25 novembre. ma noi lottiamo sempre.

Creato il 25 novembre 2014 da Barbaragiorgi @gattabarbara

OGGI E’ IL 25 NOVEMBRE. OGGI E’ LA GIORNATA INTERNAZIONALE  DELLA LOTTA ALLA VIOLENZA DI GENERE.

MOLT* SI RICORDANO DI QUESTO DRAMMA SOLO IL 25 NOVEMBRE.

MOLT* ALTR* NO:  SE NE RICORDANO OGNI SANTO GIORNO.

Io provo a parlarne sempre, con impegno, con testa e cuore: anche nei miei racconti e monologhi. Ho pensato quindi di dedicare a questa giornata un mio scritto: il racconto “FIAMMA E BASTA”, contenuto nel mio libro “EVA E ALTRI SILENZI”.

DEDICO QUESTO MIO RACCONTO:

- A TUTTE  LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA CHE LOTTANO OGNI GIORNO,

- ALLE OPERATRICI DEI CENTRI ANTIVIOLENZA,

- ALLE BLOGGER-GIORNALISTE-SCRITTRICI  CHE SI OCCUPANO DI DENUNCIARE  NEI MEDIA E NEI LORO SCRITTI QUESTO TERRIBILE CANCRO SOCIALE.

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Dal mio libro  “EVA  E  ALTRI SILENZI”,  il racconto “FIAMMA E BASTA” (violenza su un’adolescente).

“Fiamma di nome e di fatto.

Fiamma viva, come solo un’adolescente può esserlo.

Fiamma, rossa nei capelli e nelle idee ribelli. Fiamma menefreghista e spavalda per proteggersi dagli altri, dalle emozioni, dalla vita.

Fiamma e basta. O forse Fiamma e tutto il mondo. Però, quel mondo che le gira intorno ogni santo giorno, le sta proprio stretto, ma tanto tanto stretto. Troppo stretto.

“Hai rifatto il tuo letto? Hai mangiato lo yogurt  agli agrumi e cinquanta grammi di cereali? Hai preso le vitamine? Hai messo le chiavi nella borsa?”  le chiede la mattina la madre mentre lei è già fuori dalla porta di casa, davanti all’ascensore, pronta per andare a scuola. In mano, un libro per darsi un po’ di tono, per assumere l’aria della studentessa che usa quelle pagine all’occorrenza, ma che non ne avrebbe bisogno perché sa tutto della vita vera-vissuta-reale.

In borsa, qualche penna, un lucidalabbra, l’ultimo modello di cellulare che fa di tutto e di più, caramelle, sigarette e mille altre cose inutili.

“Sììì…” e Fiamma sibila sempre un “sì” prolungato nei secondi, come risposta utile e valida all’elenco completo delle domande materne.

Fiamma è uguale a tante altre adolescenti di quindici anni, con il viso da bambina e le forme da adulta.

Piccole donne in crescita che odiano le mestruazioni, ma si gonfiano e sollevano il seno in push-up, imitando le adulte.

Piccole donne con i pupazzi nel letto e le sigarette in tasca.

Piccole donne che sognano di diventare “qualcuno”, mentre lottano con un Io che le fa sentire un “nessuno”.

Fiamma è una di loro. Piccola, insicura, ancora bisognosa di attenzioni, ancora fragile e bambina.

Deve crescere, anche se è convinta di essere una donna fatta e finita, pure nel cervello.

Lei pensa di essere ormai grande perché ha fatto sesso. E lo ha fatto più volte.

Questo le fa credere di essere un’adulta, di aver raggiunto la maturità, di essere padrona di ogni sua emozione, di essere molto più in gamba di sua madre e di tutte quelle vecchie delle professoresse.

“Chissà da quanto non lo fanno! Acide! Sono acide e mi danno insufficiente perché sono invidiose. Io sono bella e loro no. Io sono piena di uomini e loro no. Sono vecchie… tutte vecchie e invidiose!”

E Fiamma crede che questa sia la libertà del suo sentirsi donna.

Avere più uomini di tutto l’universo femminile che la circonda.

Avere molti uomini è una sfida con se stessa e con le altre. La fa sentire migliore, la più brava: come in una gara a punti.

Chisseneimporta  se a scuola prende brutti voti: lei dà il meglio di sé nella vita vera. I voti più alti li ottiene da quei ragazzi che le dicono “bella”. Altro che insufficienze, altro che giudizi negativi.

A scuola nessuna ha raggiunto il suo target.

“Viola riesce a farsene tre il sabato pomeriggio nei bagni della discoteca. Giulia un po’ di più. Ma io sono quella che le batte tutte. Nessuna è richiesta come me!” e Fiamma ogni lunedì fa il resoconto alle amiche a scuola. Un bel gruppetto di ascolto per consolidare la sua fama di donna esperta. Di sesso, di uomini, di cose da grandi.

