Una Santa Messa sarà celebrata, alle ore 10:00, presso la chiesa di San Calogero, vicino alla sede centrale del Comando Provinciale Carabinieri di Agrigento, dal Cappellano Militare Don Salvatore Falzone, alla quale parteciperanno i familiari delle vittime del dovere. Successivamente, alle ore 11:00 una corona di fiori, offerta dalla locale Amministrazione Comunale, verrà deposta sul luogo dell’agguato.
Una corona di alloro verrà deposta alle ore 11:30 presso la Caserma “M.M.A. G. Guazzelli” di Villaseta.
Chi era Giuliano Guazzelli. Nacque a Gallicano il 6 aprile nel 1933. Si arruolò giovanissimo nell’Arma era arrivato quasi subito in Sicilia nel 1954. Prima una breve parentesi in Puglia. Nell'isola del sole e della mafia ha lavorato a Palermo, Santa Ninfa, Palma di Montechiaro e Agrigento. In Sicilia ha conosciuto Maria Caterina Montalbano che divenne sua moglie. Giuliano Guazzelli si stabilì così nel paese della consorte: a Menfi in provincia di Agrigento. Giuliano e Maria Caterina hanno avuto tre figli: Riccardo, Teresa e Giuseppe. E’ stato stretto collaboratore del colonnello Giuseppe Russo e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, entrambi uccisi dalla mafia. Nella sua prestigiosa carriera aveva ricevuto decine di encomi solenni. Negli ultimi anni aveva lavorato, come comandante del nucleo di polizia giudiziaria della procura di Agrigento, al fianco del giudice Rosaro Livatino. Prima di essere ucciso il sottufficiale era sulle tracce dei killers del "giudice ragazzino" che venne freddato il 21 settembre del 1990. Guazzelli era soprannominato il "mastino", per la tenacia con cui portava avanti ogni indagine che lo aveva reso uno dei migliori servitori dello Stato. Il suo modo di investigare ancora ora fa scuola. Era un uomo di grandi principi morali ed etici, lavoratore instancabile, memoria storica dell’apparato investigativo italiano che si occupava di cosche e droga. Giuliano Guazzelli venne ucciso il 4 aprile del 1992 ad Agrigento. Il sottufficiale stava ritornando a Menfi dopo una giornata di lavoro. La sua auto venne preceduta da un furgoncino dai quali vennero fuori due sicari armati di mitra e pistole. Il giorno prima era tornato da Roma dove aveva sentito un importante collaboratore di giustizia. Sul luogo del delitto si precipitò subito il giudice Paolo Borsellino che contava sull’apporto del maresciallo per portare avanti importanti inchieste antimafia in provincia di Trapani. Al delitto i giornali e le televisioni nazionali e regionali dedicarono importanti servizi di apertura e di prima pagina. Ai funerali parteciparono le massime cariche dello Stato fra cui l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga.