500 euro al mese e non ammalarti: il grande inganno degli stage | #iosonopovero

Creato il 28 febbraio 2014 da Cassintegrati @cassintegrati

Dopo gli operai, gli imprenditori falliti, i call center, #iosonopovero si occupa nuovamente di precari. Valentina ha 25 anni, un sogno nel cassetto, e lavora per studiare. Ma l’azienda in cui ha fatto lo stage non ha mantenuto la promessa di un contratto full time (che le avrebbe garantito, pensate un po’, 500 euro al mese). 

Sono nata e cresciuta ad Alghero, sul mare sardo, e questo mi ha dato per diversi anni la possibilità di mettere qualche soldo da parte durante le stagioni estive, lavorando come cameriera. Con l’intenzione – una volta terminati gli studi – di raggiungere il mio ragazzo che studia a Roma, e proseguire gli studi nella capitale.

A settembre 2012 sono partita, speranzosa e piena di voglia di fare, ma la realtà si è dimostrata molto più complicata di quanto mi aspettassi. Noi sardi troppo spesso lasciamo la nostra isola con la speranza di un’opportunità che, purtroppo, non arriva.

A gennaio 2013 sono stata presa da un’azienda per uno stage post laurea. Un part time con rimborso spese di 500 euro, e con questi soldi sono riuscita a tirare avanti fino a luglio, alla fine del corso di studi. 

Il 2013 non è stato un anno facile, ho avuto molti problemi di salute, sono stata ricoverata diverse volte e mi sono dovuta assentare dall’ufficio. La mia esperienza romana sarebbe potuta terminare lì, a fine luglio, quando sono rientrata in Sardegna per le vacanze (obbligate, perché ero in scadenza di contratto stage).

Lascio l’ufficio con la promessa di un contratto full time dal primo settembre. A fine agosto rientro a Roma, ma l’azienda con varie scuse rimanda di settimana in settimana l’appuntamento, finché finalmente riusciamo a parlare.

Mi propongono un contratto full time per il quale avrei percepito quasi lo stesso stipendio del precedente part time. C’era poco da discutere: avevo bisogno di quel lavoro. Ero pronta a rinunciare al mio sogno, a fare la fotografa, per poter campare. Ma non basta. Il giorno dopo ricevo una telefonata dall’ufficio, che si è svolta più o meno in questa maniera:

“Valentina? Ciao, senti, ti chiamo perché – cioè ti avrei dovuto chiamare ieri, ma poi non mi sembrava il caso di farti tornare indietro subito – perché è una cosa che è successa subito, eh! Ti spiego, appena sei andata via è entrato il capo e mi ha detto che abbiamo perso delle commesse, quindi mi ha bloccato delle entrate, tra cui la tua”.

“E quindi?”

Eh, quindi ci aggiorniamo appena ho novità. Ok Valentina? Un bacione, ciao ciao ciao”. Non ci sono mai state novità, ovviamente.

Sono tornata a Roma senza un soldo, avendo perso la stagione estiva fidandomi della promessa di un contratto, senza un lavoro e con un affitto da pagare. Ora, nove mesi dopo ancora invio curriculum – non so quante centinaia ne ho inviati finora – in cerca di un lavoro.

Anche a te hanno promesso un contratto di lavoro (mai arrivato)? SCRIVICI

di Valentina

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