Diciannove anni non sono poi tanti. Un metro in più, qualche capello in meno. E qualche chilo, sempre in più, ovviamente. I ricordi sono nitidi e chiari, e sono sempre più convinto che quelli brutti, di ricordi, abbiamo una permanenza maggiore rispetto ai “belli”.
Se in un tribunale mi trovassi di fronte "l’entità" cosa nostra, recriminerei più per la privazione dei ricordi che della persona fisica di mio zio Paolo Borsellino; non ricordo più la sua voce, e questo mi manca e questo è il più grave capo d'imputazione che contesterei loro. Non penso siano stati i 19 anni trascorsi, ma i pochi passati con lui, troppo pochi perchè io oggi possa avere il timbro della sua voce ben impresso. Quello di mio nonno Giuseppe Borsellino, ucciso solo 8 mesi dopo, invece lo sento mentre scrivo, perfettamente chiaro e lucido.
Comunque oggi è il 21 aprile. E’ una bellissima giornata, come lo era nel 1992. Se l’avessi saputo prima, quel 21 aprile del 1992 lo avremmo passato insieme. Con mia madre, con mio zio, come facevamo quasi tutte le domeniche. Mi sarei fatto raccontare da lui la storia dell’orso, così da imprimere bene nella mia mente le sue parole, la sua voce, il suo timbro. Poi ci saremmo lasciati e lui sarebbe andato per il suo destino, che nel 92 era immutabile: se denunciavi cosa nostra eri destinato alla morte. Altro che Stato, altro che testimoni di giustizia. Ma oggi non è il giorno del dolore. Oggi è una bella giornata, come lo era nel 1992. Oggi dobbiamo ricordare quel ragazzo scapigliato ed esuberante, orgoglioso e a volte arrogante. Che mise in ginocchio cosa nostra e lo andava anche a dire in giro. “Con me non ci riusciranno, con me perderanno”. E io credo che quella scommessa poi, alla fine, l’abbia vinta. Oggi non è qui, è vero, ma quel patrimonio di dignità e coraggio, che sono l’anima dell’antimafia seria, cresce di giorno in giorno, di anno in anno.
Oggi è il giorno del “ringraziamento”, non anglosassone ma puramente siciliano. Grazie a Paolo Borsellino, piccolo imprenditore per affari e piccolo per età (32 ani), io oggi sono un uomo ricco di quei due valori che gli rimasero dentro fino all’ultimo: provarono a bucarlo con dei proiettili per farli uscire, per appropiarsene di quella dignità e di quel coraggio, ma è andata male.
Oggi è una bellissima giornata, come lo era nel 1992.
Dal blog di Benny Calasanzio, nipote di Paolo e Giuseppe