2° parte
Film in concorso
50/50 (Usa 2011)
Regia: Jonathan Levine
ad un giovane ragazzo (J.G.Levitt) viene diagnosticata una rara forma di cancro, affronterà la terapia con il sostegno del suo migliore amico (Seth Rogen) della mamma apprensiva (Angelica Houston) e della psicologa (Anna Kendrick).
Terzo lungometraggio del 35enne newyorkese Levine - dopo All the boys love Mandy Lane e The Wackness - nonostante il temadrammatico il film ha i toni della commedia con momenti molto toccanti e altri molto divertenti, Seth Rogenvulcanico e lungimirante si conferma un
bravo attore e soprattutto un acuto produttore. Il film - che ha ricevuto il premio del pubblico - è già doppiato e pronto per la distribuzione nei circuiti commerciali (peccato per la voce italiana di Seth Rogen che non restituisce il vocione originale del simpatico attore).
Jonathan Levine al termine della proiezione racconta come sono andate le cose riguardo alla storia e alla produzione:
si tratta di un momento autobiografico dell’autore dello script, Will Reiser, che si ammalò di cancro all’età di 20 anni, a quel
tempo il suo miglior amico era proprio Seth Rogen il quale in seguito incoraggiò lo stesso Reiser a scrivere della sua esperienza. Grazie alla presenza di Seth Rogen nel progetto relativamente low budget è stato più facile trovare i soldi e fare il film.
Sul film:
il regista afferma che non è stato poi così difficile come poteva sembrare trovare un equilibrio tra l’aspetto drammatico e quello più leggero, perché è qualcosa che rispecchia comunque la vita reale. Negli states c’è un po’ la tendenza a realizzare o un film triste o una commedia, a Levine invece è piaciuto combinare questi due elementi, affrontare un tema drammatico e parlare di cose tristi in modo divertente. Nello script inoltre era già presente l’equilibrio tra dramma e aspetti comici e c’è stato unincontro di affinità tra lui, Seth Rogen e Will Reiser con i quali all’inizio del progetto hanno discusso dei film di Hal Ashby, Cameron Crowe e James Brooks che avevano già affrontato e realizzato ottimamente le stesse idee.
Sulla location:
Il film ambientato a Seattle è stato in realtà girato a Vancouver per ragioni economiche. La scelta iniziale di ambientare la storia aL.A. - l’idea era quella di creare un forte contrasto tra la condizione di profonda tristezza del protagonista e una città luminosa e calda in cui splende sempre il sole - è stata abbandonata per evitare confronti con“Funny people”di Judd Appatow, un film il cui soggetto è simile a 50/50 e in cui Seth Rogen è di nuovo co-protagonista. Inoltre hanno optato per Seattle perché c’è un interessante fermento culturale e lavorativo giovanile che creava senso con la storia.
Su Angelica Houston:
la adora da sempre e in particolare per il suo lavoro con Wes Anderson - i Tenenbaum e The Life Aquatic - in questo ha portato molto di se stessa a causa del suo recente lutto - suo marito è morto sei mesi prima dell’inizio delle riprese - come regista è stato straordinario averla sul set per il contributo che ha dato al film sia dal punto di vista umano che professionale,per le emozioni che ha saputo esprimere e per gli aneddoti su suo padre (John Houston) che spesso raccontava.
Parsec
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GANJEUNG (Corea del Sud 2010)
Regia: Park Su-min
Un ex poliziotto è ossessionato dal suo passato di torturatore di comunisti.
Per trovare conforto, grazie all'aiuto di una donna, cerca di avvicinarsi alla fede. Tutti i suoi sforzi si riveleranno inutili, specie quando la sua amica verrà assassinata dal giovane nipote.
Sofferenza interiore, voglia di riappacificazione, desiderio di pace.
Il regista sa bilanciare con maestria momenti delicati e passaggi ruvidi e violenti come nella migliore tradizione coreana.
A Park Su-min non importa riflettere sull’esistenza di Dio, o sulla sua assenza, che poi è il messaggio che trasmette questa pellicola, ma piuttosto riflettere su chi e soprattutto come, si riesca a raggiungere la pace interiore grazie all'incontro con Dio e superare la vergogna per aver commesso violenze e torture.
Un film dove vince il rimorso e l'incomunicabilità perché Dio non può dare giustizia, la violenza si.
Fabrizio L.
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