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28) Racconto: Primavera a Parigi

Da Angivisal84

Primavera a Parigidi Camilla Demontis Creatura: Furia28) Racconto: Primavera a Parigi
Disteso su una panchina, con la testa svuotata dal sole di Parigi quel tanto che bastava per non pensare, Chester Fitzpatrick si beava di quella giornata primaverile. D’improvviso inghiottito dall’ombra, si scrutò con aria indagatrice i palmi delle mani per poi nascondersele frettolosamente in tasca. Il sole si liberò dalla stretta delle nuvole continuando a splendere, e la sua mente riprese a galleggiare, quando gli occhi, gli si spalancarono fulminei esaminando tutto il Champ de Mars, parco e regno della Tour Eiffel. Accanto ad una colorata giostra di cavalli, una bimba di circa 8 anni esplose in una sonora risata mentre suo padre la contemplava. Quel suono strozzò il cuore di Chester; lo sguardo si inchiodò al palloncino che la bimba teneva in mano, era dello stesso colore della luna. Giunto dinanzi al chiosco di palloncini ne chiese uno, ignorando la nausea. Una luna in miniatura prese a danzargli davanti, legata al filo di cotone. Chester s’impietrì. <<Se il colore non le piace può cambiarlo!>>la ragazza dal viso di porcellana gli sorrise, sollevando gli zigomi alti che ridussero gli splendidi occhi dorati a due fessure; i capelli biondo cenere le ricadevano lunghi e vaporosi sulle spalle. Chester si passò nervosamente una mano tra i capelli scuri e rispose: <<Questo è perfetto>>le gettò una breve e distratta occhiata e si allontanò. Avvolto nell’oscurità, Chester fissò per ore il soffitto della sua camera d’albergo, quando improvvisamente i suoi occhi si sentirono attirati da un’ambigua ombra sul muro. Di colpo si paralizzò e l’ombra, senza acquisire ne volume ne lineamenti, si avvicinò in una serie di fotogrammi frapposti e sfocati. Suo malgrado, gli tenne gli occhi incollati. L’ombra avanzò ad una velocità inumana ma un attimo prima di inghiottirlo nelle sue tenebre sparì, liberandolo da quella morsa invisibile. Scioccato, Chester accese la luce, si prese il capo fra le mani e pianse sino al sorgere del sole. Le giornate divennero presto incubi che prendevano forma la notte, sgretolandogli il cuore ogni attimo di più. <<Salve Chester! Sono la Dottoressa Tiphanie Revengee, ma chiamami Tiphanie, siamo quasi coetanei>>la psichiatra fissò Chester, nonostante lui non le prestasse attenzione<<Come ma sei qui?>> Le orribili visioni e il senso d’impotenza avevano spinto Chester a rivolgersi ad uno psichiatra, ma nonostante tutto non riuscì ad aprir bocca. <<Ho letto dalla tua scheda che vieni dal Galles! Sei qui con la tua famiglia? Parlami un po’ di te, di loro>> Tiphanie lo vide tremare e si affrettò ad aggiungere<<Sta tranquillo, sarà una semplice chiacchierata>> <<Mia madre è morta di leucemia 4 anni fa>>sussurrò<<E da allora siamo stati solo io, Polly e…mio padre>> <<Polly è?>> <<La mia sorellina di 8 anni>> <<Non è facile superare la morte di un familiare, ma per fortuna non sei solo>>sorrise<<Hai Polly e tuo padre! Non chiuderti nel tuo dolore o finirai per trascurarli irrimediabilmente>> Chester deglutì. <<Ma tu non lo permetteresti mai. Dico bene?!>> I 50 minuti della seduta volarono via e Chester con occhi vitrei si diresse verso l’uscita ma una voce tagliente e sensuale lo ritrascinò alla realtà. Si voltò e i suoi occhi trovarono quelli azzurri e glaciali della segretaria che lo incitò ad avvicinarsi. Aveva lineamenti attraenti e spigolosi, labbra piene e folti riccioli neri. <<Devo prenotarle la prossima seduta…lei è il signor Fitzpatrik Charls, giusto?!>>lo sguardo della signorina Meagan Envye lo schiacciò. <<Chester! Non Charls!>>le ruggì contrò. Il sonno parve sfiorarlo dopo ore di veglia, quando si sentì sussurrare all’orecchio: <<Gli assassini bruciano all’inferno>> L’ombra avvolta dal talare, distesa al suo fianco, era consistente e fisica. Chester cacciò un grido e si ritrovò solo. <<Sai di aver infranto una delle leggi più antiche al mondo?