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25 aprile

Creato il 23 aprile 2010 da Letteratitudine

25aprile.jpgCari amici,
ritorna il 25 aprile. Nel commemorarlo, aggiorno questo post annuale. Un modo per darvi la possibilità di riguardarvi e rileggervi nel tempo.
Siete sempre gli stessi?
Qualcosa, forse, è rimasta uguale; qualcosa, forse, è cambiata.
Il 25 aprile, in fondo, è rimasto sempre lo stesso.
Oppure no…
Che ne dite?

Cosa rappresenta il 25 aprile, oggi, in questa Italia che attraversa il decimo anno del nuovo millennio?

Aspetto i vostri commenti.
Buon 25 aprile a tutti!

Massimo Maugeri

p.s. domani spero di poter aggiornare il post inserendo un articolo specifico sul 25 aprile 2010


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25 APRILE 2009

Il partigiano black Giorgio Marincola, rimosso da tutti per oltre cinquant’anni
di Stefano Ciavatta

25 APRILE
Nel 1941, l’anno di massimo fulgore del Terzo Reich, nella fascista Roma, lungi dal pensarsi già città aperta, due studenti universitari passeggiano in piazza san Giovanni in Laterano. Uno in particolare è sorpreso quasi spaventato dallo scatto fotografico, pur amichevole. Si chiama Giorgio Marincola e ha tutte le ragioni per esserlo. Giovane azionista, allievo di Pilo Albertelli professore di storia e filosofia (ma soprattutto di antifascismo, trucidato alle Ardeatine), Giorgio sarà l’unico partigiano italiano di colore decorato nel 1953 alla memoria con la medaglia d’oro al valore militare.

Un “nero”, nato a Mahaddei Uen (Somalia) il 23 settembre 1923 e caduto a Stramentizzo, vicino Castel di Fiemme (Trento) il 4 maggio 1945. Una storia rimossa sistematicamente per 50 anni e poi risorta - in ritardo rispetto alla new wave sulla Resistenza degli anni 90 - grazie a due studiosi, Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, che hanno ricostruito una biografia di Giorgio Marincola, intitolata “Razza Partigiana”, edita da Iacobelli. Difficile mettere insieme i frammenti di testimonianze e documenti su un ragazzo morto a soli 23 anni, la cui storia è un intreccio di fatti certi e di silenzi, prima di tutto politici: muore infatti nell’eccidio di Stramentizzo a guerra finita. Il fascicolo della strage nazista era tra i 695 riguardanti crimini di guerra commessi in Italia durante l’occupazione, occultati subito dopo la guerra e rinvenuti nel 1994 dentro l’armadio della vergogna, in uno sgabuzzino della cancelleria militare di Roma. Su tutti il promemoria “Atrocities in Italy” dei servizi segreti britannici. Nel massacro Marincola è colpito alle spalle, “struck by bullet on left shoulder blade” come dice il rapporto. Le SS oramai allo sbando, uccisero a tradimento civili e partigiani, bruciando le case di due paesi.

Silenzio ci fu anche quando si trattò di riconoscere l’identità del cadavere del partigiano nero. Un ufficiale medico sudafricano? Un soldato afro americano? Un internato mulatto del lager di Bolzano? Era invece semplicemente un italiano di origine somala, figlio di un sottufficiale calabrese dell’esercito e di una donna somala. Divenne partigiano a Roma poi si spostò a Viterbo, sabotaggio e guerriglia, poi paracadutato a Biella seguì Edgardo Sogno. Fatto prigioniero, torturato e spedito nel lager di Bolzano, venne liberato dagli alleati nel gennaio ‘45. Ma il tenente “Mercurio” ritornò a combattere contro le sacche di resistenza tedesche.

Le leggi razziali che mettevano al bando i meticci, Marincola le passò indenni grazie al precedente riconoscimento paterno, idem per la sorella. Ma il colore della sua pelle era imbarazzante all’epoca anche per chi era antifascista. Un imbarazzo soft, ma sempre più di un pudore: nelle testimonianze raccolte tra gli ex compagni di scuola, la descrizione di Giorgio è sempre etica e caratteriale, mai fisica. “Nella memoria i tratti somatici di Marincola sfumano nell’affetto e nei legami amicali, nelle impostazioni e convinzioni ideologiche”. Il nero ricompare però nel disprezzo esplicito e dichiarato di un’anziana insegnante e nell’aggressività di un compagno di classe. L’odio davvero acceca? O forse paradossalmente ci vede meglio?

