32) Racconto: Scelte

Da Angivisal84

Sceltedi Alessia RaguseoCreatura: Ondina
Era una giornata serena, il cielo era sgombro di nuvole e di un blu così intenso, che solo l’estate poteva donargli. Mezzogiorno era passato da diverse ore, ma l’aria era ancora infuocata e le acque placide del lago, divennero un fresco richiamo. Lo furono per Arthur, giovane falegname. In verità tale definizione era eccessiva, il falegname era suo padre Ben, lui sfortunatamente non aveva ereditato né l’abilità, né la pazienza paterna. Era semplicemente l’addetto alla materia prima, in altre parole spaccava la legna. Quella mattina non si era fermato neanche un attimo e non ricordava più, su quanti ceppi avesse calato l’accetta; era importante che fossero sufficienti non solo per il lavoro, ma anche per l’inverno. Suo padre odiava trovarsi impreparato al primo freddo.Era stata dura, ma aveva portato a termine tutto il lavoro, suo padre non aveva avuto da ridire e finalmente, era libero di rilassarsi. Quale modo migliore se non una bella nuotata nel lago?L’afa era insopportabile, Arthur aveva la fronte imperlata di sudore, e i capelli scuri gli si erano appiccicati dietro la nuca.Raggiunse allora, a grandi passi la sponda e soprafatto da un’infantile eccitazione, si spogliò rapido della casacca bianca e delle scarpe, fece per sfilarsi i calzoni, ma all’ultimo si fermò. Poco più in là, nell’acqua, scorse la chioma dorata di una ragazza che nuotava.Qualcuno l’aveva preceduto.Sbuffò seccato, si risistemò i calzoni e con essi, lentamente si spinse in acqua. Nuotare con la loro zavorra non era piacevole, ma dimenticò subito quel pensiero, non appena l’acqua fresca gli lambì le ginocchia. Si sarebbe divertito comunque, pazienza se non era solo.Sollevò lo sguardo in direzione della ragazza, giusto il tempo per vederla spingersi sott’acqua. Non riuscì a trattenere un fischio di ammirazione. Le altre ragazze del villaggio non amavano allontanarsi dalla riva, restavano sempre dove l’acqua non superava la cintola e alcune, neanche osavano bagnarsi i capelli.Quella ragazza invece era davvero coraggiosa. Lo incuriosì e quasi senza accorgersene, iniziò ad avvicinarsi, spinto dal desiderio di scoprire chi fosse. Forse abitava nel suo villaggio, o magari era la figlia di qualche mercante, giuntò lì per la fiera dell’indomani.Domande senza risposta, innocente curiosità, ma tutto ben presto si trasformò in preoccupazione, quando non la vide riemergere.La chiamò e non ricevendo risposta la prima, la seconda volta, alla terza non indugiò oltre e con delle lunghe bracciate, raggiunse il punto in cui era scomparsa, prese un ampio respiro e si dette un colpo di reni. L’acqua era limpida e aguzzando la vista, riuscì a scorgere una sagoma in movimento.Sbatté i piedi, mosse le braccia più veloce che poté e lentamente la distanza diminuì. Con orrore si accorse che la giovane non stava nuotando, il suo corpo obbediva alla volontà del lago che inesorabile, iniziava a trascinarla verso il fondale scuro.Arthur provò a raggiungerla, aveva ancora aria nei polmoni, erano così vicini. La sua mano, le sue dita lo erano. Poteva farcela. Ad un tratto un movimento alla sua destra lo distrasse. Dopo la sua ultima bracciata si era generato un piccolo vortice di bolle d’aria, che pareva quasi danzare. Per un attimo ne fu ipnotizzato e dimenticò il suo obiettivo, ma fu solo per un attimo. Presto anche i suoi movimenti divennero scoordinati, ma s’impose di continuare, di ignorare il bruciore ai polmoni e la vista che piano piano si annebbiava. Sbatté le palpebre e non osò distogliere lo sguardo da quella chioma dorata, che chiara si stagliava in quell’oscurità.Fu allora che accadde.Il piccolo vortice ritornò e dotato di una propria coscienza, lo oltrepassò e raggiunse la sconosciuta che subito, smise di obbedire al volere del lago. Anche Arthur si fermò e così, vide quelle bolle d’aria mutare, assumere le sembianze di una donna dalla lunga chioma castana, che leggera le fluttuava intorno al capo. Il suo corpo era evanescente, i tratti del volto confusi, eppure scorse chiaramente le sue labbra posarsi sulla fronte della ragazza. Non era un’allucinazione, stava accadendo.Provò a nuotare verso di loro, ma si ritrovò senza aria, la nebbia allora calò completamente sui suoi occhi e la corrente lo trascinò via. Perse la cognizione del tempo, la percezione dello spazio e del proprio corpo, poi di colpo tutto cessò. Tornò il rumore dell’acqua, la sentì lambirgli le gambe, la schiena, le braccia, e la ghiaia graffiargli la pelle. Aprì gli occhi e dopo che ebbe messo a fuoco, con gran sorpresa, realizzò di essere tornato a riva. Tossì, i polmoni finalmente liberi riassaporarono l’aria, lentamente si voltò sulla schiena e restò lì immobile, con le braccia distese lungo i fianchi, le gambe immerse per metà nell’acqua.Aveva male un po’ da per tutto, ma era ancora vivo. Vivo.Com’era riuscito a salvarsi? E soprattutto, cos’era successo nel lago? Respirò a fondo ancora una volta e qualcosa, gli