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50 domande a Cesare Benedetti

Creato il 04 novembre 2015 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Ventotto anni, trentino di Rovereto con il cuore in Polonia e ciclista professionista dal 2009. Leone secondo lo zodiaco e pure secondo la bicicletta visto che con le sue fughe di fine stagione e un Lombardia da maestro è riuscito a riaprire un contratto e convincere la sua squadra di sempre a fargli correre un’altra stagione con loro. Lui dice di essere cresciuto grazie ai consigli del guru del ciclismo Dario Broccardo, ripetuti come un mantra e che la più grande lezione imparata  da questo sport è che nessuno ti regala mai niente.
Questo è Cesare Benedetti, in cinquanta domande.


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1) Finalmente le vacanze. Dove?
Vacanze a casa, però in Polonia a casa di mia moglie. E’ ormai qualche anno che trascorro le vacanze così, in più passiamo qualche giorno a camminare sui monti Tatry o nelle località termali che ci sono nei dintorni di Zakopane, oppure entrambe le opzioni. Vado un po’ in controtendenza: niente vacanza esotica, ma quando è autunno mi piace godere di un clima autunnale e fresco. Poi paesaggisticamente è forse la stagione più bella.

2) Quando hai saputo con certezza che saresti rimasto alla Bora anche nel 2016?
L’ho saputo due giorni dopo l’ultima corsa della stagione, la Paris – Tours. Quindi il 13 ottobre.

3) Cosa hai pensato?
Che almeno per un altro anno non dovrò cercare un altro mestiere. Ero contento di potere andare avanti anche perché gli ultimi mesi della stagione sono andati bene e mi sarebbe dispiaciuto smettere così. Contento perché in quel momento non c’era niente altro di concreto e nessuna prospettiva sembrava potesse portare a concludere qualcosa di buono. Alla fine sarà la mia settima stagione nella stessa squadra, per cui penso che questo qualcosa significhi, sia per loro che per me. Si sa quello che si lascia ma non si sa quello che si troverà per cui mi rallegro di andare avanti così.

4) A chi l’hai detto per primo/a?
A mia moglie perché quando ho ricevuto la telefonata del team manager lei stava pedalando con me.

5) Ti hanno fatto soffrire fino alla fine. Cosa hanno significato le ultime corse della stagione?
Beh a dire la verità non è proprio così. Il 20 di agosto loro sono stati chiari e mi hanno detto senza tanti giri di parole che ero fuori dalla squadra. Per cui non è che mi abbiano tenuto in sospeso fino all’ultimo. Ci hanno ripensato dopo le ultime corse della stagione e anche alla luce del fatto che non avevo ancora un’altra sistemazione.
Le ultime corse, soprattutto quelle più adatte, avevano tutte la stessa massima importanza e le ho affrontate pensando di fare qualcosa per me questa volta, che mi permettesse di continuare a fare questo lavoro.

6) Si può dire che ci si sente in un limbo in certe situazioni? Se sì come l’hai affrontato?
Penso di si. Quando non si sa che fine si farà in futuro è spesso difficile concentrarsi sul presente, almeno per me. La prima settimana dopo la brutta notizia ero abbastanza spaesato e deluso anche perché, guardandomi intorno alla ricerca di un’altra squadra, avevo già cominciato a ricevere le prime risposte negative. Poi fortunatamente sono partito per il Tour of Alberta, in Canada, e mi sono un po’ risollevato perché quando le cose vanno male, lo stare a casa me le rende ancora peggio. Se devo essere sincero, mi era passato per la testa anche di andare a fare il turista in Canada, poi per fortuna ho pensato che, con la possibilità che la carriera potesse finire da lì a poco, valeva la pena godersi a pieno le corse rimaste e soprattutto correre divertendosi, quindi facendo fatica ma facendola fare anche agli altri.

7) Ti sei sentito più forte in Trentino con la maglia da leader o durante le azioni in cui volevi dimostrare a tutti di che pasta sei fatto?
Raramente mi sento forte, ma al Lombardia, dopo tutto il giorno in fuga, quando sul Civiglio ero ancora abbastanza avanti e avevo con me o dietro di me gente che avrebbe dovuto fare la corsa, allora mi sono sentito abbastanza forte. Quindi la risposta è durante le azioni nel finale di stagione.

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8) Un voto alla tua stagione?
Se penso al Benedetti a sé stante che corre anche per se stesso, voto 7. Voto che deriva da vari “non pervenuto” fino ad agosto e da un 9 di settembre e ottobre. Se invece penso al Benedetti che ha sempre fatto il suo lavoro e quello che gli dicevano di fare, allora 8,5 per tutta la stagione.

9) Sei cambiato da qui a gennaio? In cosa?
Spero tanto di essere cambiato e spero di averne la conferma il prossimo anno. Ho capito che devo fare affidamento solo su me stesso e che quello che per me è vita, sport e famiglia, per altri vuol dire solo business. Sono diventato più freddo e più cattivo, agonisticamente parlando ma non solo.

