4 ottobre, san Francesco protettore degli animali e patrono d’Italia. O l’uno o l’altro

Creato il 04 ottobre 2011 da Alphaville

Quando ero piccola, in quella fase ancora tutta carica di meraviglie come Gesù Bambino, l’angelo custode e le fantastiche storie dei santi, ebbi l’idea di aggiungere alla lista dei raccomandati nella preghiera serale anche le bestiole di casa. Non lo dissi a nessuno, parendomi una pratica poco ortodossa.
Poi, quando appresi che uno dei patroni della nostra bella Italia è Francesco d’Assisi, il santo che parlava agli animali e aveva scritto il Cantico delle Creature, mi convinsi di vivere (un occhio a Pangloss e uno a Leibniz, col senno di poi), nel migliore dei mondi possibili. Va da sé che ho cambiato idea piuttosto alla svelta.
In particolare, è il fatto che l’Italia si sia scelta come patrono proprio san Francesco — la cui festa ricorre giusto oggi, 4 ottobre — che mi disturba. Perché se c’è una religione che non ha il minimo riguardo per gli animali (e sto usando un gentile eufemismo), questa è proprio la religione cristiano-cattolica: e i guasti di duemila anni di Vaticano sul territorio ci sono e si vedono belli chiari.

E, perché non si dica che sono io a nutrire bizzarre convinzioni in materia, offro alla riflessione dei viandanti un insegnamento magistrale e magisteriale della Chiesa di Roma, ovvero il discorso che papa Pio XII tenne ai lavoratori del mattatoio romano il 17 novembre 1957. In esso c’è (oltre al sottile veleno delle beatitudini, come diceva Nietzsche, inoculato per addormentare le coscienze) tutto l’antropocentrismo che regge l’edificio logico e teologico in questione — male antico, fondativo e giustificazionista della modernità occidentale con tutto il suo portato di reificazione, sfruttamento e violenza contro l’altro-da-sé. Sfido chiunque a sostenere il contrario. Buona lettura.

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
AI LAVORATORI DEL MATTATOIO DI ROMA*

Aula della Benedizione – Domenica, 17 novembre 1957

Vi diamo il Nostro paterno benvenuto, diletti figli, lavoratori del Mattatoio di Roma. L’opera vostra, riguardante uno degli elementi più efficaci dell’alimentazione umana, è particolarmente importante, anche perchè sono noti i danni che potrebbero derivare dall’uso di carni malsane. Perciò gli uomini hanno avuto sempre cura di evitare quei perniciosi effetti, sebbene solo relativamente tardi sono giunti alla fondazione razionale dei primi mattatoi.

Bisogna dire che Roma, per opera del Nostro Predecessore Leone XII, fu tra le prime città ad avere il suo mattatoio, edificato nel 1825, a pochi anni, cioè, di distanza da quello, che iniziò la costruzione dei macelli moderni, in Vienna, sul principio dell’Ottocento. Oggi anche il problema dei mattatoi viene risolto con l’uso dei più moderni ritrovati della scienza e della tecnica; nulla in essi manca di quel che può giovare alla buona amministrazione degli stabilimenti.

Sappiamo, d’altra parte, come debba essere accurata la vostra preparazione tecnica, e quanto sia necessaria la massima diligenza nell’adempimento di tutte le precauzioni richieste dalla delicatezza del vostro lavoro. Una distrazione, una negligenza potrebbero mettere in pericolo la salute di molti e talvolta perfino la vita di alcuni.

L’azione vostra, sulla quale andavamo riflettendo nei giorni che hanno preceduto questa Udienza, ha fatto nascere nel Nostro cuore taluni pensieri, che Ci sembra utile di confidarvi, offrendoli alla vostra meditazione, per cooperare così al bene e alla santificazione delle anime vostre.

Cerchiamo dunque di penetrare — con lo sguardo dello spirito — nel luogo del vostro lavoro. Entriamo nel mattatoio. Ecco : nelle tettoie di sosta temporanea gli animali, ignari della loro sorte, attendono di essere portati nella sala di macellazione. Vi giungono, e subito (ci grava il dirlo) vengono abbattuti e sottoposti alle varie operazioni di scoiatura, di sventratura e di visita. Passano alcuni minuti — non più di quindici o venti e già l’animale è stato ridotto in quarti o « mezzene » di carne. Certo la scena, che or ora abbiamo tentato di descrivere, non è di quelle che vengono offerte alla vista di tutti; errerebbe però chi stimasse riprovevole l’uccisione degli animali necessari per il nutrimento degli uomini. La vostra opera, diletti figli, è dunque giusta e — a certe condizioni — meritoria. Tutto infatti è stato creato da Dio : gli uomini, gli animali, le piante, le cose; e per conseguenza tutto a servizio di Lui deve essere usato.

Ma come può questo avvenire?

La nostra meditazione, diletti figli, prende le mosse da una forte espressione di S. Paolo; in essa troverete anche voi il perchè dell’onestà del vostro lavoro e, quel che è più, la condizione indispensabile per renderlo meritorio al cospetto di Dio. Dice dunque l’Apostolo : « Omnia enim vestra sunt, vos autem Christi » (1 Col. 3, 23).

I° – Omnia vestra sunt: tutto, nell’universo, appartiene agli uomini. Appena invero Iddio ebbe creato l’uomo e la donna, li benedisse, dicendo loro : « Crescete e moltiplicatevi e popolate la terra e sottomettetela, e abbiate potere sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra tutti gli animali che si muovono sulla terra » (Gen. 1, 28). E di nuovo il Signore, benedicendo Noè e i suoi figliuoli, esclamò: « Tutto ciò, che ha moto e vita, sarà cibo per voi; io ve lo do tutto, come già i verdi erbaggi » (Gen. 9, 3).

