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23 aprile, Casa delle donne a Udine

Creato il 11 aprile 2015 da Gaia

Ho scoperto che il 23 aprile è la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’Autore, e che parteciperò anch’io grazie a un evento piuttosto originale organizzato a Udine, una Maratona del Libro presso la Casa delle Donne.

Ce ne sono tante, di queste giornate mondiali, e per la prima volta mi sto chiedendo chi mai le decide e attraverso quale procedimento (in questo caso, ha deciso l’Unesco). Da un lato, visto che i media e le associazioni poi collaborano alla celebrazione di queste giornate e quindi ci fanno sapere qual è l’argomento e ci danno spunti e informazioni in proposito, può essere utile coordinare il dibattito collettivo in questo modo. Oggi si parla tutti di rom, un altro giorno di acqua, un altro ancora del libro… La “Giornata del…” crea un’occasione per discussioni importanti, il che è una buona cosa.

D’altra parte, perché chissà chi da chissà dove deve decidere per noi a cosa dobbiamo pensare e di cosa dobbiamo parlare in un determinato momento? Mi sembra un effetto, tutto sommato innocuo ma indicativo, della burocratizzazione e invisibilità del potere, nonché dell’influenza delle lobby, che sono una conseguenza dell’allontanarsi dei centri decisionali dalla vita delle persone. Non sappiamo più chi decide cosa: solo quando ci andiamo a sbattere ci accorgiamo che è stata varata una nuova legge che obbedisce a qualche altra nuova legge varata da un’altra parte, che sono stati stanziati dei fondi che vengono da lontano, che è stata istituita una “Giornata del…”. Così adesso qualcuno che non sappiamo chi sia stabilisce anche a cosa dobbiamo pensare. Il che, a dire il vero, può anche avere effetti contrari rispetto alle intenzioni dei promotori: se è la giornata dei rom e dei sinti e bisogna parlare di rom dei sinti, allora Matteo Salvini è perfettamente a proposito quando dice che bisognerebbe radere al suolo i loro campi. Sta rispettando l’argomento!

Mi scuso per aver aperto con una nota polemica l’annuncio di un evento a cui sono stata invitata il 23 aprile, che mi sembra molto interessante e per cui sono molto grata. La Casa delle donne ospiterà quattro appuntamenti con scrittrici locali in quattro diversi momenti della giornata, accompagnandoli con cibi e bevande adatti all’orario. A me è toccata la pausa caffè della mattina, quindi comincerò alle 11.30, a Udine in via Pradamano 21. A quanto ho capito la scelta di scrittrici del luogo, per origine o residenza, è voluta e secondo me si trata di un’altra nota positiva, dato che una delle caratteristiche più tipiche del provincialismo è cercare sempre grandi nomi da fuori senza valorizzare i propri talenti, o aspettando che li valorizzino gli altri per poi rivendicarli.

Mi è stata data totale libertà; io mi sono proposta di restare in tema: porterò i miei libri, parlerò della mia attività di scrittura in generale e della mia esperienza con il diritto d’autore e l’autoproduzione. Se poi ci saranno domande dal pubblico, e ci sarà pubblico, spero che si tocchino anche altri argomenti.

Dovrebbero esserci caffè e brioches. Siete tutti invitati, al mio evento e alla Maratona in generale; si comincia con la colazione e si va avanti fino alla sera.

[L’Arcidruido, di cui ormai non perdo un post nemmeno quando mi deludono perché c’è sempre qualcosa che merita, questa settimana si lamenta dell’onnipresenza degli schermi televisivi in tutti i locali pubblici, e ipotizza che siano un sistema per distogliere l’attenzione della gente dalla realtà sempre più difficile che stiamo vivendo. Come sa chi ha letto miei vecchi post, se c’è una cosa che non sopporto è trovare ovunque, persino sulle corriere o in ospedale, schermi giganti e radio invadenti, stupide e con pessima musica, a entrambi i quali è impossibile sottrarsi. Addirittura a Udine ci sono interi spazi aperti e pubblici, come la stazione delle corriere o corte Savorgnana, in cui viene diffusa da altoparlanti nascosti la voce di una radio insidiosa che non dà pace e non si può ignorare. È terribile. Non so neanche con chi prendermela: chi la accende? Chi la spegne? È un essere umano o una macchina?

Ma dove posso oppongo resistenza. Ormai ho preso a spegnere gli schermi, chiedere di abbassare la radio, esprimere fastidio, insomma cercare forme di ribellione a quello che considero un vero e proprio sopruso, una violenza ai miei sensi e un’invasione della mia mente, che magari è impegnata in altre attività da cui viene violentemente distolta.

Poi arriva la cameriera, l’assistente del dentista, o qualche altro ben intenzionato, e riaccende la tv, probabilmente pensando che dev’esserci stato un errore se è spenta.

Se tutti iniziassero a protestare, se gli schermi si spegnessero misteriosamente appena le persone entrano in un locale, magari i gestori di questi posti per esasperazione ci penserebbero due volte prima di riaccendere. Purtroppo questi schermi ci sono anche nelle case delle persone, e se vengo invitata in una casa dove le tv sono accese di default per educazione non protesto.

Può sembare una questione secondaria, ma la mente è il nostro spazio più personale e, in teoria, più libero, quindi dobbiamo proteggerla almeno tanto quanto il nostro corpo. E, come la mente, dobbiamo proteggere i nostri sensi. Anche perché quello che assorbiamo in questi momenti, visivamente e uditivamente, non è qualcosa di temporaneo ma un’esperienza che mette radici dentro di noi. Le canzoni della radio rimangono in testa e ci tormentano anche quando non vorremmo; la stupidità dei programmi ci impoverisce, le immagini distolgono l’attenzione da persone e ambienti che non sempre abbiamo l’occasione di vedere, e la pubblicità, che è fatta per condizionarci, effettivamente ci condiziona. Io ci ripenso alle cose che ho sentito e visto, ci ripenso anche se non vorrei.

Con questa invadenza di immagini e suoni ovunque andiamo siamo di fatto costretti a subire un vero e proprio lavaggio del cervello, le cui conseguenze forse non sono del tutto chiare persino a noi. Io mi ribello. Perché devo essere obbligata a sentire e vedere cose che mi danno fastidio e mi distraggono, quando sono andata in un posto che non ha nulla a che vedere con queste cose? Perché devo subire pessime soap opera o l’esposizione di idee che aborro mentre aspetto il dentista? Perché fare la colazione al bar deve farmi venire il mal di orecchie? Perché le persone con cui vado a prendere una pizza devono avere gli occhi fissi su un punto sopra la mia testa mentre io cerco di parlargli? Perché ogni posto deve diventare uguale agli altri, con gli stessi canali e la stessa spazzatura?

Che fastidio. Sono contenta che tante persone intelligenti inizino a provarlo come me]


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