Per troppo tempo la ricerca genomica si è concentrata sugli europei, dimenticando quella che è stata la culla dell’umanità: l’Africa. Quella africana è sempre stata un’etnia sottorappresentata negli studi di genomica umana, così come tutte le altre etnie diverse da quella europea: il problema è stato recentemente segnalato in tutta la sua gravità sulla rivista Nature, che ha ricordato come appena il 4% dei partecipanti agli studi di associazione genome-wide siano non-europei.
Non stupisce quindi che il 75% dei clienti di 23andMe, l’azienda che su questi studi ha fatto la propria fortuna, siano europei. I clienti afro-americani, africani o asiatici possono apprendere molto poco da un test genetico della compagnia californiana, per il semplice motivo che molti dei risultati sono validi solo per i bianchi.
Da oggi la situazione potrebbe cambiare. 23andMe ha infatti lanciato un’importante iniziativa chiamata Roots into the future che consentirà a 10mila individui di origine africana di farsi testare gratuitamente. Potranno quindi partecipare anche i 39 milioni di Afro-Americani che vivono negli Stati Uniti, e che fino a ieri erano di fatto esclusi dai servizi dell’azienda americana. Con questa mossa, 23andMe non solo incrementerà il numero dei propri clienti, ma soprattutto darà una grande accelerata alla ricerca per quanto riguarda questo importante gruppo etnico, troppo spesso dimenticato.
I clienti parteciperanno infatti a dei sondaggi, che serviranno a cercare associazioni geni-malattia valide anche per questa fetta di popolazione. Alcune associazioni scoperte negli europei saranno confermate, altre no, e sicuramente ne emergeranno di nuove specifiche per gli africani. Da semplice fornitore di servizi, 23andMe si sta trasformando in una realtà ibrida, a metà strada tra il business e la ricerca scientifica: grazie a questa innovativa forma di ricerca basata sul web, 23andMe ha già pubblicato due articoli importanti (uno nel 2010 e uno quest’anno, in cui gli autori presentano nuove associazioni scoperte per il morbo di Parkinson). “Roots into the future” segue questo filone, e lo fa percorrendo un cammino che pochissime università e istituti avevano finora seguito: il cammino che ci porta in Africa, il bellissimo continente da cui la nostra storia ha avuto inizio.
Fonte: M. Colaiacovo – Estropico Blog