>>disse Tiphanie<L’antichissima legge del Genos tutela i legami tra consanguinei e tu, uccidendo tuo padre ti sei macchiato del peggiore dei delitti>> A lui non importava un bel niente della legge del Genos ne si pentiva di ciò che aveva fatto, si sentiva invece logorare il cuore dalla consapevolezza di aver permesso che Polly subisse l’inferno. <<Come ti fa sentire esser un assassino? Lui si chiamava?>> <<Charls…>>sospirò. <<Io credo che quell’ombra incappucciata sia la forma che tu vuoi dare al rimorso che seppellisci nel cuore>> Chester la guardò prima che la verità lo investisse come un uragano. <<Ti senti un eroe per aver vendicato Polly? Io non credo. Forse in fondo al cuore sai di non esser tanto diverso da tuo padre; lui era un criminale come lo sei tu ora>> Un assurdo senso di colpa prese a scorrergli nelle vene, impregnando completamente di esso anche il cuore. Chester passeggiava lungo la riva della Senna, avvolto dall’inquietudine, nonostante la primavera baciasse Parigi. Dinanzi a lui il chioschetto dei palloncini. <<Uno, grazie>>disse con sguardo lontano. <<Ciao Chester!>>due occhi dorati lo fissarono<<Ti va di ammirare la città dalla Tour Eiffel?>>chiese Tiphanie con un tenue sorriso. A 300 metri da terra Chester si sentì smorzare il fiato dalla terribile corrente. <<E’ stato dal giorno in cui mi hai dato il palloncino che ho iniziato ad avere le visioni. Esattamente un giorno dopo aver…>>esitò. <<Ucciso tuo padre!>>Tiphanie gli completò la frase<<Non aver paura di dirlo, Chester! Hai avuto il coraggio di farlo>> Con gli occhi volti dinanzi disse<<Polly da frizzante ed intelligente divenne solitaria e apatica. Quando sentivo le sue grida nel cuore della notte mi alzavo ma lui arrivava sempre prima, “ci penso io a lei” mi diceva. Le regalai un palloncino e quella stessa notte, urla incessanti mi trascinarono in camera sua. Lo vidi riabbottonarsi goffamente i jeans mentre Polly distesa sul suo lettino fissava immobile il soffitto. Il palloncino perlato intriso di sangue fu l’ultima cosa che vidi dopo aver finito mio padre a colpi di mazza da baseball. Poi svenni in quella camera, rimanendo l’unico ancora in vita>> Tiphanie gli sfiorò una guancia<<Non hai mai pensato di metter fine alla tua vita, dopo averne spento tu stesso una scavalcando gli dei?>> Chester s’irrigidì. <<E’ giusto che tu muoia!>> Quelle parole acide parvero fuoriuscire dalla bocca di una vecchia, Chester spaventato si voltò di scatto trovandosi di fianco l’orribile talare nero intento a godersi il panorama. Il ragazzo arretrò; non era più un incubo, era sicuro di poterla toccare se solo ne avesse avuto il coraggio. Terrorizzato, scattò all’indietro, ma la tunica con una sola falcata gli fu alle spalle; una mano ossuta e con artigli affilati gli agguantò un braccio e lo costrinse a guardarla. La creatura si scoprì lentamente il capo, mostrando un viso deformato e mortificato da una vecchiaia esagerata, la pelle era cadente e la testa pullulava di serpenti color crema. Come capelli carezzarono, sibilando, il viso del mostro e quello di Chester, che sussurrò: <<Tiphanie>> La creatura sbatté teatralmente le ciglia, facendo brillare gli occhi dorati e scoppiando in una risatina inquietante. <<Il rimorso che turbava il mio sonno…Lasciami in pace!>>gridò disperato. La creatura si strappò di dosso la lunga tunica nera lasciando scoperto un corpo nudo e avvizzito, appesantito da putride ali nere. <<Non posso, Chester! E sai perché? Perché sono stata generata dallo spirito del rimorso, ho lasciato l’Erebo e son salita sulla terra avvolta dalla nebbia per rodere il cuore dei colpevoli, il tuo cuore. Sono una Furia! Credevi di poter punire gli uomini per i loro errori? Ti sei innalzato al livello degli dei, infrangendo la più antica delle leggi e ora che il tuo cuore è stato fatto a brandelli dal rimorso, che io stessa ho accuratamente fatto annidare, restituisco agli dei la vita che tu hai osato prenderti>> La Furia si passò volgarmente la lingua serpentina sulle labbra secche e scaraventando Chester contro il ballatoio gli fece battere