Nel 1933 l’inglese immigrata in Sudafrica Helen Southern Holt fondò l’EOAN Group, un’organizzazione culturale caritatevole per ragazzi nel District Six di Città del Capo: era una delle zone più desolate della città, abitata prevalentemente da neri e meticci sudafricani e da molti immigrati asiatici ed europei poveri, soprattutto ebrei. Agli iniziali corsi di dizione, igiene, portamento e buone maniere si aggiunsero negli anni corsi di danza, musica classica, canto e recitazione, tenuti quasi tutti da insegnanti bianchi, e la fondazione di un coro. Nel 1956, il Gruppo EOAN diventò la prima compagnia operistica a pieno titolo in Sud Africa, benché fosse un gruppo amatoriale, quando sotto la guida del direttore Giuseppe Salvatore Manca, un immigrato italiano a Città del Capo che lavorava come contabile in Comune, il Gruppo decise di mettere in scena opere complete e grandi commedie musicali. La compagnia ricevette tali consensi che al suo culmine, nel 1965, arrivò ad andare in tour per tutto il paese con cinque produzioni: Rigoletto, La Boheme, Il trovatore, L’Elisir D’Amore e Carmen.
Photo: courtesy of 24° FCAAAL
Il regime dell’Apartheid aveva però cominciato ad incidere sempre più pesantemente su tutte le forme di vita sociale. Fra il ’50 e il ’70 il Gruppo si era esibito in serate separate per bianchi e colored oppure in sale in cui il pubblico di bianchi, seduto nelle prime file, era separato dagli altri da un cordone. Alla fine tutti i locali della città furono chiusi agli spettacoli non segregati: anche il giovane dottor Christian Barnard, andato dietro le quinte la sera del debutto di South Pacific, fu scortato fuori in fretta per aver infranto le disposizioni del Group Areas Act. E il governativo Performing Arts Council debuttò nella sua nuova sede operistica per soli bianchi con l’esecuzione, con una sorta di umorismo involontario, dell’Aida di Verdi. Infine negli anni ’70 il District Six venne dichiarato “Zona Bianca”: una tragedia per gli oltre 60.000 residenti, che furono letteralmente deportati da case in cui molti vivevano da generazioni e che furono rase al suolo.
Nel 2008 il Dipartimento di Musica della Stellenbosch University entrò in possesso di 105 contenitori di documenti e 705 cartelle relative all’EOAN Company, l’ormai dimenticata prima compagnia d’opera del Sud Africa. Un archivista fu incaricato di passare al setaccio i materiali e si trovò di fronte ad un vero tesoro di ricordi perduti, che diedero vita, a 80 anni dalla fondazione, ad un libro contenente fra l’altro 45 interviste a ex membri dell’EOAN. Al libro seguì il documentario AN INCONSOLABLE MEMORY (il titolo è tratto da un verso di T.S. Eliot), curato dal romanziere, poeta e regista Aryan Kaganof.
Il regista Aryan Kaganof
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Il documentario racconta una storia di resistenza, in una rappresentazione che mescola interviste al recupero e rielaborazione sperimentale di materiali d’archivio, foto, ritagli di giornale, registrazioni sonore. Agli ormai anziani cantanti è stato chiesto: che cosa significava essere un artista di colore durante il regime dell’Apartheid? Quali scelte si dovevano fare? Le memorie dei membri della compagnia di allora ricostruiscono la domanda fondamentale nascosta dietro la storia: fino a che punto accettare il supporto economico dell’odiato “Department of Colored Affairs” per non far morire la compagnia significava essere parte dalla politica di segregazione dell’Apartheid? Dove finiva il desiderio sincero di partecipare a un’attività artistica e culturale gratificante e cominciava il collaborazionismo? Sta allo spettatore dare una risposta.