10) Nel ciclismo serve più la pazienza o la cattiveria?
Entrambe nella quantità giusta e al momento giusto. Un po’ come quando si prepara un grande appuntamento: ci vuole la pazienza di lavorare sullo stato di forma e di soffrire per raggiungere l’obbiettivo, poi però quando è il momento bisogna tirare fuori la cattiveria e dare tutto.

11) Il tuo ultimo Lombardia in tre parole?
Come mi serviva.

12) Quando hai cominciato ad andare in bici?
Ho cominciato un po’ tardi, nell’estate del 1999, 12 anni ancora da compiere.

13) Quando hai capito che quella era la tua strada?
Purtroppo o per fortuna faccio parte di quella categoria di persone che 9 volte su 10 ragiona con il pensiero “O tutto, o niente”. Ho cominciato perché ero venuto a contatto con i corridori della massima categoria e volevo diventare come loro. Quasi sempre quando facevo qualcosa la facevo col pensiero del massimo obiettivo; ho giocato a calcio con l’obiettivo di diventare un calciatore, ho suonato il basso elettrico con l’obiettivo di diventare un bassista professionista. Evidentemente la bici è stato l’obiettivo che mi ha coinvolto di più. Comunque se devo pensare ad un momento in particolare in cui ho capito e voluto prendere quella strada allora è stato probabilmente da juniores con Dario Broccardo alla guida. In quei due anni ho seguito alla lettera, fino a bruciarmi il cervello quasi, tutti i suoi discorsi teorici e pratici e penso che questo periodo mi abbia portato ad una mentalità professionale e ad un certo modo di lavorare con cui continuo ancora adesso a distanza, ahimè, di più di 11 anni.

14) Sei stato estremamente felice? Per cosa?
Sono uno abbastanza controllato nelle emozioni, soprattutto per quelle positive. Il mio cervello tende a memorizzare solo i momenti più tristi. Però visto che la storia è ancora fresca, ultimamente sono stato felice di fermarmi in ufficio in Baviera a firmare il contratto per il 2016 e poi proseguire per la Polonia per trovare e giocare coi miei nipoti.

15) Ed estremamente disorientato? Per cosa?
Anno 2010, primo da prof, abitavo in Belgio e dire estremamente disorientato forse non basta. Zero punti di riferimento in ogni campo: sia sul lato umano che dal punto di vista degli allenamenti visto che salite lunghe non ce ne erano. Ho perso in poche settimane tutti i principi alimentari che avevo e ho preso tanto brutto tempo. Se butto uno sguardo al passato mi chiedo perché abbia continuato ad andare in bici.

16) Quante biciclette hai avuto nella tua vita?
Diciassette delle quali solo tre sono state mie, le altre sono sempre state in dotazione dalla squadra.

17) Su quale hai il più bel ricordo?
Non sono in grado di rispondere. Tanti ricordi e tante emozioni che col tempo si sono perse. Quando provi a metterne qualcuno al primo posto, ne salta sempre fuori un altro che lo scalza dal podio.

18) Chi sono i tuoi eroi di bambino?
Quando ero piccolino e ancora non gareggiavo conoscevo solo Fondriest e Chiappucci. Mi ricordo che ogni volta che vedevo una corsa mi domandavo come facessero quelli della Carrera a correre con le bermuda di jeans (ride). Poi quando ho cominciato a correre erano i tempi di Cipollini, Pantani, Ulrich e compagnia bella ma penso di non avere mai avuto un eroe fisso. E’ un po’ la teoria del ciclismo, si fa il tifo per tutti. Anche perché poi crescendo e passando professionista ti rendi conto che quelli che credevi dei miti non sono altro che delle persone normali o magari alle volte resti anche deluso.

19) Con cosa giocavi?
Duplo, Lego, Playmobil, ma soprattutto agli indiani, ai cavalieri eccetera. E a pallone. Sono cresciuto in un paese, potevo stare all’aperto tutto il giorno.

20) Qual è la cosa più poetica del ciclismo?
Tutti lavorano per lo stesso obiettivo ma alla fine solo uno lo raggiunge. Se però gli altri hanno lavorato come si deve e hanno dato tutto, alla fine sono comunque in pace con sè stessi.

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21) Qual è la prima regola che un ciclista deve ricordare?
Rispetto per tutti, paura di nessuno.

22) Chi è il tuo migliore amico in gruppo?
Purtroppo non ne ho uno. Non c’è nessun corridore che sento anche al di fuori delle corse. Ultimamente la persona che sento più vicina nell’ambito lavorativo è il mio massaggiatore Łukasz.

23) Hai mai litigato con qualcuno in corsa?
Si. Capita di litigare soprattutto con qualcuno che si muove male in gruppo e che rischia di fare cadere qualcun altro e a volte capita di litigare tra compagni di squadra per decisioni prese in corsa.

24) Hai un rito particolare prima di un appuntamento importante?
Nessuno.

