La trama (con parole mie): Fran e Mark Garrison sono due sposini che vivono felici e spensierati in un quartiere residenziale nel pieno dei colori pastello degli anni sessanta. Quando la cagnolina di razza della donna partorisce tre bassotte da futura competizione, l'uomo si sente completamente all'angolo anche in casa sua, e complice la proposta del veterinario "di famiglia" adotta un danese che cresce - smisuratamente - credendo di essere lui stesso un bassotto e che diverrà il centro di gravità permanente dei guai e dei disastri di casa.
Quando la tensione tra i coniugi salirà proprio a causa dei danni causati dalle intemperanze canine, giungerà un concorso a premi in grado di riunire i Garrison sotto un'unica bandiera che possa portare al successo uno qualsiasi dei loro amici a quattro zampe.
Recentemente, sarà l'arrivo del piccolo fordino, sarà l'avvicinarsi della stagione fredda che spesso e volentieri ricorda le vacanze passate a casa con i nonni ed i film che hanno costruito una prima mitologia da spettatori di tutti noi - e non solo, considerate le generazioni attraverso le quali sono passati -, ma la voglia di riscoperta di vecchi classici si è fatta decisamente più insistente.
Ed ecco, direttamente dal passato remoto del sottoscritto - ma, di nuovo, credo non solo - uno dei titoli che almeno una volta chiunque ha visto programmati in tv per la gioia addirittura dei suddetti nonni, che ebbero la possibilità di vederli "ai loro tempi": 4 bassotti per un danese, divertissement targato Disney nato sulla scia di successi quali FBI Operazione gatto, mantiene lo stile patinato e magico della Golden Age dei grandi studios riprendendo il gusto tipico della slapstick comedy nata nel pieno degli anni quaranta ed ancora oggi mitica grazie a Capolavori come il Susanna! firmato da Howard Hawks.
L'idea di sfruttare il compagno a quattro zampe più amato dall'uomo come vero e proprio protagonista - i Garrison, di fatto, fungono da spalla a bassotti e danese - sarà nei decenni successivi sfruttata praticamente senza limiti da saghe decisamente non all'altezza di queste prime pietre miliari del genere - Beethoven, con i suoi quasi infiniti sequel - così come da titoli d'autore senza dubbio più riusciti - Bombon el perro, che il danese qui presente ha riportato alla mente del sottoscritto soprattutto nella parte della sua presa di coscienza di cane di grossa taglia di fronte ad una femmina della sua specie -, definendo il ruolo anche cinematografico di quello che è uno dei compagni di vita, gioco e guai per definizione di noi animali a due zampe.
Obiettivamente opere come questa ora possono risultare fuori tempo se non addirittura bonariamente razziste - il trattamento riservato ai due organizzatori di eventi giapponesi, se proposto oggi allo stesso modo, provocherebbe immediatamente uno scandalo -, eppure accantonato un ovvio quanto improbabile approccio effettivamente "realistico" - e troppo critico - le stesse riescono ancora ad avvincere, divertire e catturare lo spettatore grazie ad un piglio che molti dei film di oggi possono tranquillamente sognarsi, senza per questo sacrificare nulla in quanto a ritmo, tenuta e capacità di intrattenere non potendo contare su effettoni o trame particolarmente complicate.
Interessanti, nel rapporto tra ieri ed oggi, i piccoli dettagli - i coniugi con la camera dai letti separati - così come la freschezza nel raccontare i conflitti di coppia nel quotidiano attraverso le preferenze canine e l'affezione di Fran per le quattro bassotte e di Mark per il danese: d'eccezione anche i comprimari, dal veterinario complice ma sempre attento a non uscire dal seminato del marito al poliziotto di quartiere, mitico sia nell'inseguimento d'apertura che nella (vana) ricerca del ladro di ville che porta al suo incontro con Brutus - questo il nome del danese -.
Una pellicola, dunque, che con tutti i suoi limiti e le sue ingenuità riesce ad uscire dal tempo e dalle mode riuscendo, ben oltre il nuovo millennio, ad allietare neppure fossimo tornati bambini, giustificando sorrisi e risate come quando, in famiglia, si mettono da parte tensioni e rivalità - umane e non - per stringersi tutti attorno ad un obiettivo comune.
Se poi lo stesso si traduce nello stare insieme, allora si può segnare un'altra vittoria per il Cinema.
you gotta sleep on your toes and when you're on the street
you got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
and then moving in silently, down wind and out of sight
you gotta strike when the moment is right without thinking."
Pink Floyd - "Dogs" -