“Non ti fa schifo  andare con tutti quei ragazzi, uno dopo l’altro?” le chiede Gemma, la secchiona, quella “sfigata”, quella bruttina praticamente inesistente.

“Ma che dici! Schifo? Sono cose normalissime. Cose che fanno tutte, solo che io sono la più brava, la più tosta!”

“E ti piace?” domanda Gemma ogni volta che sente raccontare di prodezze sessuali consumate dentro servizi igienici e dentro auto nei parcheggi.

“Che parole grosse, Gemma! Boh… lo faccio e basta. Gli uomini sono tutti dei bambini: se ottengono ciò che vogliono, poi li hai in pugno. A volte mi fanno pure regali costosi. Guarda questo orologio! Tu non avrai mai regali così. Non puoi capire certe cose…”

Ma Gemma non è interessata a capire di più. Forse ha capito anche troppo e ogni volta scuote la testa e si allontana tra lo sghignazzare di Fiamma e delle altre “esperte di certe cose”.

A volte qualcuna prova a dire “a me non piace farlo”, ma sono timidi tentativi per tirarsi fuori da quel gioco al massacro dove il sesso è vissuto solo come forma di accettazione da parte degli altri. Per essere desiderate, benvolute. In pratica, per non essere delle escluse come Gemma.

“Quella è una sfigata!” dicono. Sì, Gemma è una sfigata che vive ai margini. Lei è catalogata come “brutta” e non è richiesta.

La ”selezione della specie” avviene soprattutto  nella grande vetrina del web.

Fiamma è una patita dei social: trova le sue “vittime” (come dice lei scherzando) proprio in rete. Le arrivano continue richieste di appuntamenti, di incontri. Non le bastano più gli amici di scuola: troppo infantili, troppo scontati.

Lei posta foto, inserisce video ed ecco che, come per magìa, arriva la valanga di  commenti di ragazzi e uomini. E Fiamma si sente viva, desiderata.

La rete dirama, la rete cattura.

Una ragnatela che risucchia chiunque cerchi di avvicinarsi.

Basta premere il dito sul tasto giusto e sei nel vortice, nel gorgo, nel girone infernale.

La rete propone, incanta, include. Nel positivo e nel negativo.

Servirebbe testa, servirebbe disincanto, servirebbe attenzione. Molta attenzione.

Ma è talmente bello cadere lì dentro, mostrare qualcosa di sé, sentirsi cercati-amati. Esistere. O almeno, credere di esistere.

“Eccomi. Sono lì. Quanti commenti, quanti messaggi! Tutti mi scrivono che sono bella. Che sono tosta!” così, Fiamma crede di dare un senso alla sua esistenza.

In questo modo, Fiamma ha trovato la sua via di fuga. Finalmente si sente viva.

Lei che a scuola prende insufficienze e si sente invisibile quando è seduta al suo banco.

Lei che deve mangiare lo yogurt e i cereali perchéfannotantobene, ma che poi si infila due dita in gola e vomita tutto per non ingrassare.

Lei che è la “gioia della mamma”,  che però non ha tempo per parlarle perché deve stare dietro a mille cose stressanti, come il divorzio recente e le iniezioni di botulino per le rughe.

Lei che di notte si mangia le unghie laccate di rosso, piangendo nel letto abbracciata ad un pupazzo scolorito a forma di gatto.

Fiamma deve sentirsi viva. Da qualche parte deve attingere la forza, l’energia.

Fiamma non può farsi schiacciare dal niente delle sue giornate, dalla solitudine di ore trascorse inutilmente. Momenti interminabili di  assenza, di nulla, di vuoto. Aspettando chissà cosa, chissà chi.

Ma sta arrivando quel sabato, quello atteso da tempo, perché si festeggia il compleanno di Viola.

Via con i preparativi per la festa in casa dell’amica. Via con la lista della spesa adatta a sfamare un reggimento. E tovaglie di carta colorata, musica, inviti postati nei social e diretti a chiunque, alcolici sottratti qua e là in casa o fatti acquistare dagli amici più grandi.

Cose che fanno parte della voglia di esagerare: quella normalissima, umanissima voglia di esagerare di ogni adolescente.

Con la magìa del segreto, della realtà nascosta agli adulti: quei nemici da tenere a bada, perché sempre così problematici, noiosi e lontani dalla vera felicità.

Sull’invito della festa di Viola, un sorta di evento creato online, si legge la scritta “esageriamo”.

E piovono commenti ed adesioni da parte di chiunque. Amici che invitano amici.

La potenza della rete: la varia umanità che comunica senza troppi problemi, senza troppi perché.

Fiamma sceglie con cura il suo vestito per la festa. La mamma le ha dato il bancomat e lei ha fatto da sola: ormai è grande e decide da sé come vestirsi e cosa comprare.

Bancomat in mano e via con gli acquisti, tanto nessuno le chiederà mai quanto denaro ha speso e dove lo ha speso.

