4 maggio 1949, la Tragedia di Superga e la fine del grande Torino

Creato il 04 maggio 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Come sempre, regnava la quiete più assoluta su quella collina di Torino, da cui, nel piazzale di fronte alla chiesa, si poteva (e si può tutt’ora) ammirare l’imponente vista della città. La primavera guardava ormai verso l’estate, e apparentemente sembrava tutto tranquillo, nonostante la giornata piovosa.
Ad un certo punto, quella quiete venne inaspettatamente e tragicamente rotta da un rombo mai sentito prima.
Poco dopo tutti andarono a vedere cosa fosse successo. E lo videro. E la voce di quell’evento si sparse per tutta la città, poi per tutto il Piemonte e per tutta l’Italia. Non era possibile. Come può il destino essere così tragico alle volte?
Il Grande Torino era morto. Per un maledetto incidente persero la vita trentuno persone, tra cui tutti i giocatori, allenatori, l’equipaggio, tre giornalisti e i tre dirigenti. Stava tornando a casa dopo una partita amichevole in Portogallo, dove aveva vinto.

Il Grande Torino era quella squadra che aveva fatto sognare i suoi fan in tutta Italia, che aveva vinto cinque scudetti di seguito regalando loro l’ultimo dopo la sua morte (matematicamente erano ormai i campioni).
Era la squadra del quarto d’ora granata, momento in cui, quando la sconfitta era quasi segnata, c’era qualcuno che suonava la tromba incitandoli a rimboccarsi le maniche… e allora si vedevano non undici giocatori, ma undici tori impazziti che volevano finalmente prendere in mano la situazione. E così il Toro incornava il torero e finalmente vinceva! Vinceva in quello stadio chiamato Filadelfia, in una Torino del dopoguerra dove, al contrario di oggi, non bastava fare il calciatore per vivere: Ossola, ad esempio, aveva un negozio di camicie. Solo uno di loro aveva la possibilità di farsi bastare lo stipendio da calciatore: capitan Valentino Mazzola.

Ma questi uomini non erano solo calciatori: li ricordiamo anche per essere stati padri di famiglia, mariti, figli, che ingiustamente ci hanno lasciati ma li rammentiamo sempre, e loro, nel nostro cuore e nei nostri ricordi, non ci lasceranno mai.
Come mia testimonianza, c’è mio nonno, torinista come me, che mi racconta spesso (dimenticandosi che non è la prima volta che lo fa) come ha vissuto personalmente quella tragedia, quando è successa. Il particolare che mi ha sempre fatto tenerezza è che ai funerali hanno partecipato anche gli juventini, tifosi da sempre avversari a noi, ma che, in un momento di tragedia e di grande dolore, ci sono stati vicini. E quando mi racconta questa storia lo sto sempre ad ascoltare come se fosse la prima volta che lo dice.
E sono contenta che, in qualche modo, da torinista possa ritenermi come ‘l’erede’ di quella squadra tanto grande che in questo momento gioca su in cielo.

Articolo di Giulia De Gennaro.


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