodotto artificiosamente ‘per reazione’ come spunto aggressivo proprio contro il ‘sangue’ e le ‘radici’ non ha nulla a che fare con quel concetto che Jacques Lacan chiamava “il risveglio di primavera” dello spirito di donne e uomini. Quando il desiderio non è autentico getta le basi per un modo di concepire l’esistenza per reazione e, di conseguenza, lontano dalla ricerca della verità. Perlomeno della propria. Come facciamo a riconoscere il desiderio dentro di noi? e negli altri? Sicuramente allontanandoci dagli stereotipi, da ciò che ci impedisce di assecondare la nostra natura in questo luogo, in questo tempo. Il vero desiderio, come il vero amore, è imprevisto, lontano dalle aspettative, fuori da tutti i calcoli fatti prima, spesso impuro e contaminato; screziato da elementi che abbiamo amato/odiato quasi atavicamente, espressione dell’ambivalenza che caratterizza la ‘cosa reale’. L’affascinante metafora del ‘back to blood’, per chi la sperimenterà, potrebbe portare i suoi frutti in questa riscoperta…