23 maggio.
Piove.
E’ l’anniversario della strage di Capaci e oggi lo splendido sole per il quale Palermo è sempre invidiata, si è nascosto. Al posto suo, un’infinita quantità di pioggia che ha lavato la città intera dal suo dolore.
Si, perchè anche se sono passati 20 anni, Palermo, i palermitani, sono rimasti segnati dalla morte del giudice Falcone, della moglie e degli agenti di scorta.
E’ un po’ come quando si è colpiti da un lutto familiare e per affrontarlo al meglio vai dallo psicologo; Palermo, invece, non ha trovato uno psicologo adatto e continua a star male, guardarsi intorno e vivere nel proprio dolore.
Oggi, come ogni anno in questa data, Palermo non è più dei palermitani e viene invasa da finti buonisti, passerelle istituzionali e santoni che battendosi la mano al petto davanti le telecamere pensano di esser stati i migliori psicologi che la città aspettava per liberarsi.
Io quest’anno mi sono chiusa nel più assoluto silenzio. Non ho partecipato a nessuna commemorazione, non sono andata all’albero Falcone e non ho parlato della strage con nessuno tranne che con me.
Questa mattina, mi sono guardata allo specchio e mi son ricordata per l’ennesima volta di esser figlia delle stragi e che, se qualcosa di positivo si deve trovare in quella tragedia, una sono io, quella che sono diventata.
Oggi ho acquistato due ebook:
- Giovanni Falcone, Cose di cosa nostra
- Giovanni Falcone, La posta in gioco