Fedele al modulo barocco, l'album si pare con un vivaldiano Allegro: il "concertino" è la rock band che si confronta con il "ripieno" dell'orchestra d'archi; si distinguono il flauto di Vittorio De Scalzi e la chitarra elettrica di Nico Di Palo. Nell' Adagio si cita Shakespeare con lirismo corale mentre nella Cadenza-Andante con moto l'eco "antica" dell'introduzione violinistica si trasforma a poco a poco in una dosata song ideale per le ascese vocali - sul finale - di Di Palo. Con Shadows (vero e proprio Tombeau "in memoriam" di Jimi Hendrix) la band si cimenta con una variazione acida dell'Adagio mutando radicalmente la prospettiva d'ascolto, pur nella fedeltà dell'impianto originale. Qui l'orchestra tace, prevalgono flauto e chitarra anticipando l'afflato "live" dell'epilogo, Nella sala vuota, parco giochi dove questi ventenni si "riposano" ai borsi di un'estenuante prova "classica". La riappropriazione "rock" è debita e ricca di spunti improvvisativi che nessuno della band ha deciso di trascurare: alla sei corde di Di Palo e al flauto e al piano elettrico di De Scalzi, si somma l'Hammond di Maurizio Salvi, sostenuto dal feeling ritmico di Bellen e D'Adamo. Un gran finale per un disco indimenticato e indimenticabile.