Voglio ricordare questo 25 Aprile riportando tre ricordi della Resistenza. La memoria della battaglia di Porta San Paolo, primo grande slancio della resistenza italiana ai tedeschi invasori di Roma. L’Intervista a Sandro Pertini, uno dei protagonisti di quella battaglia ed infine la storia di Ughetto, un ragazzino romano ucciso in quel drammatico periodo storico.
La battaglia di Porta San Paolo, 10 settembre 1943:
L’operaio diciottenne Maurizio Cecati è colpito a morte mentre incita i suoi compagni alla lotta; il fruttivendolo Ricciotti, viene ucciso dove era accorso finito il lavoro ai mercati generali; mentre una scheggia condanna Raffaele Persichetti, professore di storia dell’arte al liceo classico «Visconti», prima medaglia d’oro della Resistenza. E’ la mattina del 10 settembre del 1943 e questi sono solo alcuni dei civili romani che muoiono durante uno degli episodi più drammatici ed eroici della Resistenza italiana: la battaglia di Porta San Paolo.
Il re Vittorio Emanuele III e il presidente Badoglio hanno già abbandonato la città, lasciando anche l’esercito allo sbando. Roma non è sola, i cittadini e i militari decidono insieme di difenderne la libertà. Così giovani, vecchi e molte donne si ritrovano a combattere fianco a fianco con i superstiti dei “Granatieri di Sardegna”, i Lancieri del battaglione “Genova Cavalleria” e alcuni reparti della divisione “Sassari”. La gente arriva nelle strade dell’Aventino spontaneamente e si lascia istruire dai rappresentanti dei partiti antifascisti. Nonostante la schiacciante superiorità numerica e d’armamento delle truppe tedesche comandate dal maresciallo Kesselring, il fronte così improvvisato riesce ad attestarsi lungo le mura di Porta San Paolo, innalzando barricate e facendosi scudo con le vetture dei tram rovesciate.
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Nelle vie intorno alla Piramide Cestia combattono anche Luigi Longo, Ugo La Malfa, Sandro Pertini e Bruno Buozzi. Nel primo pomeriggio la resistenza è travolta dai mezzi corazzati tedeschi e il capo di stato maggiore della Divisione «Centauro», Leandro Giaccone, firma la resa. La battaglia di Porta San Paolo è considerata il vero e proprio esordio della Resistenza italiana. Protagonisti sono i romani, che, nonostante la paura, scelgono la solidarietà antinazista contro l’indifferenza.
(Intervista a Sandro Pertini, 1975)
Quando sei entrato nella Resistenza?
A Porta S. Paolo, a Roma, il 9 settembre. C’ero io, Giuliano Vassalli, Peppino Graceva, Eugenio Colorni. Era una cosa commovente, la gente si armava con i sassi per fronteggiare i tedeschi.
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I tedeschi ti hanno condannato a morte. Quale episodio ricordi particolarmente in quei giorni di carcere?
A Regina Coeli era detenuto, tra i politici, Leone Ginzburg, lo scrittore e studioso antifascista. Lo vidi un attimo, “al passeggio”: il volto tumefatto dalle percosse, le labbra spaccate. Era stato interrogato dalle SS in via Tasso. “Volevano dei nomi”, mi disse, “ma non ho parlato”. Ma era un’altra cosa che gli stava a cuore e su cui aveva a lungo meditato: “guai a noi se domani sapremo dimenticare le nostre sofferenze, guai se della nostra condanna investiremo tutto il popolo tedesco. Dobbiamo distinguere tra il popolo e i nazisti. Se non sapremo farlo tutte le nostre sofferenze non saranno servite a nulla”.
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Il tuo momento più bello, alla Liberazione?
Nella Milano liberata, la notte. Ero stato al comando militare del CLN con Longo, il caro Valiani e altri. Ormai albeggiava e mi avviai verso la casa dove mi attendeva Carla, allora mia compagna, oggi mia moglie. Mi venne in mente tutto quello che avevo vissuto, la lotta iniziata a Savona, la condanna del Tribunale speciale e il mio grido: ”Viva il socialismo!”, la mia vita di operaio in Francia, la morte di Turati e Treves, l’incontro con Gramsci. Pensai di aver compiuto il mio dovere, di non essere vissuto invano.
Ughetto, ‘il ragazzo del Ponte’, il piccolo martire della Resistenza romana:
Roma, 5 giugno 1944 (primo giorno della Liberazione della città). Ugo Forno, Ughetto per tutti, ha dodici anni compiuti da un mese.
Ughetto, quella mattina del 5 giugno 1944, esce di casa presto; dice alla mamma che va da un amico, nello stesso palazzo; però ha deciso di andare incontro agli Alleati.
“Ugo era sereno girava tra le jeep dei soldati americani, aveva un paio di pantaloncini corti e una maglietta, con sé non aveva nulla”, ricorda un compagno delle elementari.
Successivamente Angiolo Bandinelli, che diverrà parlamentare radicale, lo vede in mezzo a delle persone tra via Ceresio e via Nemorense, mentre gridava: “C’è una battaglia, lassù oltre piazza Vescovio! Ci sono i tedeschi, resistono ancora”.
È allora che, assieme ad altri ragazzi, si dirige verso una grotta dove erano state nascoste delle armi abbandonate dai soldati, dopo l’8 settembre 1943, avviandosi poi verso una casa colonica, dove un gruppo di contadini sta mangiando. In modo deciso, Ugo Forno li informa che i tedeschi stanno minando il ponte ferroviario sull’Aniene.
Il gruppo di Ugo Forno, composto da suoi coetanei e rinforzato dai contadini, coglie di sorpresa i tedeschi che rispondono con la copertura di carri armati e di un reparto che sta fronteggiando gli americani che avanzano.
È uno scontro furioso. Ugo con i suoi sparano da dietro una casa colonica e sdraiati sopra un dosso. I guastatori capiscono che non faranno in tempo a concludere l’allaccio dell’esplosivo, così decidono di abbandonare l’operazione e iniziano a ritirarsi; operazione coperta da un mortaio. Un primo colpo raggiunge il figlio del proprietario dei terreni. Un altro è mortale per Ughetto che imbraccia un fucile alto quasi quanto lui. Alcuni partigiani, sopraggiunti in aiuto, avvolgeranno il piccolo eroe, ultima vittima della Resistenza Romana, nel tricolore.
fonti:
http://www.romacheverra.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=108%3Ai-romani-di-porta-san-paolo&Itemid=60
http://www.baresinelmondo.it/index.php/2013/04/24/ogni-giorno-ci-giocavamo-la-vita/
http://www.anpi.it/il-ragazzo-del-ponte/