Oltre alla medaglia e una laurea in medicina ad honorem, di lui rimangono solo gli appunti da studente, i ricordi degli amici e dei compagni di scuola. La scelta di campo antifascista avvenne al liceo, ma nulla è documentato per certo. Tranne le sue azioni, e che fosse di colore. Ma che fatica uscire dall’oblio.
Stefano Ciavatta
22 aprile 2009

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POST DEL 25 APRILE 2008

Buon 25 aprile a tutti!
Come lo trascorrerete?

Vi chiedo – se vi va – di raccontarlo. Alcuni letteratitudiniani, per esempio, si ritroveranno a Roma. Spero che abbiano la possibilità di commentare qui il loro incontro.

25 APRILE
Poi, per altri versi, sarà un 25 aprile particolare. Segnato, per esempio, dal V2-Day di Beppe Grillo.

Libera informazione in libero Stato, urla Grillo.

Infine segnalo che il Domenicale de Il Sole24Ore del 20 aprile ha pubblicato in prima pagina un interessante articolo di Emilio Gentile dal titolo: Un’Italia divisa per le feste.

Il sottotitolo contiene una domanda provocatoria: Perché nessuna ricorrenza nel nostro Paese è stata in grado di fondare una coscienza nazionale?

Post stringato, ma ricco di spunti.

Buon 25 aprile. E buon fine settimana.

Segue il testo dell’articolo di Gentile.

