In una cittadina della provincia marchigiana, tre ragazzi e una ragazza piuttosto sbandatelli – tra i quali il nostro redattore Francesco Massaccesi – vivono vedendo quale loro principale ragione di vita l’assunzione di alcool, tanto che, continuamente al verde, scoprono nel commercio di cadaveri una rigogliosa fonte di guadagno che gli consente di acquistare la “bumba”.
Quindi, con un’idea di partenza che non può fare a meno di richiamare alla memoria le macabre gesta di Burke e Hare, non sono certo splatter e violenza a mancare nel lungometraggio firmato da Michele Senesi, noto esperto di cinema asiatico che cura anche una rubrica sull’argomento all’interno della rivista Nocturno cinema.
Non a caso, oltre che al nonno e a Peppe l’anarchico (!!!), è alla compianta attrice e cantante di Hong Kong Anita Mui che è dedicata l’operazione, ovviamente infarcita di riferimenti ed omaggi alla cultura orientale, mentre a dominare è una grottesca e surreale atmosfera.
Infatti, con l’ironia a regnare sovrana, abbiamo il telegiornale (sull’emittente Telecerchi!) che parla di un cagnolino alcolizzato e pericoloso, immagini che cambiano continuamente dominanti cromatiche, grotteschi personaggi spazianti da due fratelli siamesi a un tizio convinto che nazisti e fascisti siano sempre pronti a tornare e, soprattutto, una sequela di filmati che scorrono, al posto dei paesaggi, fuori dai finestrini dell’automobile su cui i protagonisti – che s’infilano anche in una sala cinematografica a vedere un Vulva tonica – viaggiano.
Filmati che vanno da Godzilla ai Barbapapà, passando per il videogioco Ghost’n’goblins, man mano che si avverte anche una certa influenza da parte di Danny Boyle, con Trainspotting (1996) in prima fila.
Per un elaborato il cui unico, evidente intento è quello di ricreare l’allucinante effetto dell’eccessiva assunzione di sostanze alcoliche e che, di conseguenza, difficilmente potrebbe coinvolgere e divertire chi non ne fa uso, il quale finirà per trovarlo soltanto schizofrenico e fracassone.
Anche se, in ogni caso, il ritmo non manca.
Francesco Lomuscio