Se dunque tutto appartiene all’uomo, esso è per volontà di Dio padrone dell’universo. Perchè? Quale scopo ebbe il Signore nel dare agli uomini questo dominio? Dicevamo, diletti figli, che tutti gli uomini e tutte le cose devono nel mondo essere a servizio di Dio; tutti gli uomini e tutte le cose devono dar gloria a Lui. Ma le creature materiali, prive come sono di conoscenza e di volontà, si trovano nella impossibilità di dare a Dio la gloria formale : solo gli uomini, infatti, conoscono Dio, possono lodarlo, amarlo; solo gli uomini possono vivere coscientemente secondo i dettami della sua legge. E allora per divina disposizione i minerali serviranno le piante, le piante serviranno gli animali, gli animali l’uomo: affinchè attraverso l’uomo tutti servano Dio. Ma l’uomo, per servirsi degli animali, deve spesso — purtroppo — farli soffrire, deve spesso ucciderli; nulla è dunque per sè di riprovevole in questo. Certamente dovranno essere ridotte al minimo le sofferenze, interdette le inutili crudeltà (abbiamo letto, per es., che nel mattatoio si ha particolare cura che il bestiame vivo non si incontri con coloro che trasportano le carni), ma non vi è nemmeno posto per ingiustificati rammarichi. I gemiti delle bestie abbattute e uccise per giusto motivo non dovrebbero destare una tristezza maggiore del ragionevole, mentre non ne procurano i colpi del maglio sui metalli roventi, il marcire dei semi sotterra, il gemere dei rami al taglio della potatura, il cedere delle spighe all’azione dei mietitori, il frumento che viene stritolato nella macina da mulino.

2° – Ma affinchè la vostra opera divenga anche atto meritorio, è necessario che ognuno di voi appartenga a Cristo : Omnia vestra sunt, vos autem Christi.
Lo sappiamo, diletti figli, e dovete saperlo anche voi: voi, di diritto, siete già di Cristo, appartenete già a Cristo.
Infatti a Lui dovete, come a Creatore, il vostro essere e il vostro operare: « Omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil, quod factum est »: « Tutte le cose per mezzo di Lui furono fatte, e senza di Lui nulla fu fatto di ciò che esiste » (Io. 1, 3). Ma inoltre voi appartenete a Cristo, perchè Egli, come Uomo-Dio, vi ha redenti, soffrendo e morendo in Croce per voi. Da Cristo dunque — come da Padrone — dipende la vostra vita, la vostra morte; a Lui appartiene ogni vostro respiro, ogni vostro pensiero, ogni vostro volere, ogni vostra azione. Tutto in voi è da Lui; tutto quindi è di Lui: Cristo solo è il vostro assoluto Signore « Tu solus Dominus » (Ex S. Liturgia), Egli solo è vostro Re : Re della gloria, Re della maestà: « Rex gloriae, Rex tremendae maiestatis » (ibid.).

A questo punto Ci nasce in cuore e sale alle Nostre labbra una domanda, che vi rivolgiamo con paterna franchezza, diletti figli; e voi dovete risponderCi con altrettanta filiale sincerità; la vostra risposta sarà come il solenne impegno, che voi assumete con Cristo alla presenza del suo Vicario in terra. DiteCi dunque : voi, che di diritto appartenete a Gesù Cristo, volete esser suoi anche di fatto? Volete essere suoi per libera accettazione del suo dominio? Volete che Egli regni su ciascuno di voi? sulle vostre famiglie? sul vostro lavoro?

Affinchè Cristo regni nelle vostre anime, è necessario che da esse venga bandito il peccato. Chi pecca, si ribella a Cristo e lo respinge lungi da sè. Non appartiene a Cristo chi bestemmia, chi viola il precetto festivo, chi offende il buon costume con le parole e con le opere.

Affinchè Cristo regni nelle vostre famiglie, è necessario che ognuna di esse divenga sempre più un santuario; dove la fedeltà fra gli sposi sia sacra ed inviolabile; dove l’amore fra tutti rispecchi, quanto è possibile, l’amore che regnava nella Casa di Nazareth.

Affinchè a Cristo appartenga il vostro lavoro, è necessario che nessuno e nulla di ciò che è contrario a Lui ispiri e sostenga qualcuna delle vostre azioni.

Non potremmo chiudere queste Nostre parole senza assicurarvi che non saremo certo Noi ad impedirvi di tendere con tutti i mezzi leciti al conseguimento delle vostre legittime aspirazioni di carattere economico e sociale. Siano dunque benedetti tutti coloro che in qualunque modo cooperano al mantenimento e al miglioramento della pace con giustizia nel vostro stabilimento. È ivi, del resto, accaduta qualche cosa, che vi ha inondati di gioia. Molti, che si erano lasciati ingannare dal miraggio di false promesse, hanno ormai abbandonato i loro seduttori. Ma altri, invece, non hanno aperto ancora gli occhi. Davanti alle spesso fallaci lusinghe di miglioramenti economici, continuano a militare nelle file dei nemici di Dio, oltre che di tanti altri valori spirituali e materiali. Noi vi scongiuriamo, diletti figli. Opponetevi con tutte le forze all’uccisione delle vostre anime. Fate ogni sforzo, affinchè chi è morto risorga, chi è ferito risani. Non prevedete già come si
andrebbe lietamente al lavoro, se esso fosse considerato — più di quanto è ora — atto di obbedienza filiale a Dio, e quindi preghiera vissuta, atto di amore a Lui, servizio dei nostri fratelli?

Ma questo è possibile solo, se Cristo regnerà sovrano nei vostri cuori, se le cose create non vi domineranno, ma vi serviranno, aiutandovi a dar gloria a Lui, Re della gloria.


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