Passeggiavo sulla spiaggia l’altro giorno, quando improvvisamente notai un barattolo di latta. Lo aprii; conteneva questo messaggio:
Sono vittima di un naufragio,
mi trovo su una scialuppa da solo con una tigre,
per favore mandate aiuto
Come ben sapete tutti, qui a Brobdingag ogni naufrago è il benvenuto, vi presento l’ultimo arrivato: è un ragazzo indiano, si chiama Pi.
“Salve a tutti”
Ho gustato questo film e ho fatto mia la sfida lanciata all’inizio, giunto al termine mi sono trovato a dover rispondere a degli interrogativi ovvi, e sono giunto a delle conclusioni. Non ho voluto leggere nessuna recensione, non prima di scrivere qui la mia interpretazione. Se avete visto il film e avete trovato la vostra, vi invito a continuare la lettura dell’articolo e a farmi sapere se siete d’accordo con me, altrimenti correte a recuperarlo e non tornate da queste parti finché non lo avrete visto!
Direi di cominciare con la questione delle due storie e centrare subito il punto cardine:
Quale delle due preferisci?
Questa domanda porta nella condizione di soddisfare la proposta iniziale di una storia che farà credere in Dio l’ascoltatore. Quando si ascolta qualcosa del genere difficilmente non si può restare colpiti, in fondo c’è un film che si propone di affrontare un tema a cui pochi di noi sappiamo rispondere, e tutto sommato quelle due ore in cui ci accompagnerà la storia non sembrano più una perdita di tempo!
La questione getta una grossa rete e riesce a portare dalla sua tutte le grandi religioni con le prime scene in cui Pi ne resta affascinato. Subito lo scettico potrebbe sorridere beffardo per la consapevolezza di aver individuato la prima mossa con cui il narratore cerca di prendere dalla sua lo spettatore verso quello che sarà uno dei soliti film che vogliono indottrinare, ma lo stesso scettico poi si trova poco dopo su una barca con degli animali e smette di avere questo atteggiamento distaccato, si immedesima nel film e finisce anche col dimenticare la proposta iniziale (ed è in questo momento la rete della storia ha catturato tutti).
Dopo le tante disavventure vissute dal ragazzo si giunge al termine della vicenda, qui la rete viene strattonata, e negli ultimi minuti viene proposta una seconda storia, una storia molto più credibile di quella alla quale si era assistito.
E subito dopo la domanda:
Allora, quale storia preferisce?
Rispondendo dentro di noi nello stesso modo dello scrittore siamo stravolti dalla rivelazione:
è così anche per Dio.
Ammetto che ci sono rimasto un po’ nel sentire queste parole, è da queste che ho elaborato la mia interpretazione:
la seconda storia è quella che è avvenuta sensibilmente mentre la prima ne è l’allegoria. In questo senso ogni cosa che avviene durante il film può essere vista sotto un altro aspetto: l’uomo che deve confrontarsi con la belva nascosta dentro sé e con questa deve conviverci. Le scene si susseguono nella mia mente e ognuna rivela un significato nuovo.
Non essendo in grado di parlare di tutti elenco quelli che ho trovato più significativi:
Pi fa due ringraziamenti: al padre per il suo discorso sulla ragione, ragione e tecnica che lo supporta nella sopravvivenza; alla tigre che lo mantiene vigile e non lo fa arrendere.
Durante il naufragio Pi affronta i propri sensi di colpa nell’aver ucciso un uomo, combatte con se stesso e cerca di ammaestrare la bestia che è emersa quando uccide il cuoco.
In questo senso la scena dell’isola ancora una volta diventa una metafora: non a caso Pi vi sbarca quando riesce a tenere a bada la belva.
L’isola è il suo corpo, è chiaro quando la si vede interamente, ma è chiaro anche quando si assiste agli strani fenomeni che su di essa avvengono.
La quantità di messaggi che lancia l’isola sono tantissimi, probabilmente molti di più di quelli che sono riuscito a cogliere. Ciò che però emerge dal discorso è che l’isola-corpo è corrosiva, la consapevolezza di ciò porta Pi a scappare.
E Pi scappa, ma non prima di aver portato con sé la tigre. Questo può essere visto probabilmente come l’accettazione di se stesso.
Giunto sulla terra ferma Pi rientra in contatto con gli altri uomini, la tigre si allontana, sparisce senza voltarsi. Anche questo è molto significativo: la condivisione forzata dello stesso habitat (la barca) era cessata, e la belva va via senza più tornare, senza neanche voltarsi. Pi è riuscito a perdonarsi.
Lo scrittore al quale viene posta la domanda rispondendo che preferisce la storia della tigre perdona a sua volta Pi.
E’ per questo che questa versione coincide con quella di Dio.
Le due storie sono quella dell’anima e quella del corpo, scegliendo la prima ci si allontana dalla visione terrena delle cose e ci si avvicina a quella spirituale.
Questo è il grande messaggio che propone il film: bisogna imparare a guardare le cose con altri occhi per avvicinarsi a Dio.
E voi cosa ne pensate?