Massimo Maugeri

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25 APRILE

Nella “Storia d’Italia nel XXI secolo”, pubblicata nel 2108 dalla casa editrice Il Nazionale Cosmopolita, per la serie «Memorie Condivise», si legge quanto segue: «Il 25 aprile 2008 si celebrò solennemente in Italia il sessantatreesimo anniversario della liberazione e il ritorno della democrazia. Alla cerimonia nella capitale, erano presenti, con il Presidente della Repubblica, numerosi esponenti politici: Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Umberto Bossi e Walter Veltroni, ciascuno con una coccarda tricolore sul petto. Ovunque gli italiani festeggiarono l’evento con un inno corale di fedeltà allo Stato nazionale e alla democrazia nata dalla Resistenza. Grande commozione suscitò l’impresa compiuta dai Volontari della Pulizia, organizzati dalla Lega Nord, per liberare Napoli e la Campania dalle immondizie, nell’anniversario della Liberazione. La celebrazione del 25 aprile 2008 fu il simbolo di una rivoluzione culturale, che aveva dato agli italiani una coscienza nazionale comune. Erano 147 anni che ciò non accadeva. Cioè da quando, il 17 marzo 1861, era nato lo Stato italiano».
Potrebbe essere questa la descrizione della ricorrenza del 25 aprile 2008, dopo le elezioni politiche del 13 aprile, che hanno prodotto una rivoluzione parlamentare nella storia della Repubblica: per la prima volta non saranno rappresentati nelle due Camere partiti che si richiamano al comunismo o al fascismo. I maggiori partiti della nuova legislatura si riconoscono reciprocamente una legittimità democratica. Ora, poiché nessun partito eletto in Parlamento il 13 aprile si richiama al fascismo né rifiuta la Repubblica nata dalla Resistenza, si può immaginare che la cerimonia del prossimo 25 aprile possa avvenire come è descritta nel brano immaginario citato all’inizio. Sarebbe questa una vera rivoluzione culturale nella storia degli italiani. Vediamo perché.
Secondo molti studiosi, senza una memoria comune rielaborata periodicamente attraverso le feste della nazione, non può esserci identità nazionale. Le feste nazionali rinnovano nella collettività la coscienza di appartenere a una comunità di storia, di ideali e di valori condivisi, al di sopra delle differenze dei partiti che si avvicendano al Governo. Nei centoquarantasette anni della loro vita come cittadini di uno Stato nazionale, gli italiani non sono mai riusciti a riconoscere in un evento della loro storia il principio fondante di una memoria collettiva. La memoria collettiva degli italiani è stata finora un luogo di conflitti provocati da valori, principi e ideali non condivisi, inclusa la stessa idea di nazione.
Le feste nazionali istituite dalla monarchia, come la festa dello Statuto e il 20 settembre, furono sempre momenti di conflitto fra gli italiani. Nel 1911, quando lo Stato celebrò i primi cinquanta anni di unità, gli italiani cattolici, socialisti, repubblicani, nazionalisti e internazionalisti, protestarono contro l’Italia monarchica nella quale non si riconoscevano.
Dopo la vittoria italiana nella Grande Guerra, l’anniversario del 4 novembre divenne un altro momento di conflitto fra nazionalisti e internazionalisti, fascisti e antifascisti, in una guerra civile che si concluse con l’instaurazione dello Stato totalitario. Nuovo regime, nuove feste. Che consacrarono l’identificazione del fascismo con la nazione italiana. Alle feste nazionali fu tolto il carattere conflittuale, come agli italiani era stata tolta la libertà di pensiero, di parola e di voto.
Dopo la fine del fascismo, il nuovo Stato democratico conservò della precedente storia italiana solo il 4 novembre, accanto al 25 aprile e al 2 giugno, anniversario della Repubblica. Sulla unità patriottica antifascista, i partiti antifascisti che rifondarono lo Stato nazionale avrebbero potuto costituire la memoria comune dell’Italia repubblicana. Nel 1946, celebrarono uniti il 25 aprile. Poi, con la Guerra Fredda, iniziò una guerra civile ideologica fra gli italiani comunisti e gli italiani anticomunisti, che reciprocamente si accusarono di esser traditori della Patria, al servizio dello straniero. L’anniversario del 25 aprile fu per decenni identificato con il monopolio dell’antifascismo da parte dei comunisti.
Neppure l’anniversario dell’Unità d’Italia riunì gli italiani nella rielaborazione di una memoria comune. Quando, nel 1961, il Governo democristiano celebrò i primi cento anni di Unità, con la benedizione del Papa, che attribuì a un disegno della provvidenza e agli auspici della Chiesa l’unificazione degli italiani nella identità cattolica della nazione, alte si levarono le proteste degli italiani laici, liberali, radicali, comunisti, socialisti e neofascisti. Poi, iniziò una lunga stagione di oblio della nazione, negli anni più turbolenti della Prima Repubblica. Le feste della nazione divennero scialbi cerimoniali finché furono cancellate dalla memoria e dal calendario delle feste civili. Solo il 25 aprile continuò a infiammare periodicamente la guerra ideologica fra memorie contrapposte. La presenza in Italia del più forte partito neofascista d’Europa trasformò il 25 aprile, da evento storico della nazione, in una giornata di mobilitazione permanente dell’antifascismo militante, contro la minaccia di un fascismo perenne annidato ovunque, nella società e nello Stato.
Anticomunismo divenne sinonimo di fascismo. Poi finì la Guerra Fredda, il Partito comunista ripudiò il comunismo, ma il 25 aprile continuò a essere la giornata dell’antifascismo militante. Come avvenne il 25 aprile 1994, quando fu insediato il primo governo Berlusconi, del quale facevano parte anche membri del partito neofascista, diventato nel frattempo postfascista ripudiando il legame col fascismo. Poi, l’antifascismo militante declinò. E con esso la mobilitazione del 25 aprile.
La rianimazione delle feste nazionali, durante la presidenza di Carlo Azeglio Ciampi, ha forse rinnovato la popolarità di un rituale, ma è difficile dire se ha fondato una memoria nazionale comune. Qualcuno ha proposto di fondare la memoria nazionale su una storia comune condivisa. Ma ciò sarebbe possibile solo con una rimozione collettiva delle differenze fra i valori, i principi e gli ideali che hanno diviso gli italiani. Come dire: i combattenti per la libertà e i combattenti contro la libertà sono accomunati dal valore del combattimento, e questo basta a riconoscere la pari dignità dei loro principi e dei loro ideali. È difficile dire se una storia così concepita sarà mai scritta, sacrificando la verità storica sull’altare della memoria comune. Una verifica potrà essere fatta fra tre anni, quando gli italiani celebreranno i centocinquanta anni della nascita dello Stato nazionale.
Allora, forse, potremo scrivere un’altra pagina della nostra immaginaria “Storia d’Italia nel XXI secolo”.
Emilio Gentile



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COMMENTI (1)

Da  Renzomazzetti
Inviato il 24 aprile a 06:53
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IGNOMINIA Lo straniero non sapeva tutto di quei monti e di quelle colline non sapeva tutto di quelle pianure. Lo straniero si smarriva nei labirinti dei centri antichi non trovava gli sperduti paesini. Lo straniero non conosceva quel sentiero né il sicuro nascondiglio dove bambini giocarono e ragazzi si uccisero. Il fascio littorio Salò e le camicie nere furono barbarie e distruzione. Antigone salvò quei neri cadaveri dalla furia dei perseguitati assassinati nell'aldilà dove non si perdona. L'eterna oscurità detenga le spie e i servitori dei tiranni dannati nell'infernale pozzo dei traditori. Nessun civile perdono sia concesso al morto non uguale al morto solo rigoroso ricordo. Ancora sanguinano innocenti ferite e cumuli di coscienze tremanti testimonianze perenni per non ricadere nell'ignominia. -Renzo Mazzetti- CHE FINE HA FATTO IL DISEGNO DI LEGGE 1360 SULL'EQUIPARAZIONE? VA RITIRATO! !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!