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40 k e 40 J: il viandante e colei che vuol capire

Da Bibolotty
40 k e 40 J: il viandante e colei che vuol capire
Questa notte, mentre attraversavo ad alta velocità mezzo mondo, fra i monsoni che mi hanno spinta fin qui e mi hanno fatto intuire quanto sia facile e possibile scomparire per sempre lassù fra le nuvole, ho fatto un nuovo incontro.
L’avevo già notato in fila al ceck inn, mentre si guardava intorno come la tessera di un puzzle che non trova il giusto incastro, un tramonto che si presenta all’alba o un pezzo di avocado in una macedonia di fragole e banane.
Una turista, di sicuro con la vista corta e il cervello "in pappa", rivolgendosi al marito di certo concorde quasi urla- ma quello che farà? Viaggerà nel vano bagagli?- e allora la curiosità mi scuote dalla tristezza degli addii e degli arrivederci: lo guardo con più attenzione.
Stupita mi avvicino a lui con cautela, come a un animale sconosciuto e ostile: indossa l’odore della strada e chissà da quanto tempo porta quei pantaloni di velluto neri, inadatti all’equatore e sporchi.
Passaporto e biglietto nel taschino di una giacca blu lisa e scolorita, si mette in fila solo quando i fumatori più accaniti, compresa la scrivente, hanno trascorso gli ultimi minuti utili nella “funking smoking room” che, piena di portacenere colmi di cicche, relegata nell’ultimo gate e nascosta, ci impedisce anche di comunicare, ingoiati da una nebbia spessa e puzzolente di catrame e nicotina.
Posto 40 K –e speriamo di non avere nessuno accanto- invece 40 J eccolo lì, lo vedo da lontano proprio accanto alla mia poltrona: posto finestrino, la cintura già allacciata al corpo magro insieme alla barba ingiallita e lunghissima, dorata, come i capelli che gli arrivavano sottili, al fondo schiena.
Mi siedo accanto a lui che subito mi rivolge uno sguardo complice di benvenuto e dopo un po’, come d’abitudine, corrompo una hostess per avere uno spazio più ampio anche se, lo ammetto, mi dispiace allontanarmi da quel campo magnetico così forte. Ma la mia curiosità viene subito premiata e la hostess mi fa sedere nei posti centrali sempre fila 40 –bene, da qui potrò dormire e osservarlo mentre sono sveglia-
Mentre i motori si preparano a partire rinuncio alla mia preghiera rituale del decollo e nella mente mi si affastellano un mare di domande e immagini, oceani di ipotesi e suggestioni fantastiche colorate dal ciano e dal giallo intenso, dal magenta e dal bianco e interrotte da un - ma tu chi sei- quasi in controtempo ai nostri sguardi che adesso s’incrociano di continuo.
Primo giro delle hostess e il mio Guru cortesemente rifiuta il solito succo colorato d’arancione ed ecco che finalmente scorgo le sue mani tenute fin qui per lo più occultate nelle maniche del maglione: eccole lì lunghe e affusolate, le unghie pulite.
Sorrido ancora e lui ancora mi risponde.
L’iride è di un azzurro quasi trasparente. E’ sicuro, l’uomo non beve e comunque è sano, almeno a giudicare dall’aspetto generale del suo organo visivo, almeno per quanto mi è dato di sapere.
E comunque non importa, adesso non riesco nemmeno a dargli un’età e nonostante Michael Douglas faccia del suo meglio, nel piccolo schermo non riesco a non vedere, con la coda dell’occhio, il mio profilo rivolto ancora e di continuo verso il sedile 40 J.
Al decollo l’ho visto ridere di cuore, in silenzio e per pochi istanti, lo sguardo al di là di tutto e, un gentile –No thanks- dopo l’altro rivolti al personale di bordo, arriviamo a metà del volo che l’uomo non ha bevuto nemmeno un goccio d’acqua, non ha mangiato un chicco di riso e non si è mai alzato dalla sua poltrona.
La rinuncia e la privazione sono l’eccezione, la bulimia e l'opulenza la regola.
Le hostess sono in agitazione, mi chiedono di parlare con lui e io ci provo ma l’uomo, interrogato gentilmente, non fa che sorridere e ripetermi –no thanks-
Uno Yogi in aeroplano? Un principe che rinuncia ai suoi beni per cercare per il mondo quattro verità sicuramente nobili? Un Lord che ha perduto la memoria e che finalmente ritrovato viene spedito nel suo castello con un foglio di via? O forse un assassino pentito che va a consegnarsi alla giustizia dell’uomo non trovando alcun conforto in quella di Dio?
A tre quarti del viaggio non si fa che parlare di lui sottovoce e con la massima ammirazione, anche alcuni passeggeri mi chiedono timidamente notizie quasi io fossi il suo editor o agente letterario o addirittura il suo autore e potessi cambiarne la storia o il carattere, omologandolo a noi comuni mortali, affaccendati con le confezioni in plastica di quel cibo puzzolente e con i telecomandi delle scomode poltrone.
E l’uomo china leggermente la testa e dorme, ma solo io potrò vederlo, leggermente voltato verso il finestrino, asciugare discretamente con le dita lacrime spesse e silenziose: forse è uno come me che ha solo sbagliato, uno che cerca un senso più reale, che vuole vivere giorno per giorno perché sa che la morte ci coglie sempre di sorpresa e talvolta anche sul più bello.
Al termine del viaggio lo seguo ancora, al controllo passaporti aspetto che lo lascino passare, sono pronta a difenderlo e a intervenire qualunque cosa accada.
-Voglio vedere che bagaglio hai, chi ti aspetta e dove vai-
Arrivato silenzioso un carico di giapponesi in mascherina e pieni di bagagli a mano lo perdo, inforco gli occhiali e lo cerco disperatamente fin nel bagno “uomini”: il mio Guru è sparito nel nulla, il mio viandante magico è stato ingoiato in un solo istante dalla folla mangiato, come spesso accade, dalle gente.
E' sparito, so di certo che non l'ho sognato.
Sono riuscita ad attraversare i monsoni lasciando che il mio respiro rimanesse calmo confondendomi nel suo sguardo azzurro umano più del solito.
Umanità e basta e forse, a volte, e per fortuna sempre più spesso, un non so che di fratellanza che mi tiene in vita facendomi sentire meno sola, così disperatamente incapace di smettere di pensare e porre sempre tutto in discussione.

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