Schegge di paura. Tessere di un mosaico o di un puzzle che mostrano piccoli indizi. Le prime pagine di 27 ossa, attesissimo nuovo libro della regina del noir italiano, Diana Lama, si presentano così: l'autrice dispensa infatti, con il lanternino, squarci di luce soffusa su una trama fitta, oscura, complessa, che fatica a districarsi tenendo avvinto ai vari capitoli un lettore in attesa di essere finalmente illuminato.
L'originale innovazione di aggiungere, nel titolare i vari paragrafi, alla normale numerazione i nomi dei personaggi in quel momento sotto i riflettori, permette di seguire l'evolversi della vicenda con un minimo di ordine, da dentro, entrando da subito nella testa e nel cuore dei protagonisti, che sono, in tal modo, seguiti nel loro evolversi che non è mai fine a sé stesso, ma propedeutico alla definizione del proprio ruolo all'interno del disegno generale.
Ricetta vincente non si modifica nei suoi ingredienti base, ma si fa, piuttosto, evolvere. Dopo le sue precedenti esperienze narrative, la scrittrice napoletana si diverte, in questa sua nuova fatica, a nascondere gli elementi importanti e rilevatori in un mare di informazioni, sparse qua e là, che servono, a seconda dei casi, ad instradare oppure a sviare il lettore dalla retta via, una via che dovrebbe portarlo alla comprensione dell'ordìto, e, trattandosi di un thriller, all'identificazione dell'assassino.
La Lama sembra quasi giocare con i suoi personaggi, tentando di rivestirli di fisionomie precise, di personalità definite, ma all'interno di una profonda instabilità psicologica che rende ognuno di essi volubile, insicuro, ideale, dunque, tanto per il ruolo di carnefice che di vittima.
I vari Capece, Barbara, Carola, Andrea, Eleonora, Gloria, Giada, Matteo, Max, Leonardo, Clemmi, Concetta, Cicia, Palladio si muovono così in un contesto apparentemente disarticolato, inizialmente in modo talmente indefinibile da non capire se si è di fronte a vere azioni, contestualizzate nella realtà, o non piuttosto a sogni o a situazioni frutto di pura immaginazione e fantasia, spingendo il lettore su arditi sentieri che spesso finiscono per essere senza uscita.
La tecnica narrativa, sempre supportata da uno stile asciutto ed essenziale, che scava nella mente dei vari attori, ma tutt'altro che semplice e scorrevole, è funzionale all'esigenza di rendere la matassa sempre più ingarbugliata ed il ritmo sempre più incalzante.
Dopo la misteriosa, quasi viva, Villa Camerelle di Solo tra ragazze, la costiera del Cilento, animata d'estate di feste e turisti, di La sirena sotto le alghe, e la Napoli, natalizia e pulsante di vita, di L'anatomista, in 27 ossa si torna in un capoluogo campano caotico e misterioso (quello per intenderci di cisterne, cunicoli, catacombe e cimiteri nascosti), che ha nel lussuoso Condominio Badenmajer, mix mal riuscito di neogotico e barocco, lo sfondo che si erge ad inquietante coprotagonista della storia.
Nel bosco di Capodimonte, a Napoli, circondato dall'ombra di alberi secolari, sorge dunque il Condominio Badenmajer, un palazzo dalla fama sinistra popolato da centinaia di inquilini. L'architetto austriaco che lo ha progettato è morto suicida ed i sotterranei dell'edificio, luoghi bui e spettrali, ospitavano un tempo un manicomio femminile. Ad accrescere l'inquietudine del luogo contribuisce la scomparsa di alcune donne: persone sole, senza legami, o di passaggio in città e la cui assenza non è stata notata. Solo Gloria, misteriosa ragazza, instabile e claustrofobica, si è resa conto che sta succedendo qualcosa di strano, e farnetica di scene raccapriccianti che accadrebbero nel grande complesso; ma la giovane viene considerata poco attendibile da molti, pazza da quasi tutti.
E poi c'è Andrea, poliziotta sospesa dal servizio per aver ucciso il serial killer a cui dava la caccia, per nulla convinta che quel caso sia davvero chiuso e che, quando le cose iniziano a precipitare, nel momento cioè in cui, in varie zone della città, vengono rinvenuti arti femminili, inizia a indagare per conto proprio, e contro le direttive del suo superiore ed ex amante, il Capitano. Gli indizi che segue la conducono inaspettatamente nel luogo in cui vive, e, a quel punto, ad Andrea non rimane che immergersi nel passato del Condominio Badenmajer, per scoprire cosa si nasconda davvero nelle sue viscere.
Senza quasi rendersene conto il lettore viene risucchiato anch'esso nel condominio, quasi sequestrato, nei suoi spogli corridoi, illuminati con neon che diffondono luci fioche e fasulle, fredde ed inanimate, e nei suoi inquietanti sotterranei, in cui il mistero si infittisce ed il male si autoalimenta grazie alle paure e alle insicurezze degli inquilini.
Se negli altri romanzi della scrittrice c'era "soltanto" un serial killer cui dare la caccia, questa volta, oltre ad un efferato assassino da scoprire, entrano in gioco anche elementi esoterici, religiosi e demoniaci.
La strana serie di sparizioni, e di omicidi, segue difatti un rituale oscuro, che solo nel finale si rende manifesto ai protagonisti come a chi legge, non facendo però venire meno quel modo tutto originale della Lama di scoprire le carte in tavola regalando una sequela di colpi di scena, che, con un ritmo che non concede respiro, ci mostrano il presunto colpevole.
Eh sì, presunto perché solo poche pagine dopo, quando già il lettore sta mentalmente tirando la somma degli indizi che aveva raccolto qua e là, facendo increspare le labbra in un abbozzo di sorriso (della serie: l'avevo immaginato che era lui!), arriva un nuovo colpo di scena e, poi, finalmente, il disvelamento dell'inevitabile ed inimmaginabile verità, quella sconvolgente e definitiva.
Le 27 ossa del titolo sono quelle che ci sono in una mano, ma il narrato si occupa, senza nulla tralasciare, senza fare sconti, quasi spietatamente, di scandagliare la psiche umana nelle sue varie componenti, nella formazione dei suoi processi logici, nell'aberrante deragliamento dalla "normalità".
Non ci sono personaggi cristallini, completamente buoni o completamente cattivi, bianchi o neri, ci sono invece infinite sfumature di grigio che Diana Lama si sforza di armonizzare riconducendole in unicum credibile ed accettabile.
Ancora una volta la signora "nostrana" del noir ha fatto centro: le 380 pagine del libro ti prendono poco a poco, tenendo sempre desta l'attenzione e facendo accrescere la curiosità che sale, gradualmente, fino a catturarti definitivamente. Sarà stato per il gran caldo, ma la notte, dopo aver divorato gli ultimi capitoli, è stata inquieta ed insonne, popolata da figure e segni semplicemente inquietanti.