Pubblicato da fabrizio centofanti su aprile 27, 2012
da qui
Solo adesso ti decidi a guardare quello che c’è intorno: una specie di salotto in legno, con sedie-poltrone aerodinamiche su cui potresti addormentarti. I tavolini ellittici contengono tutto l’essenziale: birra, pistacchi, noccioline salate e patatine, un bicchiere d’argento coi tovaglioli di carta e un posacenere.
- Si può fumare?
- No.
Perché è così scorbutico? Qualcosa sarà andato storto? Starà inseguendo pure lui una donna che non vuole dirgli il nome? Eppure ti aggrappi a lui come all’ultima chance di trovare una soluzione alla tua vita, ai tuoi viaggi interrotti. Potrai mai diventare un uomo libero? Hai cominciato ad annotare i sogni, quando ti svegli la mattina. Nell’ultimo ti trovavi in un palazzo antico, con reperti archeologici di inestimabile valore. C’era qualcuno che ti guardava con disprezzo, perché la tua casa era stata preferita alla sua dimora principesca per non sai che cosa. Che vorrà dire? Devi accontentarti di quello che la vita ti riserva? O è la prova che quello che invidiamo vale meno di ciò che abbiamo e siamo?
- Avevo visto il posacenere.
- Starà qui per bellezza.
Come puoi convincerlo ad ascoltare la tua storia? Cerca di capire che cosa potrebbe interessarlo. E’ uno scrittore: ci vuole uno spunto, un’idea da trasformare in un romanzo. Come continuava il sogno? Davi un passaggio in macchina a un malato, un amico caro, che ti ringraziava.
- Secondo lei è normale iniziare a leggere un libro e non riuscire mai a finirlo?
E’ il bar ideale per uno scrittore. Assomiglia alla cabina di una nave: oltre la finestra con le tende mezze chiuse c’è il mare della vita, le onde montano con la schiuma salata dei ricordi.
- Come ha detto che si chiama?
- Romolo.
- Io mi chiamo Amerigo.
Ce l’hai fatta? Magari l’ha colpito l’incubo dei segnalibri. C’è un paio di corna d’alce, attaccato alla parete: che sia il locale dove dicono che Hemingway si fermasse a bere?
- La prego, mi aiuti: ho bisogno di sapere perché quando comincio a leggere sono sempre costretto a rinunciare.
Te lo immagini con la barba bianca, le rughe sulle fronte e l’eterno timore di essere pedinato dagli agenti. Ti chiedi perché uno scrittore si suicidi, cosa lo spinga a interrompere una volta per tutte le sue storie.
- Riferisca dall’inizio, lentamente: devo avere il tempo di appuntare.
Cos’è che può spezzare tanto, nella vita, da spezzare anche lei, con una corda al collo o un colpo di fucile?
- Sì, ricordo una bambina: correva sulla bicicletta e le gridavo di dirmi come si chiamasse.
Forse hai trovato chi ti dà il passaggio; o lo dai tu, e vedrai che alla fine ti ringrazia, come l’amico caro del sogno.