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“Lezioni di poesia” (04) Come nasce una poesia?

Da Stroszek85 @stroszek85

“Lezioni di poesia” (04) Come nasce una poesia?Il metodo peggiore per far nascere una poesia (mi sono accorto della cosa per esperienza personale) è quello di sedersi di fronte al computer e cercare di buttare giù qualcosa senza che vi siano gli stimoli necessari. Per stimoli intendo una predisposizione d’animo particolare che ha già metabolizzato e fatto suo il concetto che noi vorremmo esprimere nella poesia. Questo approccio è troppo legato a una condizione di assenza di libertà ed è pressoché certo che tale condizione genererà qualcosa di inautentico, dove lo spirito poetico, in questo caso privo di ispirazione, finirà per asservirsi a quello che di precostituito c’è in poesia, ai soliti cliché e alle solite movenze che invece dovrebbero essere state eliminate da tutto ciò che determina il nostro approccio al problema. Questo perché tali questioni rimangono, in assenza di ispirazione, l’unico appiglio al quale ci si può ancorare per cercare di scrivere qualcosa.

Stabilito questo devo ora fare riferimento a Calvino e alle “Lezioni americane”; nella parte sull’Esattezza, in chiusura, egli racconta la storiella del “disegnatore di granchi” che per dieci anni, senza prendere in mano una matita mediterà, infine, con gesto fulmineo, allo scadere di questi dieci anni, traccerà il granchio più esatto e perfetto che sia mai stato disegnato sulla faccia della terra. Ma ora è bene precisare due concetti riguardanti questa citazione, che possono essere introdotti da tre domande alle quali risponderò il più brevemente possibile.

 1)   Cosa ha fatto il disegnatore durante quei dieci anni?

In quei dieci anni il disegnatore ha impiegato il tempo in due modi; da un lato ha meditato e ha fatto sua l’idea dell’opera che gli era stata commissionata, dall’altro ha aspettato il momento decisivo per esplicitare questa sua meditazione. Per “fatto sua” intendo la metabolizzazione del concetto che coincide con il convincersi dell’impossibilità di vivere senza arrivare un giorno, in qualche maniera, a presentare al mondo questa sua meditazione. Una volta convintosi di questa impellente necessità ha aspettato il momento perfetto; come un leone che fra le sterpaglie riarse della savana attende il momento giusto per balzare alla gola della gazzella migliore.

 2)   Quali sono gli elementi necessari per compiere il passo decisivo in avanti? Come ha fatto il disegnatore a individuare il momento perfetto per esternare e tradurre in opera tutte le sue lunghe meditazioni?

Trovare una risposta a questa domanda non è per niente semplice, personalmente non credo possa essere qualcosa che è sempre uguale per tutto (qualsiasi tematica si voglia trattare) e tutti; questa è una di quelle cose che dipendono esclusivamente dall’indole del poeta e dalla sua unicità. Bisognerebbe sviluppare una sensibilità capace di cogliere l’attimo giusto e il momento migliore per la “messa in opera” che magari non abbia nulla a che fare con il nostro pensiero razionale ma che derivi per prima cosa dall’istinto e dall’aspetto animalesco che giace in noi…

Sempre su “Lezioni americane”, nella parte a proposito della Visibilità, Calvino si sofferma lungamente a discutere e prendere in esame le varie teorie sulle movenze dell’immaginazione, partendo dal presupposto che tutto nasce a seguito di uno dei due possibili processi: “dalla parola alla figura”, “dalla figura alla parola”. Dico questo per introdurre la seconda parte di questo articolo; se la prima trattava del “come”, questa tratterà del “cosa”. Anche in questo caso non è certo possibile dare delle indicazioni o dei suggerimenti che siano validi per tutti, l’unica mia possibilità è quindi quella di fare appello alla mia esperienza personale. In ogni caso credo sia molto più semplice avere un punto fisso attorno al quale ruoterà poi tutta la struttura. Questo punto fisso deve essere una figura chiara e concreta, una “metafora madre” dalla quale discenderà tutto il resto. Chiara perché dovrà essere sempre presente nel vostro cervello, concreta perché non dovrà essere astratta, cioè una cosa che molto facilmente potete avere sotto gli occhi; un gatto che attraversa la strada, un aereo che sorvola il mare, una patata che viene piantata, o qualsiasi altra cosa possa venirvi in mente.

Questa metafora potrà nascere nei due modi che diceva Calvino; potrà essere una figura priva di parole (sempre che questo sia possibile) che da un po’ di tempo vi frulla nel cervello, oppure potrà essere una frase, un paio di parole che vi sembrano significative, nonostante in questa fase non possiate ancora sapere per quale motivo lo siano. Ed eccoci arrivati al punto: il momento in cui dovrete correre a scrivere (senza perdere neppure un secondo) è proprio quello in cui capirete perché questa figura o quella frase sono significative, il momento in cui realizzerete che in fondo in fondo è da quel dì che state riflettendo su quel concetto, su quel problema, su quel dilemma filosofico (?) e non riuscite a spiegarvi perché solo ora vi venga da collegare quella figura (metafora madre) a questo concetto!

Bisogna dire che a volta la poesia si manifesta anche attraverso il percorso contrario: avete un problema, una riflessione in testa (molto razionale, molto logica, sempre più logica ogni giorno che passa) e pensate di volerne fare una poesia, ma non sapete da dove partire (vi manca la metafora). Non abbiate fretta (che altrimenti si verificherebbe la situazione della quale si diceva in apertura di articolo), non sforzatevi (non è questo il momento di sforzarsi), abbiate pazienza e soprattutto abbiate fiducia (fiducia nell’inesauribile fonte che dovrebbe essere la vostra immaginazione).


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