7MML coinvolge professionisti dell'immagine e della comunicazione in un viaggio ispirato dal cuore e guidato dal desiderio di conoscere altre realtà, finalizzato all'aiuto umanitario, alla valorizzazione etica ed estetica del viaggiare consapevole, alla sensibilizzazione ecologica nei confronti dell'ambiente.
Le tappe precedenti:
Ora la nuova squadra di avventurieri ha preso in carico i veicoli e l'attrezzature ed è pronta per la traversata dalla Bolivia fino in Argentina. Le offerte raccolte da questa tappa verranno destinate all'organizzazione non governativa di cooperazione internazionale Coopi, che realizza progetti di sostegno a distanza in otto Paesi (Perù, Haiti, Senegal, Sierra Leone, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia e Uganda), assicurando cibo, istruzione, salute e protezione a oltre 2700 bambini. In Perù, inoltre, collabora con cinque centri per offrire assistenza a bambini e bambine in stato di abbandono o la cui famiglia non può garantire le cure necessarie. Alcuni di questi bambini vivono in situazioni di rischio (lavoro minorile, vita di strada, violenza). Altre hanno subito abusi o hanno contratto il virus dell'HIV.
Acquista miglia e partecipa anche tu all'impegno di 7MML! Dal diario di Gabriele Colleoni I granchi di Constitucion Quasi nascosto per pudore tra le pieghe del superbo litorale di Constitucion, Puerto Magullines porta ancora sulla sua pelle i segni del terremoto e del maremoto che quattro anni fa hanno colpito la zona. Ma il piccolo borgo di pescatori è animato da un piccolo andirivieni domenicale di turisti locali, tra le improvvisate bancarelle che vendono pesce e frutti di mare, appena portati a riva dalle barche... Il chiassoso gruppo, sbarcato da due vistose auto straniere, suscita curiosità mentre si aggira armato di macchine fotografiche nel mercatino, scattando a raffica e facendo mille domande. Almeno fino a quando raggiunge due bacinelle colme di enormi granchi oceanici le cui chele formano un inquietante groviglio... Jaibas li chiamano qui, quelli più piccoli; jaibas marmoradas quelli più grossi e, poverini, più mostruosi con il loro guscio "di marmo". In genere, quando cadono nelle reti del nemico umano, diventano il saporito ripieno di qualche tortino. Ma qui finiscono, senza tanti scrupoli, direttamente dentro i pentoloni sempre bollenti delle bancherelle, pronti a diventare sul posto il fiero pasto degli avventori. Di tanto prodigio dell'oceano alla fine resta solo un cumulo di gusci rossastri. Cabo Raso? La fine del mondo... Cabo Raso sta all'oceano come la Terra sta allo spazio cosmico. Un puntino disperso nel non-nulla dell'infinito. Ma c'è vita in quest'angolo della Patagonia atlantica, trascurato persino dai pinguini di Magellano che gli preferiscono i vicini (si fa per dire) Cabo Dos Bahias e il più famoso Cabo Tombo. A far di Cabo Raso un "segnale" che si alza forte nella selvatica solitudine del litorale del Chubut, è Eduardo che con la sua compagna Eliane, ha fatto una scommessa con se stesso: ripopolare di tavolate, sorrisi, giochi, conversazioni e convivialità - insomma di gente, anche se solo di passaggio - questo luogo. Fino a qualche decennio fa, Cabo Raso era un punto di raccolta della lana sulla Ruta 1, la strada nazionale che da Buenos Aires portava al Sud lungo la costa. Poteva contare sui benefici di un proprio porto naturale, aveva la Dogana, il commissariato e anche un hotel. La costruzione della più diretta e scorrevole Ruta 3 tra la capitale e la Terra del Fuoco nei primi anni Cinquanta, nel giro di qualche lustro ridusse Cabo Raso ad una cittadina fantasma. Qui sei anni fa, quando è partito il progetto El Cabo di Eduardo, restavano solo i ruderi disabitati di qualche casa, un bunker missilistico abbandonato dopo la disastrosa guerra delle isole Malvine e un'altalena di fronte all'Atlantico... Oggi, racconta Eduardo mentre ci prepara degli hamburger di carne di guanaco e verdure, lui ed Eliane hanno ricostruito alcune casette con le loro mani, ricavandone un'abitazione per la famiglia, un salone dove accogliere chi passa (ci sono anche una piccola biblioteca e qualche oggetto di artigianato locale per chi volesse acquistare un souvenir) e poi cinque stanze da affittare a chi è intenzionato a fermare l'orologio della propria vita per qualche giorno nella wilderness patagonica... Ha lasciato l'altalena, ma il bunker è stato trasformato in dormitorio, e questo è il destino che attende anche un vecchio bus, uno de primi pullman a far servizio di linea nella provincia del Chubut. Eduardo l'ha trovato in disarmo in un deposito di Trelew, la sua città, e se l'è portato qui: entro l'inizio della stagione estiva dopo Natale avrà dieci cuccette e un piccolo disimpegno con qualche poltroncina dove ci si potrà intrattenere. Riciclando riciclando può succedere un miracolo... Eduardo deve tener duro: il demanio gli ha dato un permesso temporaneo per il suo progetto, in attesa della concessione, a patto che risieda stabilmente sul posto. Estate e... inverno. E non è facile. "Non sono pentito di aver lasciato Trelew, mi piace godermi questa solitudine, il mio vento patagonico, il turchese di questo oceano... Adesso comincia ad arrivare gente, abbiamo anche fino a 40 ospiti in certi giorni: viaggiatori, surfisti, globetrotter... E ogni anno a febbraio facciamo una festa preparando una grigliata alla cilena: la spiaggia si riempie di colori e di almeno 150 persone che passano insieme la giornata." Leggi la puntata precedente: fede, strada e oceano in Argentina