Questo bus devo averlo preso un milione di volte…andate, ritorni, pieno e maleodorante, vuoto e traballante come adesso. Vuoto dentro com’era vuoto fuori alla fermata, io e il vento…e un sacco di freddo nonostante il sole splendente e l’azzurro da cartolina…tutto un bluff ma forse è proprio colpa sua…il vento, freddo…e questa tuta che lascia passare troppi fili d’aria…chissà poi se ha un nome questo vento…non sembra popolo che dia nome a queste cose quello che mi sta attorno, non sembrano interessati…e non sembrano interessanti…il vento è vento come gli alberi sono alberi e i pesci sono pesci e le persone invisibili…invisibili come il vento. La città è deserta e tu ti immagini tutti dentro bar alla moda a innalzare calici e mostrare candida ceramica orale che li dentro sono tutti amici e tutti stanno bene ma passo davanti al ‘Lounge’ e ‘Free time’ e ‘Socrate’ e quasi non c’è nessuno ma forse è presto e forse io non guardo con attenzione le vite degli altri…sono di corsa…vestito in tuta che corre per la città, verso la scala, l’unico posto che al momento ha un’anima anche se temporanea e illusoria mentre il resto lo trasformo in scie sfocate in vista periferica.
Questa città non la sopporto più…le piazze, le strade, i locali e i parcheggi a 1.20€ all’ora…e gli impegni e il cielo, le luminarie e questo autobus puzzolente che a notte fonda si riempie di emarginati…non sopporto più l’odore di cioccolato che si mischia alla birra nell’aria la sera e il recinto in cui hanno messo il paese e le macchine parcheggiate davanti al cancello, gli appartamenti da 50 metri quadrati a 500 euro al mese, le grate alle finestre per i ladri di giorno, i lavori da dieci ore sotto neon gelidi, le strade che non ricordo, gli inverni infiniti, i vestiti alla moda, gli sguardi da un altro mondo, i vicini che non ti salutano…le persone…e questo vento ostile e freddo mentre l’unico che sento mio è il maestrale che spazza il mare e le spiagge e porta ginepro e timo e corbezzolo…non lo sopporto più questo vento senza nome e queste strade senza nome e queste luci fredde tutte attorno che illuminano a spettro questa città che non sa nemmeno come mi chiamo e che forse mai mi ha dato un nome.
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