Correva l’anno 2007. La ‘povna si stava riprendendo, dopo il 2006 horribilis, e trascorreva nella nuova-vecchia scuola molto tempo, in compagnia di Snape. Quello era l’anno dei Cuccioli. Che insieme loro due avevano iniziato a guidare di buon passo, inaugurando quella marcia che avrebbe portato a una trama complicata e splendida, e svolazzi nel prefabbricato a tutte le ore del giorno (e della notte), e treni, e biciclette; e molte righe.
Per il giorno della memoria, la ‘povna aveva preparato un collage di citazioni da libri che riteneva adatti. E, radunatisi in classe, tutti insieme le commentarono a lungo, trovando piano piano osservazioni belle e molti spunti di meditazione. Poi, in occasione di una mostra, fu chiesto lorodi mettere le riflessioni in forma scritta, commentandole. Tra i Cuccioli c’era (indimenticabile) Sorriso Tondo. Che, solo di fronte al foglio bianco, prese a scrivere di getto, fitto fitto. Un testo che la ‘povna ha conservato, orgogliosa, per tutti questi anni. E che, più o meno, fa così.
Un giorno in una scuola di poeti e scrittori un ragazzo veniva sottoposto ad un esame di ammissione al secondo anno; secondo le idee del fondatore della scuola, un vero poeta e scrittore deve saper intuire le idee dei suoi coetanei e per questo l’esame consisteva nella spiegazione di alcuni testi, in questo caso riguardanti la Shoah, perché si era vicini al Giorno della Memoria, 27 gennaio.
Esaminatore: «Una danza meccanica. Uno scheletro di donna che danza. I piedi sono piccoli, magri e nudi nella neve. Ci sono degli scheletri vivi e che danzano».
Esaminato: «Un treno senza ritorno. Charlotte Delbo in questo testo vuole descrivere le persone vive che danzano, ma che sono in pratica dei morti che camminano, perché stanno andando per non tornare». Il ragazzo fece appello alla sua memoria e infine disse: «Come Dead Man Walking…». L’esaminatore lo interruppe: voleva evitare che il ragazzo sforasse; e disse: «Un’altra parte che ti ha colpito?» «Ce ne sono tante, di parti che mi hanno colpito, ma la parte che ha più o meno lo stesso significato è quella che comincia dicendo che “C’è una stazione dove coloro che arrivano sono coloro che partono…” e che finisce «Nessuna di noi tornerà. Nessuna di noi sarebbe dovuta tornare».
«Bene, spiegamela», disse l’esaminatore.
«Beh, il succo è lo stesso, il concetto dell’andare e non tornare. Ma in più dice che nessuno doveva tornare; se è tornato è perché ha preso qualcosa che non gli spettava: un pezzo di pane che non era suo, una coperta che non era la sua… Insomma, aveva contribuito alla morte di altre persone».
«Bene!», disse l’esaminatore, che si lasciò sfuggire un sorriso di contentezza; fu un attimo, ma il ragazzo lo intercettò e ricambiò.
L’esaminatore disse: «”Il bacillo della peste non muore né scompare mai, può restare per decine di anni addormentato nei mobili e nella biancheria, aspetta pazientemente nelle camere, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle cartacce e forse verrà il giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste sveglierà i suoi topi per mandarli a morire in una città felice”. Che cosa ti viene in mente?».
«Oh, è semplice, in questa citazione la peste viene paragonata al sentimento razzista che è in ognuno di noi e che si manifesta in modo discontinuo, come dice anche Primo Levi».
«Riguardo a Primo Levi, cosa mi sai dire?», disse l’esaminatore.
«Di Primo Levi mi ricordo bene la poesia Se questo è un uomo, nella quale sottolinea come sono trattati gli internati, e se si può considerare un uomo una persona trattata così; e anche le casacche che indossano: reprimevano loro anche la fantasia. Questo concetto è ribadito anche nella canzone Auschwitz e, se mi permette un commento…». Il ragazzo si fermò e riprese fiato, ma era solo un modo per trattenere la rabbia che provava nei confronti dei nazisti; e disse: «Sono inorridito!».
Con questo post la ‘povna partecipa, come da tradizione, al Venerdì del libro di Homemademamma, proponendo (attraverso i link) una scelta di letture per non dimenticare.