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60 anni Rai, Zavoli: "Nascita televisione importante per giornalismo" (Italpress)

Creato il 03 gennaio 2014 da Nicoladki @NicolaRaiano
“La nascita della televisione fu importante per il giornalismo perché andava a colmare un vuoto nel mondo occidentale. Rappresentava qualcosa che prima non c’era nella società ed era un collante senza il quale il Paese rimaneva privo di un’opinione, di un giudizio sulle sorti della propria vita quotidiana e non solo. L’avvento della televisione fu una sorta di sentimento nazionale, di responsabilità collettiva, di consapevolezza civile”. Così Sergio Zavoli, ospite a “Prima di tutto”, il programma di Antonio Preziosi su Radio1.
“La dimostrazione di questo – ha aggiunto – è che la televisione nacque in un humus a quei tempi democristiano e tutto questo obbediva alla geografia, all’antropologia del nostro Paese, in rapporto alle condizioni socio-politiche del momento. Però si avverti subito che quella condizione non poteva essere quella della Rai, la quale aveva il dovere di rappresentare tutte le forze del Paese, anche e soprattutto quelle che portavano avanti discorsi nuovi, la presa di coscienza che il Paese aveva bisogno di riconoscersi in qualcosa di comune”.
Per Zavoli “l’inchiesta giornalistica in tv nacque quando capimmo che dovevamo prendere parte a qualcosa che era nell’aria. Bernabei fu un direttore generale diverso, nuovo per quei tempi, che comprese come la Rai dovesse divenire uno strumento equo, che si facesse carico dei problemi del Paese non per fare pedagogia, né per indulgere su questo o quell’aspetto ma, al contrario, per creare le condizioni in cui un Paese riconoscesse la propria identità”.
“Ricordo – ha detto ancora Zavoli – che quando il centrismo, che fu una formula politica anche necessaria, dava segni di una certa stanchezza, perché le masse popolari esigevano la partecipazione al governo democratico del Paese, e si ipotizzò la nascita di un centrosinistra che facesse fare al Paese un salto in avanti, Bernabei capì che dovevamo seguire questa strada, e noi giornalisti fummo in qualche modo all’avanguardia in questo. Bernabei ci tolse da una doverosità in certi casi umiliante, quella cioè di dover cercare ‘giudizio nei palazzi’, tanto per usare una metafora pasoliniana”.

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