Dal 22 al 27 marzo 2011 continua la stagione di Prosa del Politeama Rossetti con lo spettacolo:
L’AFFARISTA
Di: Honoré de Balzac; traduzione e adattamento Alberto Bassetti
Scene: Pier Paolo Bisleri; luci Nino Napoletano
Costumi: Carla Teti
Musiche: Germano Mazzocchetti
Regia: Antonio Calenda
Produzione: Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Stabile di Calabria e Teatro Quirino – Vittorio Gassman
Interpreti: Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli e con Paila Pavese, Osvaldo Ruggieri, Antonio Tallura, Francesco Benedetto, Alfonso Veneroso, Adriano Braidotti, Ferruccio Ferrante, Jacopo Venturiero, Antonio Ferrante
«Ah! Conoscete la nostra epoca! Oggi, signora, tutti i sentimenti svaniscono e il denaro li sospinge. Non esistono più interessi perché non esiste più la famiglia, ma solo individui! Vedete! L’avvenire di ciascuno è in una cassa pubblica (…) Vendete gesso per zucchero: se riuscite a far fortuna senza suscitare lamentele, diventate deputato, pari di Francia o ministro!»
Si adatta perfettamente al nostro tempo, questa pungente battuta: tanto che non ci sarebbe nulla di strano a sentirla pronunciare oggi, magari da qualcuno che commenti una delle tante notizie di speculazioni e crisi economiche che punteggiano i giornali…
Invece risale alla metà dell’Ottocento, scritta da Honoré de Balzac e pronunciata da Mercadet, personaggio attorno al quale è concepito Le faiseur – L’affarista, uno dei migliori testi teatrali di questo grande maestro della letteratura realista.
Sarà una compagnia efficace e numerosa a dare vita alle variopinte e sfuggenti figure che attorniano il protagonista Mercadet, a cui Geppy Gleijeses offrirà tutta la sua versatilità e le sue risorse interpretative. Si tratta di un personaggio monomaniaco, vigoroso, geniale e cialtrone, un carattere eccezionale, degno della grande Commedia umana di Balzac. Mercadet vive nel perseguire la sua unica fondamentale idea fissa, quella di arricchire, speculare: è mosso da una sorta di libido del denaro, che vive come una nevrosi esistenziale. Gioca in Borsa con denari che – in realtà – non gli appartengono. Egli è infatti sull’orlo della bancarotta, assediato dai creditori: una crisi, che fin dall’inizio imputa al socio Godeau, andato con la cassa a cercar fortuna nelle Indie e di cui nulla si sa più. Ma nell’attesa di Godeau, Mercadet non resta beckettianamente inerte, tutt’altro: certo che il motore della società moderna sia il denaro e che l’onore sia fondato ormai sulla sola apparenza, usa la moglie quale stendardo della propria fortuna e la costringe a partecipare elegantemente abbigliata a ogni occasione mondana.
Un modo per “truccare” il mercato in proprio favore, per tenere in pugno i creditori, ancor più sensibili di lui al miraggio del facile guadagno. Così ottiene le loro azioni e addirittura i risparmi dei propri servitori per i suoi maneggi finanziari. Cerca anche di maritare la figlia bruttina – interpretata da Marianella Bargilli, una delle più interessanti attrici italiane della sua generazione - a un dandy presuntamente abbiente che si rivela poi uno spiantato… ma i suoi piani s’incrinano. Metterà addirittura in scena il ritorno del suo socio e sarà proprio nel gioco degli arrivi falsi o ipotetici di Godeau che troverà la salvezza a un passo dal baratro, ottenendo che ogni cosa si ricomponga sul piano economico, degli affetti, come pure su quello della morale a cui Mercadet, sospinto dalla moglie e dai burrascosi eventi, alla fine s’inchina (ma possiamo credergli?), ritirandosi in campagna a vivere di un lavoro onesto.
Antonio Calenda metterà in scena L’affarista intrecciando i suoi molti e mai scontati sottotesti, le continue ambiguità e rifrazioni, e ponendo in luce figure che con accenti di deciso realismo Balzac aveva tratteggiato ispirandosi alla società del XIX secolo, ma che molto ci dicono – fra pungenti critiche e sorrisi amari – dei furbetti, degli speculatori e dei traders che popolano il nostro presente.