7MML coinvolge professionisti dell’immagine e della comunicazione in un viaggio ispirato dal cuore e guidato dal desiderio di conoscere altre realtà, finalizzato all’aiuto umanitario, alla valorizzazione etica ed estetica del viaggiare consapevole, alla sensibilizzazione ecologica nei confronti dell’ambiente.
La prima fase del viaggio ha visto i partecipanti arrivare dall’Italia al Kazakistan. Il 15 luglio inizierà il percorso che li porterà fino in Cina, e poi ci saranno le tratte Canada-Panama, Colombia-Bolivia, Bolivia-Argentina, Sudafrica-Etiopia, Etiopia-Italia, per giungere finalmente a Milano il Primo Maggio 2015 in concomitanza con l’apertura dell’EXPO 2015.
Dal diario di Eleonora Miserendino
30 giugno
Mentre ci avviciniamo al confine turkmeno tra aride catene montuose, un pensiero va alle donne iraniane dallo sguardo forzatamente orgoglioso macchiato di consapevolezza e invidia. Assaggiare anche solo un briciolo di costrizione rende l’allontanamento da questo luogo un sollievo.
L’entrata in Turkmenistan ci richiederà tutto il pomeriggio. Al primo stop sistemiamo i documenti dell’auto, percorriamo poche centinaia di metri e ci fanno cenno di parcheggiare vicino una piccola scaletta di marmo bianco. In cima, un piccolo ufficio buio con soli due uomini. Uno di essi apre un libro enorme foderato in pelle con il registro del passaggio di tutte le auto. L’ufficiale scrive in farsi i dati di Luca e Dario e quelli delle auto, stacca il cedolino iraniano del carnet e ci lascia andare. È la volta del controllo dei passaporti. A piedi ci dirigiamo verso un edificio indipendente dai vetri a specchio. Entrando lo spettacolo dei colori è scioccante per gli occhi ormai abituati ai colori austeri e scuri dell’Iran. Una ventina di donne turkmene dagli abiti lunghi coloratissimi e turbanti in testa attendono sedute in una sala stretta, ai loro piedi giacciono grandi sacchi di tela ricolmi di merce,anch’essi colorati. Siamo in Turkmenistan! Anche i tratti somatici sono cambiati: i visi tondi dalle guance rosse, gli occhi a mandorla e i corpi alti e sottili delle giovani insieme a quelli massicci delle donne più mature.
1 luglio
Passiamo la giornata insieme a Rustam che ci viene a prendere al mattino con un furgoncino bianco traballante proprio come una scolaresca. La guida ha preparato per noi il tour dei terribili palazzi bianchi della città: il ministero dell’istruzione a forma di libro aperto, il ministero degli affari regionali con un mappamondo montato all’apice, un ascensore gigante a forma di missile in mezzo a un enorme parco deserto per ricordare la denuclearizzazione del Turkmenistan e via dicendo. Di palazzo bianco in palazzo bianco la tensione comincia a crescere nel furgoncino: non abbiamo le nostre auto, ci è vietato fare foto, siamo sballottati da una costruzione improbabile all’altra senza la possibilità di decidere la meta e, in giro, non c’è nessuno a parte una quantità ingiustificata di guardiani. Ma dove sono i turkmeni? Cosa fanno durante il giorno e dove abitano? Dove si incontrano?
3 luglio
Impieghiamo l’intera giornata per percorrere 300 chilometri sulle strade sconnesse da Darvaza a Nukus. Siamo in Uzbekistan! Abbiamo passato la frontiera senza difficoltà anche se la burocrazia ha richiesto molto tempo e pazienza. La polizia è cortese e gli occhi cominciano ad assumere una chiara forma a mandorla. La prima tappa Uzbeka é Nukus dove sostiamo solo per la notte: siamo, infatti, in direzione di Khiva.
4 luglio
Khiva è una piccola cittadina la cui parte storica è ancora racchiusa da alte mura di fango. La fortezza, situata su una diramazione laterale della via della seta, viene ricordata per il mercato degli schiavi. Sostiamo in una casa ostello fuori dalle mura dotato di una terrazza ventilata dove passiamo le ore più calde del pomeriggio lavorando. Alle luci calde del tramonto visitiamo la città vecchia. La fama turistica della città, nonostante la bassa stagione, si intuisce dall’atteggiamento delle persone che, immerse nella vita quotidiana, si lasciano fotografare volentieri e con naturalezza. I commercianti parlano inglese e i bambini, anche piccolissimi, salutano tutti dicendo “bye bye”.
5 luglio
Partiamo in direzione di Samarcanda lungo la Strada Dorata. Impiegheremo 15 ore per percorrere poco più di 700 chilometri. L’unica strada che collega Khiva a Samarcanda passando per Bukara crea un susseguirsi di immagini tutte uguali entrando e uscendo dai villaggi agricoli lungo il cammino. In ordine, zone desertiche dal colore giallo chiaro, resti di antiche costruzioni dismesse, caravan serragli abbandonati, poco verde di campi coltivati, cumuli di angurie disposte su bancali ai lati delle strade, folle di persone che chiedono un passaggio invadendo le corsie, ciclisti spericolati che schivano le buche del terreno con biciclette sgangherate, poi, ancora angurie, campi coltivati e giallo. Soltanto il colore della luce del sole segna il passare delle ore. Ci fermiamo in un baracchino con delle cavallette impiccate sul soffitto per mangiare qualcosa. I bagni sono delle costruzioni di lamiera a tre pareti in mezzo alla sabbia con un buco nel mezzo.
È ormai notte quando giungiamo a Samarcanda dopo essere stati multati dai poliziotti per eccesso di velocità. La città, al di là della cupola del Registan, visibile praticamente da subito, sembra nascondere i segni di un glorioso passato da “metropoli” della Via della Seta. Strade ben asfaltate ed illuminate, ordine, grandi cartelloni pubblicitari palazzi ristrutturati. Cerchiamo un ostello aperto e rimandiamo le congetture alla luce del sole del giorno successivo.
8 Luglio
Partiamo alle quattro del mattino per l’ultima frontiera: quella del Kazakistan, ultimo stato della nostra tratta, siamo ormai al termine del nostro viaggio. Dario, Laura e Sara stanno malissimo tutta la notte ma non possiamo fermarci: oggi scade il visto uzbeko, che a differenza di tutti gli altri è di soli otto giorni.
Samarcanda alle luci dell’alba è viva, i lavoratori affollano i bordi delle vie aspettando i mini bus per i campi appena fuori dalla città. Usciamo velocemente e precorriamo la strada, questa volta in condizioni migliori, verso Tashkent. Alla frontiera il controllo kazako ci appare più antipatico e lungo di tutti gli altri. Forse siamo stanchi di burocrazia (questa ormai è la quinta frontiera in tre settimane), forse c’è troppo caldo (42 gradi), forse abbiamo dormito poco (tre, quattro ore). Il tempo di attesa in dogana è odioso, interminabile sotto il sole cocente. I nostri compagni continuano a stare male e riprendiamo il viaggio con la sola idea di andare in hotel a riposare. La strada per Shimkent è ancora lunga.
Leggi la puntata precedente: in viaggio per le strade dell’Iran.