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25/05/2015 - Il surriscaldamento climatico è più marcato in alta quota

Creato il 25 maggio 2015 da Orizzontenergia

"In molte regioni di alta quota si assiste davvero a un aumento delle temperature più rapido che nelle aree circostanti". 

Ad affermarlo un team internazionale di scienziati in un articolo pubblicato su Nature Climate Change.

Studiare i cambiamenti in corso alle alte quote non è facile” afferma Elisa Palazzi co-autrice dell’articolo e ricercatrice dell’Isac-Cnr, l'Istituto di scienze dell’atmosferaatmosfera
Involucro di gas e vapori che circonda la Terra, costituito prevalentemente da ossigeno e da azoto, che svolge un ruolo fondamentale per la vita delle specie, perché fa da schermo alle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole. Essa si estende per oltre 1000 km al di sopra della superficie terrestre ed è suddivisa in diversi strati: troposfera (fino a 15-20 chilometri), stratosfera (fino a 50-60 chilometri), ionosfera (fino a 800 chilometri) ed esosfera.
e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Torino

“Le montagne sono ambienti variegati, caratterizzati da una rapida alternanza di paesaggi e microclimi che rendono difficile acquisire una visione di insieme. I dati provenienti da queste regioni remote e di difficile accesso sono scarsi, talvolta inesistenti. Monitorarle in modo efficace è ancora molto dispendioso e costituisce una sfida scientifica e tecnologica importante”.

La densità di stazioni meteorologiche al di sopra dei 4.500m sopra il livello del mare è circa un decimo di quella nelle regioni sottostanti. Al di sopra dei 5.000m non sono disponibili serie storiche lunghe di dati osservati, cruciali per rilevare le tendenze climatiche: la più lunga oggi disponibile, sulla vetta del Kilimanjaro, è relativa a circa 10 anni, periodo troppo breve per stimare i trend.

Nonostante queste difficoltà e le incertezze, le misure disponibili indicano che in molte regioni di alta quota si assiste davvero a un aumento delle temperature più rapido che nelle aree circostanti”, prosegue la ricercatrice.

Con aspetti che per certi versi ricordano l'ambiente artico, le regioni montane d’alta quota sono infatti soggette a un riscaldamento spesso più intenso e più rapido di quello delle regioni circostanti, con possibili cambiamenti del ciclo idrologico e nella disponibilità di risorse idriche, perdita di biodiversità, possibile estinzione di alcune specie di flora e fauna.

“L’esempio più significativo è costituito dal Plateau Tibetano, l’altopiano più alto al mondo, comprendente gran parte della catena himalayana. Tra il 1961 e il 2012 si è assistito a un aumento continuo di temperatura di 0.3-0.4°C/decade, maggiore man mano che si sale di quota. Se valutato nel periodo più recente 1991-2012, il trend si attesta attorno a 0.7°C/decade al di sopra dei 4.000m e 0.3-0.4 sotto i 2500m”.

“Informazioni dettagliate sulle regioni montane permetterebbero di determinare con anticipo l’evoluzione prevedibile nei prossimi decenni e di preparare misure adeguate di prevenzione, adattamento e mitigazione. È quindi essenziale migliorare le capacità osservative sia con strumenti e reti di monitoraggio in quota sia da satellite, e affiancare alle misure simulazioni di modelli climatici ad alta risoluzione”, conclude Palazzi.

“Un obiettivo irraggiungibile senza finanziamenti adeguati e accordi e collaborazioni a livello internazionale”.

Il lavoro nasce nell’ambito di un’iniziativa internazionale chiamata Mountain Research Initiative finanziata dall’Agenzia nazionale svizzera.


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