25) I tuoi fans ti sostengono moltissimo. Che rapporto hai con loro?
Sono soprattutto la mia famiglia, poi tanti trentini e diversi polacchi che mi hanno adottato. Ad ogni corsa, in qualsiasi nazione, trovo sempre qualcuno con cui fare due chiacchiere. Mi fa piacere che queste persone ci siano e abbiano sempre una parola per me. Anche se non sono un corridore che può offrire dei risultati concreti, spero che apprezzino comunque il mio modo di affrontare la gara.

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26) Cosa fai quando non sei in sella alla bicicletta?
Mi stufo (ride). Se sono a casa vado a fare la spesa, do una mano a mia moglie se c’è qualcosa da fare, faccio qualche visita parenti e vado a trovare le mie montagne.

27) A cosa non potresti rinunciare?
Alla vista delle montagne, se non tutti i giorni, almeno di tanto in tanto.

28) Meglio buon vino o buona tavola?
Buona tavola. Purtroppo da questo punto di vista sono un trentino anomalo, non mi piace l’alcool. Prediligo quindi la forchetta: specialità trentine e polacche, anche se mangiate in una variante adatta alla vita di un atleta.

29) Il posto più bello che hai visto durante una trasferta?
Tanti, troppi posti belli. Le Rocky Mountains sono un ambiente in cui mi sono sentito molto a mio agio.

30) Una cosa che rifaresti anche a distanza di anni?
Tutto quello che ho fatto. La mia vita ora è così com’è proprio per quello.

31) Una cosa di cui ti sei pentito?
Di avere saltato tutte le gite scolastiche alle scuole superiori per non perdere nemmeno un giorno di allenamento. Probabilmente in quel periodo avrei potuto anche prenderla un po’ più tranquillamente.

32) Il sacrificio più grande che hai fatto?
Nessuno. Quando si ha la fortuna di fare quello che si desidera, non esistono sacrifici.

33) Il consiglio più utile che hai ricevuto?
Pedalare fino ad un metro dopo la linea” che vale in maniera pratica in corsa ma anche teorica nel senso di non mollare mai.

34) La cosa più bella che ti ha insegnato il ciclismo?
Nessuno ti regala niente.

35) Hai un motto?
Non proprio ma ne ho trovato uno bello recentemente nell’Abbazia di Melk, in Austria. Apparteneva all’Imperatore Carlo VI d’Asburgo: “Constantia et fortitudine”.

36) Tutto quello che abbiamo seminato torna indietro, nel male e nel bene. Ci credi?
Si, perché nel male prima o poi ti ricorderai di quella lezione e ti verrà utile magari a distanza di anni.

37) Che cosa ti rasserena?
Essere da solo in montagna.

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38) Cosa ti fa arrabbiare?
La piega che ha preso il mondo, ma ci sono dentro anche io.

39) Di che cosa ha bisogno il ciclismo oggi?
Di non dimenticare che ha una lunga storia che va rispettata.

40) Chi è il miglior ciclista di sempre?
Non lo so.

41) Perché?
Ogni periodo ha avuto il suo.

42) La tua corsa del cuore?
Il Giro del Trentino anche se è un’arma con la doppia lama, si dice così, giusto? E’ bello perché passi per posti dove conosci tantissima gente ma allo stesso tempo senti la responsabilità di non deluderli troppo.

43) Le fughe sono per i folli o per i sognatori?
Per i sognatori folli che non hanno niente da perdere.

44) Il ciclismo è rimasto il posto che ti eri sempre immaginato o ti ha deluso?
Da ragazzino vedi il professionismo come qualcosa di superlativo, una specie di paradiso. Poi quando lo raggiungi, si presenta invece come la continuazione del tuo percorso e del paradiso ha davvero poco. Come la vita e come gli altri ambienti lavorativi vale il detto latino “mors tua vita mea”.

45) Chi ti è stato più vicino durante la tua carriera?
I miei genitori mi sono stati vicini sempre, senza mettermi pressioni. Negli ultimi otto anni anche mia moglie: non so come faccia ancora a sopportarmi!

46) La prima cosa che diresti a un ragazzino che sogna di fare il ciclista?
Di divertirsi fino alla categoria degli Juniores e di provare anche altri sport nel frattempo perché fa bene al fisico. Poi di fare le cose con tranquillità, pazienza e costanza ma allo stesso tempo di non buttare via il tempo e le occasioni.

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47) Che futuro immagini?
Per il ciclismo, se continua così, abbastanza nero. Per me spero migliore (sorride).

48) Un buon proposito per il 2016?
Continuare con la stessa determinazione con cui ho concluso il 2015.

49) Cos’è la fiducia?
Poter vivere in tranquillità.

50) La prossima sfida?
Smaltire un po’ di grasso accumulato in questo periodo di ferie e prepararsi bene per la stagione che verrà.


Grazie a Cesare Benedetti per il tempo e per la gentilezza. 



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