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7 Domande a… italocalvino.it

Creato il 13 novembre 2011 da Stroszek85 @stroszek85

7 Domande a… italocalvino.itUn ringraziamento a Antonio (webmaster di italocalvino.it, nonchè appassionato lettore di Italo Calvino)…


  1. Italo Calvino è certamente uno degli scrittori italiani più amati dell’ultimo secolo; in che modo ti spieghi questa sua popolarità e questo suo essere in mezzo alla gente?

Non sono certo che la premessa di questa domanda possa considerarsi valida senza una opportuna collocazione temporale.

Se è vero che Calvino ha conosciuto negli ultimi anni numerosi riconoscimenti e un successo considerevole, è pur vero che in passato tutto ciò non è avvenuto con lo stesso trasporto, né con la stessa continuità.

Paul Braffort nel suo Italo Calvino o il guerriero rigoroso ricorda, riferendosi all’esperienza di Calvino nei panni di “corrispondente straniero” dell’Oulipo, come «La critica italiana si mostrò dura abbastanza a lungo per questa sua appartenenza e preferì ignorare i frutti oulipiani del suo esilio.»

Calvino è stato poi, negli anni novanta, uno scrittore per certi versi nascosto. La consistenza e il colore della letteratura negli anni immediatamente precedenti pose in qualche modo l’accento sulla affilata freddezza (per il vero solo apparente) della parola di Calvino, trascurando una profondità di pensiero ed una concezione della letteratura che ancora oggi è punto di riferimento per scrittori italiani e stranieri.

Sono questi, però, argomenti eccessivamente legati all’ambito critico. Preferisco dare una risposta più personale sulla popolarità maggiormente viva e vera di Italo Calvino: quella alimentata dal semplice lettore quale sono anch’io.

Sono sufficienti due parole per descrivere le radici di questa affinità: semplicità e molteplicità.

«Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.

[…] magari fosse possibile un’opera concepita al di fuori del self, un’opera che ci permettesse d’uscire dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola, l’uccello che si posa sulla grondaia, l’albero in primavera e l’albero in autunno, la pietra, il cemento, la plastica…

Non era forse questo il punto d’arrivo cui tendeva Ovidio nel raccontare la continuità delle forme, il punto d’arrivo cui tendeva Lucrezio nell’identificarsi con la natura comune a tutte le cose?» Tratto da Lezioni Americane.

È questa visione centrifuga a coinvolgere ognuno di noi, identificandoci come parte di una natura comune; è questa di Calvino una combinatorietà che lontano dai formalismi della critica si inchioda alle cose, intentando una mappatura dell’universo da cui niente e nessuno è escluso.

È l’innamoramento dell’esistente a cui nessun lettore attento può sottrarsi.

  1. Tu personalmente, quando hai conosciuto la sua scrittura? Ricordi il momento in cui è “scattata la scintilla”?

Per compensare la lunghezza della precedente risposta sarò breve: Marcovaldo, pagina 16; Il piccione comunale.

  1. Quali sono gli elementi che hanno fatto nascere questa tua passione per lo scrittore? Credi il fatto sia legato alla tua formazione scientifica da ingegnere?

La mia esperienza accademica, se pure non ancora terminata, non ha mai avuto un ruolo determinante in quelli che negli anni sono poi diventati i miei interessi principali.

L’incontro con il Calvino scrittore è poi antecedente alla scelta di intraprendere gli studi di ingegneria e sento quindi di poter escludere con certezza legami di questo tipo.

La capacità di stupire con la semplicità: è questo che prima di qualunque altra cosa mi ha avvicinato alla scrittura di Calvino. È forse facile farsi avvolgere nella lettura di un libro che racconti le gesta di cavalieri lanciati nell’eterna guerra fra il bene e il male.

È altrettanto facile essere stupiti dalla descrizione di un prato o dell’ipnotico lampeggiare di un’insegna luminosa? Penso di no. Eppure questo è Calvino. Un discreto narratore della normalità che stupisce.

  1. Una domanda un po’ più specifica: se tu dovessi osservare le “Città invisibili” da un’ottica molto ingegneristica, quali sono gli elementi che ritieni necessario sottolineare?

Ancora una volta non mi è facile calarmi in questa ottica ingegneristica che, se esiste, probabilmente non mi appartiene. Proverei però a sostituire ‘ingegneristica’ con ‘scientifica’: da questo punto di vista intravedo concetti quali l’entropia (Leonia), il peso, la simmetria (Valdrada).

Più di tutti, però, è il concetto del limite ad essere analizzato in termini qualitativi e quantitativi: il limite superato, il limite insuperabile o ancora il limite inteso come costrizione e condizione di precarietà che è però anche unica certezza:

«Ora dirò come è fatta Ottavia, città–ragnatela. C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese: la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle. […] Questa è la base della città: una rete che serve da passaggio e da sostegno. […] Sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge.»

  1. Hai un libro preferito al quale sei maggiormente legato? Per quali motivazioni?

Oltre all’innegabile legame affettivo con Marcovaldo per le tematiche sociali e la vicinanza umana che il personaggio suscita, Le città invisibili è certamente il libro che ho ripreso in mano più volte. Ad ogni rilettura mi regala dettagli, spunti, riflessioni che non avrei creduto possibili nelle letture precedenti. Si direbbe che queste città abbiano qualcosa da raccontarmi ogni volta che le vado a visitare. Gli abitanti sembrano brulicare ogni volta che lo sfogliare delle pagine dà loro nuova luce.

  1. Al contrario della domanda precedente; c’è un’opera di Italo Calvino che invece ti ha lasciato del tutto o in parte insoddisfatto? Per quali motivi?

Di Calvino non amo particolarmente la produzione saggistica, ma sono portato a credere che si tratti di un mio limite culturale a precludermi un apprezzamento di queste particolari opere.

  1. Esiste qualche altro autore contemporaneo o meno per te interessante che ritieni in certa misura accostabile alla figura o all’opera di Italo Calvino? Perché?

Sì, è Borges.

L’aspetto combinatorio della loro letteratura e la lucida e visionaria descrizione di un universo interconnesso, complesso eppure ordinato.

Marco Polo, malinconico e acuto viaggiatore de Le città invisibili, ha certamente un animo affine a quello dal misterioso visitatore della Biblioteca di Babele:

«La Biblioteca è illimitata e periodica. Se un eterno viaggiatore la traversasse in una direzione qualsiasi, constaterebbe alla fine dei secoli che gli stessi volumi si ripetono nello stesso disordine (che, ripetuto, sarebbe un ordine: l’Ordine). Questa elegante speranza rallegra la mia solitudine.»


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