«Finalmente ti trovo, Giulia! Sono tornato l’altro ieri!», disse Stefano entrando nel bar di via dell’Orso.
La modella istintivamente afferrò la borsa, come se la voluminosa sacca di cuoio potesse davvero schermarla : «Ciao! Mi devi pagare lo stesso, avevamo un appuntamento a causa tua ma non c’eri, e ringrazia che non ti addebito il resto delle sedute pattuite!»
Il ragazzo non si trattenne dall’abbracciarla, sorridendole con dolcezza: «Ti cercavo proprio per questo! Quando puoi venire allo studio?»
Lei lo spinse via col gomito e soppesò le parole, raccogliendo il foulard: «Ho un altro impegno, io devo lavorare, non aspettare te! Tra meno di un quarto d’ora ho due sedute di posa in Accademia, devo andare!»
Stefano le scostò i capelli dal viso: «Mi sei mancata. Molto!»
«Sei un ruffiano! Sai come dire le cose, non c’è dubbio, ma non credo a nessuna delle tue parole, sono vuote, prive di sentimento. Tu dai aria alla bocca!», rispose Giulia mostrando tutto il proprio risentimento.
Due ragazze al tavolino accanto ridacchiarono, squadrandolo con ironia.
Stefano si volse verso di loro: «Dice così ma mi ama!»
Giulia stava già abbottonando la giacca di lana: «Ragazze, diffidate di questo scemo!»
«Hey attenta alle parole, amore!», le disse ridendo, ma Giulia era serissima: «Più tardi passo da te, prepara i soldi che mi devi!»
«Tornerai a posare per me?»
«No!», disse lasciandolo solo al tavolino.
Stefano sbuffò, poi guardò le due studentesse: «Voi aiutereste un povero pittore?», ma scossero il capo, continuando a ridere. Le ignorò, ordinando un cappuccino, e si mise a leggere il giornale.
Mentre seguiva la vicenda della turista che aveva cercato di gettarsi nel Naviglio Grande, sentì scattare la porta del locale e delle voci famigliari esclamare: «Eccolo qua!»
Erano Claudio e Marcello e si sedettero assieme a lui che, rassegnato, chiuse il quotidiano: «Ciao!», mormorò.
Erano stati suoi compagni di banco al liceo e si erano diplomati tutti assieme ma i due continuavano a bazzicare l’ambiente delle nuove avanguardie, tentando la via dell’Arte, intellettualoidi ed eterni studenti. Stefano li vedeva spesso ma ultimamente i loro discorsi lo infastidivano.
«Come va? Abbiamo trovato Luna in Braidense, ha detto che eri tornato, eravamo in tua ricerca!»
«Certo, come no! Sto bene. Qualcuno di voi potrebbe posare a seno nudo per me?», disse annoiato.
«Hai l’aria abbattuta… Ancora a scoparti quella vecchia?», lo canzonò Marcello.
Stefano sbuffò: «Grazie a Gabriella questa estate ho esposto in un paio di gallerie. Piccole, sconosciute e di paese, ma pur sempre Gallerie d’Arte. Le devo molto, quindi continuerò a darle quel che cerca.»
«Bella roba, quella che fai, e parlo in tutti i sensi. Prostituta! Meretrice!», riprese Claudio, attirando l’attenzione delle solite due studentesse. Stefano sorrise loro nel modo più subdolo, invitandole a voltarsi dall’altra parte, mentre Marcello portava indietro i capelli con fare teatrale.
«Tu inzaccheri tele, Sté. Devi tornare dal Prof!», continuò Claudio aprendo un sacchetto di patatine.
Stefano bevve il suo cappuccino e Marcello sedette con il caffè preso dal bancone: «Quello che fai è vergognoso, per uno come te, davvero. Pensi a poche migliaia di lire e accantoni la possibilità di diventare qualcuno, di farti un nome, di esporre le tue opere!»
«Tzè, quando sarete milionari, verrò a chiedervi la carità. Meglio le mie croste, non ottime ma certo di mercato, che i vostri sogni di gloria da alimentare farneticando! L’Arte è niente, ragazzi, una bolla d’aria! Sono anni che aspettate! Dovete tornare con i piedi per terra. La pancia brontola, datevi da fare! Quali opere, Marcel? Sono anni che non dipingo qualcosa per me.»
«Tu bestemmi, non sei in te. Sei un idiota!», lo rimproverò l’amico.
«Lo so, e me ne vanto!», disse Stefano andando a pagare: «Sarò magnanimo, pago io, con i soldi di Gabriella!», disse con livore, ma beffeggiandoli, prima di uscire in strada. Era stanco di quele chiacchiere, alla lunga diventavano odiosi, voleva andare a casa, dormire e dimenticare tutto e tutti.
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