La crescita è stata una delle peggiori tra i paesi latino americani raggiungendo un tasso medio del 2,1% all’anno per il Pil. Solo 0,5% in più a livello pro capite. Ma i veri perdenti sono i lavoratori che hanno sperimentato una costante erosione del potere d’acquisto dei loro stipendi nonostante il controllo dell’inflazione e dei conti pubblici mantenuto negli ultimi 15 anni, vale a dire dopo la famosa crisi del 1994 e 95 conosciuta per l’effetto tequila e la svalutazione del peso. Il salario minimo legale dei messicani (che sono 112 milioni secondo il censimento 2010) è inferiore agli 80 euro al mese e avrebbe perso in un ventennio un terzo del suo valore reale colpendo specialmente i lavoratori dipendenti e l’esercito dei precari a partita Iva. Con la crescita stagnante e altri “problemi collaterali” come la violenza in ascesa (quasi 40mila morti per la guerra al narcotraffico in meno di 5 anni del governo di Felipe Calderòn) non c’è capacità né tempo per poter accogliere il milione di messicani che provano a incorporarsi al mercato del lavoro ogni anno. Quindi la migrazione resta l’ultima chance per tanti di loro: sono quasi 12 milioni nei soli Stati Uniti e ormai non si tratta più solamente di braccianti e operai non qualificati e sotto pagati ma anche di lavoratori specializzati con studi medi, superiori e universitari. Lo spreco del vantaggio demografico rappresentato da milioni di giovani in Messico è evidente e drammatico e potrebbe diventare un’altra delle tante opportunità perdute dell’economia e della società di questo paese nella sua storia. Ciononostante i ministri delle finanze e dell’economia, Ernesto Cordero e Bruno Ferrari, rassicurano e parlano solo di “percezioni negative” relative all’economia e sminuiscono ogni allarme. Come dire che la crisi ce la sogniamo o che ne siamo già usciti. Anch’io sono un ottimista ma se la realtà è palesemente un’altra, provo a prenderne atto. Lo sappiamo, il loro compito istituzionale è quello di rassicurare i mercati ma ingannare questi e la gente per troppo tempo non è facile né consigliabile. Quasi non si parla, invece, dell’indotto generato dal narcotraffico negli ultimi anni: sarebbe arrivato creare indirettamente ben 600mila posti di lavoro… Una situazione generale piuttosto difficile. Qualche somiglianza con l’Italia?
Magazine Società
600mila posti di lavoro creati dai narcos in Messico
Creato il 18 luglio 2011 da Vfabris @FabrizioLorussoLa crescita è stata una delle peggiori tra i paesi latino americani raggiungendo un tasso medio del 2,1% all’anno per il Pil. Solo 0,5% in più a livello pro capite. Ma i veri perdenti sono i lavoratori che hanno sperimentato una costante erosione del potere d’acquisto dei loro stipendi nonostante il controllo dell’inflazione e dei conti pubblici mantenuto negli ultimi 15 anni, vale a dire dopo la famosa crisi del 1994 e 95 conosciuta per l’effetto tequila e la svalutazione del peso. Il salario minimo legale dei messicani (che sono 112 milioni secondo il censimento 2010) è inferiore agli 80 euro al mese e avrebbe perso in un ventennio un terzo del suo valore reale colpendo specialmente i lavoratori dipendenti e l’esercito dei precari a partita Iva. Con la crescita stagnante e altri “problemi collaterali” come la violenza in ascesa (quasi 40mila morti per la guerra al narcotraffico in meno di 5 anni del governo di Felipe Calderòn) non c’è capacità né tempo per poter accogliere il milione di messicani che provano a incorporarsi al mercato del lavoro ogni anno. Quindi la migrazione resta l’ultima chance per tanti di loro: sono quasi 12 milioni nei soli Stati Uniti e ormai non si tratta più solamente di braccianti e operai non qualificati e sotto pagati ma anche di lavoratori specializzati con studi medi, superiori e universitari. Lo spreco del vantaggio demografico rappresentato da milioni di giovani in Messico è evidente e drammatico e potrebbe diventare un’altra delle tante opportunità perdute dell’economia e della società di questo paese nella sua storia. Ciononostante i ministri delle finanze e dell’economia, Ernesto Cordero e Bruno Ferrari, rassicurano e parlano solo di “percezioni negative” relative all’economia e sminuiscono ogni allarme. Come dire che la crisi ce la sogniamo o che ne siamo già usciti. Anch’io sono un ottimista ma se la realtà è palesemente un’altra, provo a prenderne atto. Lo sappiamo, il loro compito istituzionale è quello di rassicurare i mercati ma ingannare questi e la gente per troppo tempo non è facile né consigliabile. Quasi non si parla, invece, dell’indotto generato dal narcotraffico negli ultimi anni: sarebbe arrivato creare indirettamente ben 600mila posti di lavoro… Una situazione generale piuttosto difficile. Qualche somiglianza con l’Italia?
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