Magazine Diario personale

275° giorno – Ciao Microchippy

Da Ayertosco

Alle 5 di mattina sento mio padre che si alza e va in cucina, poi torna.

“È vivo?” gli faccio
“No…”

…e mi ritrovo a piangere come un bambino, anche per tutta questa notte tormentata in cui cercavo di incastrare i pezzi del puzzle del ‘domani’ sempre evitando di alzarmi per andare a controllare se fosse ancora vivo…cosi…per paura. Mi giravo nel letto pensando a come avvolgere la gabbia l’indomani per non fare entrare freddo, dove lasciare la macchina per andare dal veterinario, a che ora chiamarlo…ma in realtà inconsciamente sapevo…sapevo appena Microchippy si è messo a dormire sul fondo della gabbietta che non c’era già più niente da fare e tutte le idee di una voliera e una canarina da compagnia e forse anche liberarlo la prossima estate sono sparite di colpo e forse sbaglio a renderlo cosi tanto umano e cosi poco animale ma quando ogni tanto gli parlavo ero convinto che ascoltasse davvero tutti i miei progetti.

Mi alzo, che la vita deve continuare e non aspetta e c’è la gabbietta vuota vicino alla porta di casa…chiedo a mio padre dove  ha messo il corpo e lui mi risponde “nella terra…li fuori” e anche lui ha la voce quasi rotta dalla commozione e io mio padre commosso forse non l’ho mai visto quindi non dico altro e lo lascio seduto in sala. Mangio ma la tazza di latte la lascio a metà, nel tragitto casa-ditta non metto nemmeno gli auricolari e mi ritrovo solo ad osservare gli uccelli che volano tra i rami mentre poi, a lavoro, passano le ore e mi sembra di stare in un film a moviola…non sto combinando nulla, penso e ripenso e mi sento solo parecchio colpevole perché non ho fatto abbastanza…che ‘Se…’ e ‘Ma…’ e se fossi subito andato dal veterinario allora Chippy sarebbe già guarito e zampettante e tutti mi dicono “Non ci puoi fare nulla” ed “Era già troppo tardi” e mi dico che magari hanno davvero ragione loro e sono io che sbaglio ma non lo accetto ancora…lo capirò più avanti spero…ma non capiscono che quello che mi tormenta, non è il fatto della morte di un esserino a cui ero legatissimo…è il sapere che è morto nel buio di una cucina, di notte e da solo…e mi dispiace troppo anche perché sono conscio della libertà che DOVEVA avere e non ha avuto…e visto quanto ho negato ad un essere senza colpe e puro, il minimo che si DOVEVA a Chippy era fare il possibile perché stesse bene, il più a lungo possibile…che si dovrebbe almeno morire al sole e chiudere gli occhi perché c’è troppa luce e non farlo nel nero più nero.

Ma non ci sono riuscito.

L’aver fallito…questo mi tormenta…l’aver fallito.


Tagged: amore, blog, diario, futuro, microchippy, morte, tristezza

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