violentemente la testa. Sentì due mani scheletriche soffocarlo e la nausea impadronirsi di lui mentre la vista calava vertiginosamente. Era questo ciò che aveva provato Polly, poco prima che lui irrompesse nella sua cameretta? Se così fosse, sperò di morir presto, avrebbe significato che lei non aveva sofferto troppo. Pesanti lacrime colmarono i suoi occhi scuri al ricordo di quel giorno. D’improvviso Chester sentì la morsa sul suo collo allentarsi; la vista si schiarì e mise a fuoco la bellissima ragazza dagli occhi di sole, che lo scrutava in silenzio. Chester stringendole i polsi sussurrò: <<Perché ti sei fermata?>>le guance irrorate di lacrime<<Questa vita sudicia di perfidia e senso di colpa non è più la mia…riprenditela>> <<Il tuo cuore non è cattivo>>disse Tiphanie<<I malvagi implorano pietà dinanzi alla morte, non la accolgono a braccia aperte>> <<Ho massacrato mio padre sino a spegnerlo e questo fa di me una persona immeritevole della stessa vita che io ho osato negare>> Tiphanie gli asciugò amorevolmente le lacrime. Avvicinò le morbide labbra alle sue e prima di annegare in quel bacio, gli sussurrò: <<Il tuo cuore esplode d’amore per Polly, non vi può essere spazio per vendetta e malignità>> Le loro labbra si mossero all’unisono, in una danza eterna e soave. Tiphanie affondò le mani nei capelli di Chester, dimenticando il suo ruolo nel mondo; come poteva lasciare che un cuore tanto puro venisse tumefatto dal rimorso?! Una risata agghiacciante riecheggiò in tutta la torre e i due, strappati al bacio si costrinsero a concedere piena attenzione alla ragazza dai voluminosi riccioli neri e gli occhi di cielo che irrompendo, recitò platealmente: <<Ho sempre amato i lieto fine>>mimò un cuore con le mani e disse<<L’amour prima di tutto, no?>> <<Meagan…>>la interruppe decisa Tiphanie<<Non è un criminale>> Meagan, fissando entrambi scosse affabile il capo<<Sbagliato!>> Con un grido stridulo inarcò la schiena e due disgustose ali nere gliela squarciarono, il bel viso si deformò assumendo le fattezze di una vecchia e i riccioli neri presero ad intrecciarsi tra loro divenendo serpenti neri e squamosi. Con folgorante rapidità di movimento li sovrastò entrambi, artigliò il braccio di Tiphanie e le intimò di allontanarsi, ma lei la ignorò. <<Non osare contraddirmi>>le sibilò Meagan scaraventandola lontano. Come un’aquila si accovacciò sul ballatoio e affondando gli artigli affilati nel morbido collo di Chester, lo attirò a se. Nonostante il dolore lancinante e la mancanza d’aria, lui non slacciò mai gli occhi da quelli di Tiphanie che sbraitò isterica: <<Lascialo stare!>> Meagan si voltò, facendo ondeggiare le serpi e con voce tagliente decretò: <<Il lavoro è lavoro, bellezza! Non devi mai scordarti per quale motivo abbandoniamo le nostre gabbie nel regno dei morti e chi siamo!>> Meagan sentì l’invidia parlare per lei e non lo spirito d’onore verso gli dei; più avvertiva negli occhi di Chester il bisogno di Tiphanie, più il suo cuore pompava veleno.Lei non desiderava altro che il suo amore, ma lui ripugnò la sua vera natura; lei cuore d’odio, invidia e tenebre non sopportò il rifiuto da un essere inferiore e fu così che 200 anni prima, Meagan in preda all’ira più nera si strappò dal capo una delle tante serpi, la scagliò contro il pastore Citerone di cui si invaghì e lo guardò morire”. La Furia dagli occhi di cielo avvicinò Chester a se, gli stampò un sadico bacio della morte sulle labbra e lo scaraventò sul duro e freddo suolo, sottostante la Tour Eiffel. Tiphanie strozzò un grido d’orrore e una piccola lacrima le si depositò all’apice dell’occhio. Il corpo esanime di Chester riposò su una scura pozza di sangue. Le due Furie, entrambe sotto mentite spoglie, se ne stettero in silenzio ad ammirare il favoloso spettacolo offerto dalla città. L’aria era frizzante e il sole brillava fiero, incurante dei drammi del mondo. Meagan inspirò affondo quella dolce atmosfera e posando lo sguardo su Tiphanie disse: <<Adoro la primavera a Parigi>>.

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