Karel Dujardin, Bolle di sapone - Allegoria della transitorietà e brevità della vita (particolare)
Non ho mai amato molto questa festa.
Solo una volta, un anno, fu davvero memorabile. Quello in cui incontrai, io ragazzina, un ragazzo appena più grande, che mi sembrava adulto e serissimo. Che poi sposai.
Eppure non ero vestita di rosso.
Eppure non mangiai lenticchie (una acquisizione alla mia dieta che ho imparato ad apprezzare solo da adulta).
E nemmeno posso dire se ci siamo innamorati in un anno che volgeva al termine o ad anno nuovo già cominciato: le "iatture" dell'avere un anniversario molto molto incerto, per sua vera e propria natura.
Gli auguri? Per quello che costano e per il tempo che impegnano, sì, certo: perché non farceli?
Anche se siamo tutti ormai e purtroppo consapevoli delle volte che si sono dimostrati superflui, bugiardi, inutili, densi di sofferenza, ammantati di speranza senza speranza, desiderosi di dimenticare un passato che non si decideva a diventare davvero tale.
Cosa mi auguro o cosa mi aspetto dal 2015?
Un matrimonio d'estate, per esempio.
Affrontare e vivere quello che mi si prepara, con dignità; conservare la mia etica ed essere libera di scegliere.
Felicità e stabilità per chi amo: ragazzi dritti come giovani alberi e ragazze dai lunghi capelli.
Una giornata d'estate perfetta, cielo limpido, stelle di sole nell'acqua del mare, brezza sulla spiaggia.
Il sapore del freddo. Saltare nelle pozzanghere di pioggia come mai da bambini era concesso.
Tempo per le cose importanti e capacità di saperle riconoscere.
Bisbigli nei buio e tepore nel letto, di notte.
Essere di nuovo qui, o altrove, chissà, a parlare così del 2016.
Tutto sommato, come diceva Trilussa, la felicità è una piccola cosa.