Magazine Diario personale

5 anni con Alfa!

Da Romina @CodicediHodgkin

Il 23 ottobre 2007, meno di un mese prima che andassi a vivere per conto mio, rischiava di passare alla storia solo per la più feroce, epocale e violenta lite con i miei genitori.

Il periodo era molto teso e si era seduti su una polveriera. Era fondamentale per il bene di tutti che io me ne andassi di casa al più presto. Io, tendenzialmente di indole remissiva, mi ero impuntata su alcune questioni e non intendevo fare marcia indietro come ci si aspettava da me. Fatto sta che, quella sera, decisi di non cenare a casa. I miei genitori si aspettavano che rimanessi per cena ma la mia risposta fu “no, stasera ho già un impegno”.

Falso. Falsissimo. Non avevo impegni. Solo che ormai lo avevo detto. Così, iniziai a chiamare tutte le mie amiche per sapere se qualcuna era disponibile per una cena fuori. Una aveva l’anniversario e usciva con il fidanzato, l’altra aveva un esame il giorno dopo e non poteva uscire, un’altra era fuori città, i miei colleghi non potevano e così via fino a finire la rubrica. Eccheccacchio, ma proprio stasera avete tutti da fare?! Non è nemmeno il fine settimana!

In realtà, però, la rubrica non era finita. Mi rimanevano da chiamare il prete (nonna pretendeva che tenessi il numero in memoria “per le emergenze”) e quel tipo che avevo conosciuto il 10 agosto in occasione di una cena con alcuni amici e che da allora non aveva smesso un attimo di tampinarmi con telefonate, messaggi (ma chi gli aveva dato il mio numero?!) e inviti a cena. Uno cui avevo calato una serie di due di picche, per intenderci.

Potevo chiedere a lui. “Ma anche no”, mi son detta. Quello come minimo ci prova e a me non solo non è particolarmente simpatico (non capisco quando scherza e quando è serio) ma nemmeno va di fargli pensare chissà cosa solo perché mi serve una scusa per uscire di casa.

Mia madre tornò all’attacco. Aveva voglia di litigare. Decisi che quella sera non potevo stare in casa ma che nemmeno potevo invitare a cena il prete. Chiamo il tizio, sotto sotto sperando avesse impegni anche lui. No. Libero. Esco col tizio.

Andiamo a mangiare una pizza e il proprietario del locale, una volta appurato che – ASSOLUTAMENTE NO – non stavamo insieme, ci dice “Mh. Per ora no, forse. Io ve lo dico: il tavolo 13 non perdona. Ci si fidanzano tutti”.

E così, ogni 23 ottobre da 5 anni a questa parte io e Maschio Alfa andiamo a cena in quella stessa pizzeria, in quello stesso tavolo.

Il tavolo 13, quello accanto al bagno.

 


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