sfiorò il ginocchio. Fu come una carezza, confuso si issò sui gomiti e si ritrovò a fissare il viso di una giovane, inginocchiata al suo fianco. Aveva gli occhi chiari, con delle strane sfumature a metà strada fra il blu e il verde smeraldo, la carnagione pallida e i capelli, lunghi e sciolti sulle spalle, non erano biondi, bensì quasi bianchi. Le nascondevano i seni e a stento la gonna che indossava, di un tessuto sin troppo leggero perché riuscisse a coprirle le gambe.Sorpreso, spaventato, avrebbe voluto chiederle chi fosse, ma tossì per l’ennesima volta. La giovane allora, gli fece cenno di tacere poi delicatamente, quasi esitando, posò entrambe le mani sul suo petto e a quel tocco, Arthur improvvisamente, sentì le forze e il fiato tornare come se non si fosse mai immerso.Impallidì, ma si impose di vincere la paura che gli serrava la gola. - Chi… chi sei?- la voce gli tremava e si vergognò.La sconosciuta gli sorrise. - Sono un’Ondina, una figlia del lago. Sono stata io a portarti indietro. Non avere paura.Una semplice spiegazione, ma essa generò solo altra confusione. Arthur provò a concentrarsi su quelle parole, a comprenderle, invano. Si limitò a scrutare l’Ondina, i suoi occhi, soffermandosi poi su quelle mani, posate ancora sul suo petto. Forse fu il silenzio che li avvolse, o quel sorriso che sentì sincero a tranquillizzarlo.D’un tratto, il ricordo della sconosciuta che aveva seguito lo scosse con violenza. Si guardò intorno, esaminò con attenzione la sponda del lago, ma oltre all’Ondina, non vide nessun altro. Si irrigidì. - Che cosa è successo? Lei dov’è?Non attese la risposta, il cervello gliela suggerì e la lingua, priva di ostacoli, la trasformò in certezza. - Perché hai salvato solo me?Più che una domanda, per il tono brusco sembrò un’accusa, e Arthur, pur accorgendosene, non si scusò. Voleva ardentemente delle risposte, capire, ma allo stesso tempo iniziò a sentirsi a disagio. Era stato ad un passo dalla morte, lo sapeva, ma l’Ondina, quella strana creatura, l’aveva salvato. Avrebbe dovuto esserle riconoscente, smetterla di scrutarla con diffidenza, eppure nonostante se lo ripetesse, non abbassò la guardia.L’Ondina non avvertì o forse, non si curò di quella valanga di ostilità, perché tranquilla, rispose: - Quella giovane ha detto addio alla terra, volontariamente. Tu no, non avevi scelto di farlo. Eri lì solo per aiutarla. – tacque e sospirò – Mi spiace che tu abbia dovuto assistere.Non c’era stata alcuna emozione nella sua voce, sembrava che l’accaduto non l’avesse minimamente turbata, eppure sul finale, si era rattristata.- Mia sorella l’ha toccata. E’ una di noi adesso. - proseguì e in un lampo, Arthur rivide l’immagine di quel bacio, finalmente non più oscuro - Non devi più cercarla. La frase suonò come un ordine e l’averla pronunciata con calma, senza urlare, la rese più efficace. Rabbrividì, fu una reazione involontaria, e l’Ondina allontanò subito le mani dal suo corpo. Provò a rassicurarlo di nuovo, ma sprecò solo fiato. Nella testa del giovane, c’era spazio per un unico pensiero. - Anch’io sono stato toccato! – esclamò tutto d’un fiato premendosi la mano sul petto, lì dove la creatura aveva posato le proprie.Sentì il cuore rimbalzargli in gola e il lago gli parve d’un tratto, una trappola. Diventare una strana creatura acquatica, finire i suoi giorni nel lago, era dunque questo ciò che lo aspettava? L’Ondina percepì la sua angoscia, il terrore, intuì quella domanda muta, nascosta fra le righe e scosse il capo.- Ti ho solo riportato indietro. Sta’ tranquillo, non appartieni all’acqua.A quelle parole Arthur, riprese a respirare normalmente e anche il cuore cessò la sua danza impazzita. Non era più spaventato, ma non osò spostare le mani dal petto e i dubbi non andarono via.- Quando mi hai portato a riva, cosa mi hai fatto?Tornò sull’argomento di proposito. Non voleva che ci fosse alcun interrogativo in sospeso.- Voi umani siete così fragili, lontani dal vostro elemento.- si strinse nelle spalle - Ho aiutato il tuo corpo a stare meglio.L’Ondina si sottrasse al suo sguardo e si voltò verso il lago. Il silenzio calò di nuovo, rotto soltanto dal rumore delle acque del lago, persino gli animali e il vento tacquero. Ogni cosa sembrava in attesa, come Arthur che stavolta non osò proferire parola. - So che quello che hai visto ti ha sconvolto. – disse la creatura all’improvviso, tornando a guardarlo negli occhi, triste – Mi dispiace, non posso cancellare i tuoi ricordi, ma non devi temerci. Siamo creature pacifiche. Non aggiunse altro, si alzò in piedi, gli diede le spalle e lentamente avanzò verso il lago. Ad ogni passo le gambe, il busto, iniziarono a confondersi e a perdere consistenza. Quando l’acqua arrivò a lambirle il petto esitò, si voltò e lo salutò con un sorriso. Un sorriso gentile, buono, che ben presto un tuffo dissolse, insieme alla diffidenza e ai dubbi di Arthur.- Grazie. – sussurrò al lago ora deserto e silenzioso.   

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