Belgrado: l'edificio del ministero della
difesa non ancora ricostruito dal 1999
(da landedinbelgrade.blogspot.com)
Il parallelo tra le Serbia del 1999 e la Libia odierna è stato evocato anche dal premier russo Vladimir Putin che ieri da Belgrado, dove si trovava in visita ufficiale, ha criticato "la facilità con cui in questi ultimi anni si è ricorso all'uso della forza per la soluzione delle questioni internazionali". Parole che rivelano una notevole sfrontatezza, considerando cosa la Russia ha combinato in Cecenia. Forse però quello non conta, visto che si tratta di affari interni della Russia che evidentemente può massacrare e sterminare impunemente le proprie popolazioni. Come Milosevic con i kosovari non serbi. O Gheddafi con i libici. Al fianco di Putin, il presidente serbo, Boris Tadic, rievocando l'esperienza del suo Paese ha espresso "profonda preoccupazione per le sofferenze dei civili" in Libia. Nelle stesse ore da noi abbiamo ripreso ad ascoltare tutto il trito armamentario del popolo pacifista, piuttosto silente nei confronti del regime di Gheddafi (come lo fu con Milosevic), ma pronto a scattare come un sol uomo non appena vede garrire al vento le bandiere stars&stripes.
Sull'intervento Nato sulla Serbia mi sembra utile rileggere quanto diceva proprio due anni fa Sonja Biserko, in un'intervista di Lucia Manzotti intitolata “L'inevitabilità dell'intervento”, pubblicata il 24 marzo 2009 sul sito di Osservatorio Balcani e Caucaso. Alcune considerazioni, fatte le debite differenze e cambiando quello che c'è da cambiare, possono valere anche nel caso della Libia.
Ps: a scanso di equivoci vorrei precisare che l'intervento armato in Libia non mi entusiasma per niente e che mi piace anche meno il modo con cui esso è stato gestito in questi primi giorni. Ma trovo anche francamente insopportabili le ennesime giaculatorie pacifiste.