Un abitino glam, un paio di scarpe firmatissime: tutto il necessario per sentirsi a posto davanti al mondo e appagata davanti allo specchio. Tutto il necessario per sentirsi bella.

“Viola, mille auguri! Arrivo tra poco!”

Un messaggio inviato in fretta, mentre acquista il regalo per l’amica. Un braccialetto. Firmato, di nota marca  anche quello, ovvio.

E con tutto questo “apparire”, con la maschera della donna più in gamba, Fiamma arriva alla festa con il suo scooter.

Sulla porta di ingresso del villino fuori città, alcuni seduti in giardino o sugli scalini di casa, altri appoggiati agli alberi: già si vedono ragazzi ubriachi.

“Ecco la Fiamma che infiamma!” le urla un ragazzo,  alzando la bottiglia di birra in segno di saluto.

Fiamma sorride, soddisfatta e sicura di sé.

Nessun genitore nei paraggi, neppure per sbaglio. Non sarebbe produttivo per la festa.

Le prime case di vicini sono ben lontane e quindi il divertimento è assicurato.

Fiamma entra, bacia Viola, le consegna il suo regalo.

“Ancora auguri. Ti ho regalato una cosa che ti piace tanto. Quando lo indosserai penserai a me…” e l’abbraccio è vero, forte, sincero e colmo di un affetto che entrambe condividono.

Non hanno segreti loro due. Non hanno muri.

Viola la prende per mano e le presenta subito un gruppo di ragazzi.

“Hanno saputo della mia festa!” dice Viola orgogliosa, come se la notizia fosse apparsa sulla prima pagina di un quotidiano nazionale.

Visi sconosciuti.

Visi che sorridono e ridono, probabilmente già alterati da bicchieri di alcool.

In quella sala elegante, ormai ridotta male e sporca di qualsiasi cosa, Fiamma saluta amici e persone mai viste. Anche qualche ragazzo un po’ troppo grande.

Ci sono bicchieri usati e bottiglie vuote ovunque: dentro i vasi di fiori, sulle mensole, sopra i mobili di radica, sui tappeti orientali.

Il cibo nei vassoi non è molto considerato: per divertirsi è meglio bere.

Poi.

Poi Fiamma non capisce. Cos’è successo?

Si rende solo conto di essere sdraiata sul letto della madre di Viola. Vede sul soffitto il lampadario a gocce di cristallo.

Sì, è in quella camera da letto antica che non le piace per niente, soffocante come il respiro del ragazzo su di lei.

Forse è uno dei ragazzi sconosciuti che le ha presentato Viola.

Forse.

Fiamma è sdraiata su quel letto rigido:  vede quel viso sopra di lei. E vede altri visi intorno. Anche visi conosciuti.

Anche amici di scuola.

Anche il ragazzo che in giardino le ha urlato “Fiamma che infiamma!”

Sente risate, sente frastuono.

C’è tanto rumore, troppo rumore.

Le viene da vomitare, sente l’alcool in bocca, sente le tempie che scoppiano.

Prova a scostare il ragazzo da sé, prova a dire “no”, prova ad urlare, prova a scuotere le spalle, prova a muoversi da quella posizione. Prova.

Ma sente se stessa pesante come un macigno: il suo corpo è  incollato su quel materasso. E la sua testa non funziona a dovere: la stanza, i visi, i mobili finiscono in una centrifuga di immagini.

Tutto gira intorno a lei, sfumando via colori e contorni. Tutto scompare.

Poi.

Poi Fiamma riapre gli occhi e vede la stanza vuota dalle presenze di prima.

Forse anche la sua testa è vuota. Talmente vuota che pian piano un unico pensiero, un’unica immagine la occupa tutta, invadendo ogni spazio. Come una macchia d’olio, quell’immagine si espande e Fiamma rivede quel viso di ragazzo sopra di sé.

Sente le gambe umide, alza la testa e riesce a vedere del sangue. C’è sangue su quel copriletto di seta e lei sente dolore al ventre, tanto dolore da toglierle il respiro.

E vede Viola, che piange disperata mentre le accarezza i capelli.

Ora Fiamma riesce a capire.

Capisce di essere il giocattolo di una situazione più grande di lei:  non è quella la libertà che inseguiva.

Il suo sangue sul copriletto è il trofeo di uno o più giocatori, il suo corpo umiliato ed offeso sarà un fardello da portarsi dietro per sempre, la sua anima tagliata in due non troverà facilmente la forza per affrontare tutto il “dopo”.

Dovrà  avere il coraggio di dire più volte a se stessa e a tante persone “non è colpa mia!”

Dovrà avere il coraggio della rabbia e della denuncia.

Dovrà avere il coraggio di non scegliere il silenzio.

Fiamma ora non è più una “tosta”.

Ora, è Fiamma e basta.”

Barbara Giorgi Copyright

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